Oggi al Thriller Café, serviremo solo caffè ristretti, come da tradizione croata, in onore dello scrittore Jurica Pavičić, la nuova voce nel panorama europeo del poliziesco, insignito del Gran Prix de la Littérature policière per il romanzo Acqua Rossa, edito da Keller. Pronti a tornare nella ex Jugoslavia del 1989 per unirvi alle ricerche per la scomparsa di una ragazza diciottenne?

“Quattro silhoutte, quattro corpi piegati sul tavolo che succhiano i pesci e sputano le spine. Tale è il ricordo di Vesna di quella serata. Fino a oggi.

Perché oggi sa quello che all’epoca non sapeva.

Sa che quella fu la loro ultima cena insieme.” (pag. 13)

Il 23 settembre 1989 Silva Vela esce di casa al tramonto per recarsi alla festa di pescatori del suo paesino croato a picco sul mare. Dal giorno successivo parte la frenetica ricerca della ragazza da parte del padre Jacov, del fratello gemello Mate e dell’ispettore Gorki Săin. Nulla viene tralasciato dalla Polizia, che utilizza anche sommozzatori e battelli per dragare il braccio di mare dove il paesino si affaccia. Gli alibi di tutti vengono messi sotto la lente d’ingrandimento, specialmente quello del fidanzatino Brane Rokov, che sostiene di aver passato la notte sul pullman di ritorno da Fiume, e del ragazzo con cui aveva fatto l’amore quell’ultima notte, Adrijan Lekaj, l’ultimo, di fatto, ad averla vista viva. Nonostante gli sforzi profusi da Săin e le incessanti ricerche del fratello e del padre, di Silva non c’è alcuna traccia. Purtroppo, però, l’investigazione viene travolta dal dissolvimento dell’ex Jugoslavia e dalla feroce guerra nei Balcani e, giocoforza, subisce un rallentamento.

Tre cose però restano immutabili nel lunghissimo periodo storico abbracciato dalla vicenda: il ritratto di Silva (con il quale il padre e il fratello hanno tappezzato nel frattempo mezza Europa), la sua cameretta (che la madre Vesna conserva pulita in maniera maniacale in attesa del ritorno della figlia) e la tenacia di Gorki Săin.

Ma cosa è successo davvero a Silva Vela? È partita volontariamente, come una testimone oculare dichiarerà sei mesi dopo la sua scomparsa, è tenuta segregata, come teme la madre, o è morta in circostanze da chiarire?

La verità sarà accertata in maniera del tutto fortuita solo nel 2016, anno in cui Gorki Săin toccherà con mano che tutto può cambiare meno che la natura umana.

La ragazza si avvicinò e a voce bassa disse:

“Non le ho voluto dire niente davanti a lei, ma la cosa era invitabile.”

“Che cosa?”

“Quello che è successo a Silva. Nessuno qui le dirà la verità. E la verità è che se lo è meritato.”

Jakov la guardò sbalordito.

“Che cosa… si è meritata?”

“Tutto quanto. Qualsiasi cosa sia successa, se l’è meritata.” (pag. 47)

La sparizione da casa di un’adolescente nel 1989 da un paesino della costa di Spalato è solo l’espediente utilizzato dallo scrittore croato Jurica Pavičić per raccontarci di come si esca trasfigurati da esperienze traumatiche che cambiano la vita all’interno di una famiglia, di una comunità e di un’intera nazione. Il dramma è amplificato quando tutto accade allo stesso tempo, mettendo in discussione qualsiasi certezza acquisita.

Gorki Sain

La figura dell’ispettore Săin è lo specchio della parabola dell’ex Jugoslavia. Da nipote dell’eroe Săin che aveva combattuto a fianco di Tito durante la Seconda Guerra Mondiale ad agente immobiliare per una società irlandese che costruisce resort di lusso per stranieri su quelle coste magnifiche. Da essere rispettato e in piena ascesa di carriera, all’inizio della storia, a capro espiatorio di un’indagine dichiarata fallita dal nuovo investigatore Čović, espressione di una nuova nomenclatura che pone al vertice della contea quel Mario Cvitković che prima della guerra non era altri che uno spacciatore ben noto alla Polizia.

Ma la Storia, si sa, viene scritta dai vincitori, dunque Săin diventa un reietto perché improvvisamente nemico del nuovo ordine, mentre Cvitković è l’emblema della rampante ascesa di chi ha cavalcato l’onda di un potere imposto con la forza.

“Ma dovete sapere che all’epoca tutto fu fatto in maniera sciatta. Era una polizia comunista, la sua unica preoccupazione era spiare la gente” (319)

A muovere Săin verso la risoluzione dell’enigma, dunque, sarà la mano del Caso, intrisa però dalla volontà di rendere giustizia alla propria storia e dare un senso al grande dolore della famiglia Vela.

La famiglia Vela

Nel momento in cui un membro della famiglia scompare nel nulla, è umano che ognuno dei superstiti si rapporti a quella scomparsa secondo la propria sensibilità.

La madre sente maggiormente l’urgenza di trovare la figlia perché teme che possa essere tenuta prigioniera, dunque spinge il marito e il figlio ad esercitare pressioni sulla Polizia affinché non chiuda mai il caso.

Il padre si fa promotore, assieme al figlio, di iniziative gigantesche di volantinaggio, viaggiando per mezza Europa appena giunge una qualche segnalazione ritenuta attendibile, concludendo dopo più di un decennio che quella figlia di cui lui non aveva mai capito nulla, magari non voleva neanche più essere trovata.

