Dal 22 novembre al 21 dicembre 2021 è andata in onda, su Rai 1, la prima stagione di Blanca, la serie tv con protagonista Blanca Ferrando (Maria Chiara Giannetta), una giovane stagista non vedente esperta in Decodage che vive e lavora a Genova. Della fiction molte cose non mi sono piaciute, ma sapendo che era liberamente (molto liberamente, avrei poi scoperto) tratta dai romanzi di Patrizia Rinaldi, ho deciso di approfondire, tanto più che – essendo personalmente coinvolta (sono non vedente anch’io) – mi andava di leggere uno o più gialli a tema “cecità”… così, tanto per farmi un’idea. Ebbene, la mia curiosità è stata ricompensata, i gialli mi hanno conquistata sin da subito, tanto che ho letto l’intera serie (cinque libri al momento), in meno di due mesi. Oggi vi parlerò del primo, Blanca, pubblicato da E/O nel 2013.
La protagonista è Blanca Occhiuzzi, una soprintendente di polizia ipovedente di oltre quarant’anni, dalla bellezza “appena consumata”, che vive e lavora a Napoli, precisamente nel commissariato di Pozzuoli. Blanca Occhiuzzi è una poliziotta esperta, specializzata nelle intercettazioni; è stimata e rispettata e sa ben farsi rispettare; è una donna forte, indipendente, schiva, ma sensibile ed empatica. Detesta essere identificata con il suo handicap e, anzi, ha imparato come mutarlo in risorsa: il fatto di non essere distratta dalla vista unito alla sua sensibilità così particolare le consente di interpretare il contesto e il non detto. Sa come sentire le inflessioni della voce, i cambi di tono, i tentennamenti; ha affinato al massimo l’uso degli altri sensi mediante la pratica e l’allenamento continuo.
Quando, dopo un periodo all’estero, Blanca arriva al commissariato di Pozzuoli, il commissario Martuscello e l’ispettore Liguori stanno cercando di venire a capo di una serie di casi difficili…
Si dice che, prima di morire, ad alcuni capiti di vedersi scorrere davanti, come in un film, i ricordi di una vita. Probabilmente per Margherita, la biondina forestiera arrivata a Napoli da un luogo lontano, è stato proprio così: mentre sembra quasi presentire ciò che sarà, la sua mente elabora fotogrammi di vita fatti di scelte sbagliate, di una maturità arrivata troppo presto e di lei, Ninì, quella figlia dalla bellezza profumata di glicine, quella figlia che le vuole bene quanto il mare e anche di più. Da qui, dal dolore inguaribile di questa donna e dalla sua casa tra i vicoli della città vecchia, parte la prima vicenda che vede coinvolta Blanca Occhiuzzi. Un legame inaspettato ma fortissimo si creerà tra la poliziotta e Ninì, proprio quella ragazzina spaventata ma coraggiosa che deve ancora diventare figlia ed è già mezza donna. Blanca, dunque, viene accolta in un commissariato già rodato e popolato da uomini con personalità diverse e tutte, ciascuna a suo modo, peculiari: dall’umiltà schiva ed empatica di Martuscello alla boria di facciata di Liguori all’umanità semplice di Giuseppe Carità… ma avrete modo – e piacere – di scoprirle una ad una leggendo il giallo. Tutto questo, poi, non su uno sfondo qualunque: Napoli, i suoi umori, la sua gente, le sue mille anime sono parte sostanziale e caratteristica insostituibile in questa serie, come lo è, d’altronde, il linguaggio così particolare con cui è scritta. Patrizia Rinaldi ci strega con artifizi letterari che, se all’inizio possono sembrare barocchi e rendono ostica la lettura, dopo poche pagine diventano uno degli elementi chiave che la distinguono dalla massa e le danno tutto un altro ritmo. Blanca, poi, merita alcune considerazioni a parte: il rischio di farla apparire una Wonder Woman o, al contrario, di suscitare pietismi inutili e dannosi era altissimo, ma la Rinaldi è stata magistrale anche in questo. Basti pensare che non la ritroviamo subito: per incontrarla per la prima volta dobbiamo leggere un terzo, se non metà libro: è lei che arriva in un contesto nuovo e, come accade anche nella vita reale, non s’impone, ma studia il luogo, prende le misure e se le lascia prendere dalle persone con cui dovrà collaborare. Si inserisce nel proprio contesto lavorativo in modo armonico e credibilissimo, senza strafalcioni o iperboli che la renderebbero troppo simile ad una certa rappresentazione indigesta e abusata della cecità. È forse proprio per questo suo essere così rispettoso della realtà e di conseguenza onesto con i lettori, che questo libro mi è piaciuto così tanto e mi ha invogliato a proseguire con gli altri della serie. Non mi resta che sperare che avvenga lo stesso anche per voi.
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