Prima di parlarvi della vita e delle opere di Anne Holt mi piacerebbe cominciare con due sue affermazioni, che mi paiono molto efficaci sia nel chiarire il tipo di persona e scrittrice che ci troviamo di fronte sia nell’inserirla nell’alveo letterario a lei più idoneo.
La prima frase ve l’ho già riportata in occasione del post su Quota 1222, il suo “nuovo” romanzo appena pubblicato da Einaudi, ma vale la pena ripeterla:
(…) la scrittura, nel campo dell’indagine, ha un valore aggiunto impagabile. Permette di sondare a fondo la natura dell’essere umano come nessun’altra ricerca sa fare. Perciò alla fine ho deciso di dedicarmi esclusivamente alla letteratura.
Essa si riferisce alla decisione, lo vedremo fra poco, di aver abbandonato carriere molto, molto prestigiose per meglio concentrarsi sulla scrittura.
La seconda frase, che in sostanza conferma la prima, è questa:
L’aspetto psicologico mi interessa più della tecnica investigativa.
Insomma, volendo riassumere in pochissime parole, direi che ci troviamo in piena “zona-Simenon”, l’indagine investigativa impiegata per sondare i misteri dell’animo umano, le sue debolezze, le ossessioni, le particolarità, gli abissi e le voragini.
Questa indagatrice dell’uomo nasce il 16 novembre 1958 a Larvik, un paese di circa quarantamila abitanti situato in una delle contee meridionali della Norvegia: antiche foreste, tante isole, il mare che la divide e la unisce alla Danimarca.
Da quelle antiche foreste Anne comincia a vagabondare: Lillestrøm, Tromsø e infine, ovviamente, Oslo nel 1978.
La laurea, in Legge, arriva nel 1986, presa all’Università di Bergen, ma se la Holt è una vagabonda dal punto di vista fisico lo è anche per quanto riguarda altri aspetti della sua vita: dal 1984 al 1988 lavora per quella che è in sostanza la RAI norvegese, la NRK, poi due anni al dipartimento di Polizia di Oslo per poter finalmente diventare avvocato a tutti gli effetti.
Ma prima di cominciare a praticare l’aspetta ancora un anno di nuovo alla NRK in qualità di giornalista in un programma di cronaca.
E nel frattempo, non dimentichiamolo, c’è anche la vita privata, con la compagna Anne Christine Kjær e una figlia, Iohanne.
Dunque, giornalista di una certa importanza a livello nazionale, poi avvocato, che altro? Ah sì, Anne Holt è stata Ministro della Giustizia per pochi mesi, fra la fine del 1996 e i primi mesi del 1997 e si è poi dimessa per motivi di salute.
Ma sto correndo, bisogna tornare indietro di qualche anno: la sua carriera di scrittrice inizia nel 1993 con Blind gudinne, da noi pubblicato nel 2010 con il titolo di La dea cieca (Einaudi). È proprio in questo romanzo che nasce il suo personaggio più celebre: Hanne Wilhelmsen, lesbica, ufficiale di polizia.
Provate a immaginare quante, quante volte, da quella pubblicazione, Anne Holt si sarà sentita domandare quanto di lei ci sia nel suo personaggio, credo che abbia letteralmente la nausea di questa domanda.
E prima di andare a esplorare le altre sue opere facciamo un passo a lato e proviamo a immaginarci la carriera e la vita di Anne Holt qui in Italia, dove stiamo ancora affogando in un nebuloso medioevo di imperante omofobia che avrebbe soffocato sul nascere molte delle sue possibilità.
Torniamo, per fortuna di questa autrice, in Norvegia: La dea cieca la pone immediatamente sulla mappa dei grandi autori nordici di gialli e thriller e da quel momento in poi Anne Holt comincia a sfornare un nutrito numero di romanzi, molti dei quali (per ora siamo a quota otto) aventi come protagonista la scorbutica, quasi intrattabile ma dotatissima Hanne Wilhelmsen, due dei quali scritti insieme a un’altra grande donna del Grande Nord, ovvero Berit Reiss-Andersen, figura politica di rilievo, presidentessa della Norwegian Bar Association degli avvocati e membro del Comitato Norvegese per il Nobel.
La Wilhelmsen cresce e cambia di titolo in titolo e, come abbiamo visto recentemente, è ormai in pensione e, purtroppo, su una sedia a rotelle.
Oltre al ciclo dedicato alla Wilhelmsen, pubblicato interamente anche in Italia, Einaudi ha tradotto tre dei cinque titoli della serie di Johanne Vik e Yngvar Stubø, mentre mancano all’appello alcuni romanzi non appartenenti a nessun ciclo, a triste conferma che ormai per avere successo bisogna scrivere in formato seriale, con personaggi ricorrenti.
Tradotta in più di venticinque lingue, diffusa in tutto il mondo, parecchi best seller alle spalle, Anne Holt è uno dei migliori esempi viventi della grande capacità di riflessione sul reale e sugli aspetti più problematici della società che ha il thriller, in particolare quello nordico.
Bibliografia:
Serie di Hanne Wilhelmsen
La dea cieca (Blind gudinne, 1993), Torino, Einaudi, 2010
Sete di giustizia (Salige er de som tørster, 1994), Bresso, Hobby & Work, 1999 ripubblicato col titolo La vendetta, Torino, Einaudi, 2010
L’unico figlio (Demonens død, 1995), Torino, Einaudi, 2011
Nella tana dei lupi (Løvens gap, 1997) (con Berit Reiss-Andersen), Torino, Einaudi, 2012
Il ricatto (Død joker, 2000), Torino, Einaudi, 2012
La ricetta dell’assassino (Uten ekko, 2001) (con Berit Reiss-Andersen), Torino, Einaudi, 2013
Quale verità (Sannheten bortenfor, 2003) (Einaudi, 2014)
Quota 1222 (1222, 2008) (Einaudi, 2015)
Serie di Johanne Vik e Yngvar Stubø
Quello che ti meriti (Det som er mitt, 2001), Torino, Einaudi, 2008
Non deve accadere (Det som aldri skjer, 2004), Torino, Einaudi, 2009
La porta chiusa (Presidentens valg, 2006), Torino, Einaudi, 2009
Pengemannen, 2009
Flimmer, 2010
Altre opere
Mea culpa, 1997
I hjertet av VM. En fotballreise, 1998 (con Erik Langbråten)
Bernhard Pinkertons store oppdrag, 1999
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