Con immenso piacere, cari avventori del Thriller Cafè, oggi recensisco il nuovo romanzo della “collega” (abbiamo l’onore di annoverarla tra i nostri collaboratori) Monica Bartolini: “Alle loro eccellenze”, pubblicato da “I Buoni Cugini Editore”. L’autrice romana ha scelto in questo caso di collocare la vicenda del proprio romanzo nella Roma di fine Ottocento, un periodo che, lei ci spiega nel prologo, ha visto un’intensa trasformazione sociale e urbanistica della città con l’arrivo dei Piemontesi (intesi come monarchia sabauda), che hanno dato la propria impronta allo sviluppo della capitale. Permettetemi di dire che, da torinese di nascita e romano di adozione (poi trentino di destinazione), ho letto con ancora più curiosità quest’opera. E, dico subito, ne sono rimasto affascinato.
La Roma di fine Ottocento è dominata dallo sviluppo urbanistico delle aree immediatamente adiacenti al centro storico. I costruttori però sono in difficoltà, perché gli istituti di credito attraversano un periodo di difficoltà finanziaria che rende difficile agli impresari pagare le maestranze, a loro volta attratte dalle sirene dei primi movimenti rivoluzionari. In questo contesto, una mattina come tante altre viene ritrovato presso uno dei suoi cantieri il cadavere del costruttore Anacleto Varesi, pugnalato e orrendamente mutilato. L’indagine è affidata all’Ispettore di Polizia Giudiziaria Carlo Alberto Ferrero, piemontese appena trasferito a Roma, dal carattere schivo e poco esuberante, ma coriaceo e determinato a trovare il colpevole, in perfetto stile sabaudo.
La Bartolini, come lei stessa ci ricorda nella bella post-fazione, ha fatto un enorme lavoro filologico, che ha permesso di ricostruire meticolosamente non solo l’ambientazione storica e sociale del tempo, ma anche il dialetto romano (forse più facile per una romana) e quello piemontese (molto più difficile), che Ferrero parla in particolare nei momenti d’ira, quando il disordine romano tende a sovrastare l’austerità sabauda. Ne esce un quadro molto riuscito, che trasporta chi legge nei luoghi dell’epoca. Assolutamente apprezzabile è anche la ricostruzione molto ampia e ben fatta degli avvenimenti storici di fine Ottocento, realizzata con un rigore storiografico invidiabile.
Accanto a queste operazioni di contesto, l’autrice costruisce un intreccio avvincente e molto “moderno”, che ha quasi il tratto tipico del forensic thriller, un secolo prima che questo genere venisse inventato. Inoltre, la capacità di costruire un profilo psicologico credibile dei personaggi è notevole, valga per tutti il mitico Ispettore Ferrero, che speriamo di poter ritrovare in futuro. Oggettivamente antipatico, ma al contempo facile da amare, tratto assai comune del “tipo piemontese”. Non è difficile immaginare che sarà il personaggio a cui i lettori si affezioneranno di più.
Tra i temi che affiorano dalle pagine della Bartolini, un paio mi sembrano degni di nota. L’amore dell’autrice per la Storia è manifesto. Non solo la microstoria che pure la attrae, ma anche il grande scenario, dentro il quale leggiamo le tracce che ancora oggi ci caratterizzano (il peso della burocrazia, la facilità nello spendere improduttivamente il denaro pubblico, la spettacolarizzazione della politica). Il fuoco sulla condizione femminile emerge con altrettanta chiarezza, in modo non banale. Ci sono sì donne sfruttate e quasi recluse, ma ci sono donne che sanno prendere in mano la situazione nei momenti di crisi, come fa in modo molto lucido la vedova Varesi.
In ultimo, non si può che elogiare la “calda” post-fazione. Mi è già capitato di scrivere in altre recensioni che spesso in queste note a fine libro si coglie l’essenza della personalità dell’autore o dell’autrice. Qui più che mai è così. Si percepisce lo sforzo enorme che è stato necessario per realizzare quest’opera, si coglie il lato autobiografico della vicenda, tratteggiato in modo molto discreto e per nulla ingombrante. Traspare l’amore che l’autrice ha per i suoi personaggi, come quasi sempre avviene nei romanzi. La Bartolini ci lascia anche con la speranza di farci ritrovare l’Ispettore Ferrero, speranza che speriamo si traduca in realtà appena possibile. Abbiamo bisogno di romanzi belli come questo.
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Monica Bartolini (Roma 1964) si afferma nel mondo della scrittura gialla con i romanzi della serie del Maresciallo Nunzio Piscopo (Interno 8 e Le geometrie dell’animo omicida, quest’ultimo finalista al Premio Tedeschi nel 2011). Nel 2010 vince il Gran Giallo Città di Cattolica per il miglior racconto italiano in ambito mystery con il racconto Cumino assassino, compreso nell’antologia 10 Piccole indagini (Delos Digital, 2020).
Autrice eclettica, per I Buoni Cugini Editori pubblica nel 2016 Persistenti tracce di antichi dolori, una raffinata raccolta di racconti gialli storici che ha per filo conduttore le vicende legate al ritrovamento di alcuni reperti storici, che ancora oggi fanno bella mostra di sé nelle teche dei musei di tutto il mondo, e nel 2019 la terza investigazione del suo Maresciallo dal titolo Per interposta persona.
Collabora con i siti www.thrillercafe.it e www.wlibri.com per le recensioni ed è membro dell’Associazione Piccoli Maestri – Una scuola di lettura per ragazzi e ragazze che si occupa di leggere i classici nelle scuole italiane.
Bibliografia completa in www.monicabartolini.it.
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