Il fratello Mate è il più attivo di tutti, ma anche il più deluso e arrabbiato dal comportamento di Silva, che sembra aver custodito dei segreti impenetrabili anche alle sue antenne di gemello. A partire dalla sera della sparizione: perché aveva voluto andare senza di lui alla festa sul mare?

La cercherà ovunque, trasportando pesce fresco congelato verso la Slovenia e l’Italia, evitando i campi di battaglia, le sirene d’allarme e i checkpoint, battendo ogni punto di ristoro per camionisti, stazione di treni, hotel e trattorie di cacciatori.

La ricerca della sorella logorerà la vita di Mate al punto tale da riuscire a scardinarne anche il matrimonio con l’amatissima Doris, che al culmine della rabbia un giorno gli dirà: “Come se n’è andata, così tornerà, se lo vorrà. Telefonerà, manderà un segnale. Dovreste essere arrabbiato con lei – aveva aggiunto – Arrabbiati per avervi distrutto la vita” (pag. 138)

Quando l’assenza si protrae per decenni, infatti, il logoramento sfilaccia ogni rapporto, lasciando vuoto dove prima c’era una pienezza spontanea e inconsapevole bellezza.

La comunità

Le indagini mettono a soqquadro l’intero paesino, gettando ombre sulle varie famiglie via via indagate: la famiglia Vela stessa, per la presunta sconsiderata condotta di vita di Silva, audace adolescente dai flirt facili e amicizie poco raccomandabili. La famiglia Lekay, la cui panetteria rimarrà vuota a lungo quando verrà arrestato Adrijan con il sospetto di avere ucciso la ragazza con un utensile insanguinato, rinvenuto nel fienile di casa. La famiglia Rokov, il cui figlio Brane, il fidanzatino tradito, si arruolerà in Marina e finirà imbarcato sulle rotte di mezzo mondo, forse, si dice in giro, per scappare dalla giustizia.

Il chiacchiericcio e i sospetti avveleneranno il paese più della guerra stessa, dopo la quale la nuova amministrazione comunale si affretterà a sostituire la stele con i nomi degli eroi di Tito con quelli della nuova Croazia libera, sentenziando la verità più lapalissiana di tutti: bisogna che tutto cambi, affinché nulla muti.

La Nazione

L’atrocità della guerra solo sfiorata, anzi, narrata con grande poesia, come nel lungo passo in cui descrive gli istanti che precedono la morte di un soldato che aggancia con il suo stivale, il filo d’innesco di una mina. Eccone un piccolo stralcio:

“Guardò i muschi, i tronchi e le chiome umide degli alberi e un piccolo scorcio di cielo. Guardò un verde infinito.

Guardò il posto in cui sarebbe morto e non riusciva a capacitarsi del perché proprio lì, in quel punto.

Inspirò una, due volte. Alla fine, mosse il piede e attese.

L’attesa fu breve. Perché prestissimo seguirono un’esplosione e un caldo biancore.

Un biancore nel quale tutto svanì.” (pag. 128)

La scrittura di Jurica Pavičić si contraddistingue per levità e poesia tanto quanto per profondità psicologica e capacità di mantenere alta la suspanse.

Davvero una gran bella storia che vi resterà nella mente per parecchio dopo aver terminato il romanzo.

Who is who?

Jurica Pavičić è nato a Spalato nel 1965. È scrittore, sceneggiatore e giornalista.
Dal 1989 lavora come critico cinematografico per vari giornali. È autore di sette romanzi, due raccolte di racconti, saggi sul cinema, sulla Dalmazia e sul mondo mediterraneo. Le sue opere sono state tradotte in inglese, tedesco, italiano, russo, francese e bulgaro. Con Acqua rossa in Francia ha vinto il Grand prix de littérature policière come miglior romanzo straniero, il prix Le Point du polar européen e il prix Transfuge du meilleur polar étranger.

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Acqua rossa
  • Pavicic, Jurica (Autore)

Articolo protocollato da Monica Bartolini

Monica Bartolini (Roma 1964) si afferma nel mondo della scrittura gialla con i romanzi della serie del Maresciallo Nunzio Piscopo (Interno 8 e Le geometrie dell'animo omicida, quest'ultimo finalista al Premio Tedeschi nel 2011). Nel 2010 vince il Gran Giallo Città di Cattolica per il miglior racconto italiano in ambito mystery con il racconto Cumino assassino, compreso nell'antologia 10 Piccole indagini (Delos Digital, 2020). Autrice eclettica, per I Buoni Cugini Editori pubblica nel 2016 Persistenti tracce di antichi dolori, una raffinata raccolta di racconti gialli storici che ha per filo conduttore le vicende legate al ritrovamento di alcuni reperti storici, che ancora oggi fanno bella mostra di sé nelle teche dei musei di tutto il mondo, e nel 2019 la terza investigazione del suo Maresciallo dal titolo Per interposta persona. Collabora con i siti www.thrillercafe.it e www.wlibri.com per le recensioni ed è membro dell'Associazione Piccoli Maestri - Una scuola di lettura per ragazzi e ragazze che si occupa di leggere i classici nelle scuole italiane. Bibliografia completa in www.monicabartolini.it Contatti: [email protected]

Monica Bartolini ha scritto 99 articoli: