Alcazar, di Stefania Nardini, è un gran bel romanzo sospeso fra finzione e realtà.
Una realtà storica inusuale per un’opera narrativa italiana, ma così ben documentata da potersi considerare come un romanzo storico del tutto riuscito. È inusuale perché l’azione si svolge nel 1939, anno diciottesimo dell’era fascista, tra Roma, Napoli e Marsiglia e in particolare studia a fondo la città francese di quegli anni con tutte le sue profonde contraddizioni, in una bailamme storica scandita dagli avvenimenti che a breve precipiteranno nel buio della seconda guerra mondiale.
Leggere questo libro è stato per me un vero arricchimento culturale perché sconoscevo (come la maggior parte degli italiani) molti degli avvenimenti storico/politici della Francia del ’39, in particolare di Marsiglia, peraltro messi in rapporto con la situazione evolutiva italiana dell’epoca. La scrittrice, è stata molto brava nel narrare gli eventi con naturalezza, senza affannarsi in particolari spiegazioni, o in forbite ricostruzioni storiche, dando al lettore solo gli stimoli per poter arricchire il suo bagaglio culturale con delle ricerche da sviluppare a parte (e che sinceramente consiglio, per meglio gustarsi il romanzo e soprattutto, capire il gran lavoro di meticolosa ricostruzione storica svolto da Stefania Nardini). Grazie a Lei, oggi conosco l’OVRA con le sue nefandezze, Philippe Pétain e il governo di Vichy con il sogno di “deportare tutti gli ebrei dell’Europa occupata sull’isola del Madagascar, colonia francese, per farne una riserva giudea”, la resistenza dei marsigliesi all’occupazione nazista, e il clima di tensione fratricida che ha regnato in quel tempo.
Grazie a Stefania Nardini conosco, anche e soprattutto, Marsiglia come una “città italiana” popolata da esuli laziali, campani e piemontesi, fuggiti dalla patria fascista regolata da insulse leggi razziali, e dalla miseria più nera, posti innanzi al difficile obbligo di scegliere fra la doppia cittadinanza quella alla quale appartenere per sempre innanzi all’immediatezza della guerra. Scelta ridotta in seguito al semplice sottoscrivere una “dichiarazione di fedeltà” alla Francia benevola che li ha ospitati e che, dati gli avvenimenti, li vede come potenziali nemici.
Grazie a Stefania Nardini, conosco meglio Marsiglia con il suo Mistral, il suo porto, i suoi boulevards e Notre Dame du Mont. Il suo sfregio dovuto ai bombardamenti tedeschi e la balorderia dei gruppi criminali italo/francesi, i “caids”, che governano la città con le loro attività illecite del traffico d’armi, e della prostituzione, con i relativi regolamenti di conti, e che tramite il porto gestiscono ogni tipologia d’affare illecito, da quello romantico dell’olio e del parmigiano, a quello della droga che poi diventerà il business del secolo.
Ma non solo. Sempre grazie alla scrittrice romana ho conosciuto meglio una realtà artistica/culturale tipica dell’epoca, come quella del teatro d’avanspettacolo. Con i suoi lustrini, e i suoi spettacoli di magia e trasformismo. Ne ho respirato l’aria frivola delle sue ballerine, o quella furba dei suoi impresari, o quella divorata dal fuoco dell’arte dei veri artisti.
E soprattutto grazie a Stefania Nardini ho letto un bel romanzo corale con protagonisti dai tratti psicologici completi e ben delineati, immersi in una storia fresca e del tutto credibile, narrata con sapiente e rara sensibilità, del tutto umana, senza mai usare parole fuori luogo. Senza alcuna sbavatura o volgarità, a tratti poetica ed emozionante. Su tutti il capitolo “Tritolo” degno di far parte di una antologia per studenti delle scuole superiori.
Alcazar è la storia di una travolgente incondizionata passione amorosa, di una smisurata e nobile amicizia, di un amore filiale e coniugale sconfinato. Alcazar è un romanzo di valori e grandi sentimenti sempre narrati con semplicità, moderazione e tanta classe stilistica. E poi, ancora, Alcazar tratta alcuni temi sgradevoli come l’omofobia e l’antisemitismo, attuali oggi come allora, e sui quali è importante insistere per sviluppare meglio le coscienze di pacifica condivisione.
Cos’è Alcazar, cosa rappresenta e rappresenterà nella sua trasformazione, mi si passi il vezzo di non spiegarlo al solo scopo di costringervi a questa lettura che consiglio vivamente, ma prima, per meglio penetrare lo spirito, respirare il tempo e girare la chiave che apre la porta attraverso la quale si torna indietro di settant’anni, ascoltate alcuni brani musicali citati dall’autrice, che delineano il contesto storico dell’epoca. Canzoni come “Non dimenticar le mie parole” o “Parlami d’amore Mariù”. Così, immersi nell’odore della brillantina Linetti e delle alici fritte, sferzati dal Mistral o cosparsi dalle nuvole di fumo emesse da grandi e lunghi bocchini, gusterete ancor di più “Amapola”, la canzone d’epoca e colonna sonora dell’intero romanzo, che sicuramente vi accompagnerà per tutto il tempo della lettura, e che partirà in automatico nelle vostre menti, ogni volta che vedrete il viola della copertina. Allora un sorriso di piacere vi prenderà il cuore. Il sorriso del ricordo di aver letto un buon libro.
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