Il romanzo che recensiamo oggi al Thriller Café lo abbiamo atteso per due lunghi anni. Parliamo del thriller storico “1795” dello svedese Niklas Natt Och Dag, che conclude la “Trilogia di Stoccolma”, iniziata con i volumi “1793” e “1794”. Il primo volume, edito nel 2019, ha segnato l’esordio letterario di questo autore, classe 1979, discendente di una nobile famiglia svedese decaduta, che da alcuni, qui in Italia, è stato addirittura paragonato ad Umberto Eco.
Ci dispiace dirvelo, ma non potete leggere “1795” come un volume indipendente. La vicenda che racchiude, infatti, è piuttosto intricata ed è strettamente connessa con gli sviluppi dei primi due libri. Se questo autore vi incuriosisce (e vi assicuro che c’è più di una buona ragione per essere curiosi), vi conviene decisamente partire da 1793.
Anche se avete letto già letto i due volumi, potreste ritrovarvi un po’ disorientati nel riprendere la narrazione, visto che è passato del tempo. Niente paura: qui trovate i nostri riassunti delle puntate precedenti, 1793 e 1794, come sempre spoiler free in modo da mantenere intatto il piacere della lettura.
Per contro, raccontare la trama di 1795 senza fare riferimento agli episodi precedenti è davvero arduo, ma ci proveremo, focalizzandoci sui personaggi anziché sugli eventi. In primo piano c’è lui: Mickel Cardell. La guerra navale tra Svezia e Russia gli è costata l’avambraccio sinistro. Al suo posto, porta un arto di legno che all’occorrenza gli serve anche da arma. Mickel è sopravvissuto per miracolo all’incendio che conclude il volume precedente, riportando atroci ustioni su tutto il corpo. È un (anti) eroe ferito e violento, che mi ha sempre ricordato il “Marv” di Sin City, il geniale fumetto di Frank Miller. Ex- sbirro, gravato dai rimorsi, si è trasformato in una specie di giustiziere, che corregge i torti di notte, quasi sempre con le cattive maniere e con l’aiuto della sua protesi bruciacchiata. Al suo fianco troviamo Emil Winge, fratello di Cecil Winge con cui Cardell ha collaborato in passato. Emil ha da poco abbandonato la schiavitù dell’alcol, che lo aiutava a tenere a bada i fantasmi della sua mente. Oggi, gli stessi fantasmi gli parlano, e talvolta gli indicano la strada da seguire.
Cardell e Winge sono alla ricerca di Anna Stina, scomparsa insieme una lettera misteriosa, che contiene i nomi dei partecipanti a una cospirazione contro la Corona Svedese. La lettera vale oro, perché re Gustavo non vuole che nel suo regno scoppi un’altra rivoluzione francese. Anna è fuggita da un carcere femminile in cui imperversava un sadico aguzzino appassionato di frusta, e lui e Cardell avranno un incontro ravvicinato in una notte di luna piena.
Non può mancare il super cattivo: Tycho Ceton. Dopo le ultime peripezie, Ceton è in rovina. I suoi beni sono stati confiscati e una cicatrice gli sfregia il volto. È diabolico, ispirato al Marchese De Sade: per lui, in una specie di cortocircuito freudiano, morte e piacere coincidono. Alle sue spalle c’è la società degli Eumenidi, un gruppo di libertini disposti a tutto (ma proprio a tutto) pur di inseguire il piacere e fuggire il tedio borghese. I confratelli guardano Ceton ormai con disprezzo, ma decidono di offrirgli un’ultima possibilità: riuscirà a sorprenderli ancora? Nel frattempo, lo sbirro e l’investigatore sono sulle sue tracce: chi avrà la meglio?
E infine, il personaggio più importante, che trabocca da ogni pagina: la Stoccolma di fine XVIII secolo. Un po’ inferno dantesco, un po’ Londra dickensiana, la capitale svedese di Niklas Natt Och Dag è il teatro di esistenze solitarie, povere, odiose, brutali e brevi. Il riferimento al filoso inglese Thomas Hobbes non è casuale: in questo straordinario affresco storico, davvero ogni uomo e donna sono un lupo per il loro prossimo, eppure la prosa straordinaria di questo scrittore riesce a infondere un raggio di poesia anche negli angoli più sordidi e freddi.
Nel complesso, 1795 è davvero un grande thriller storico, anche se non esente da difetti. I principali, a mio giudizio, sono due. Da un lato abbiamo una trama davvero troppo intricata e ardua da seguire. Se non ci fossero i personaggi principali, caratterizzati in modo da brillare come fari nella nebbia, verrebbe quasi voglia di gettare la spugna. E poi la gestione del ritmo narrativo, che potrebbe essere più stringente.
Al netto delle sue carenze, comunque, la Trilogia di Stoccolma mi ha conquistato, perché ha davvero un respiro letterario e “classico”. Tra le sue pagine, camuffate nel thriller, troviamo pagine straordinarie che fanno l’occhialino a Dostoevskij ed esplorano in profondità i sotterranei dell’animo umano.
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