A distanza di tre anni dal precedente Io sono Alfa, ecco che torna uno degli autori di noir e thriller più interessanti del panorama italiano: Patrick Fogli con A chi appartiene la notte.
Grande attenzione alla costruzione della trama, tendenza a riflettere il quotidiano del Paese in modo esplicito e non soltanto attraverso cenni e riflessi, una certa versatilità per i temi affrontati e il non temere di sfiorare l’allucinazione, l’onirico e il magico sono i caratteri essenziali della scrittura di questo ingegnere elettronico diventato scrittore già da molti anni, a partire Lentamente prima di morire, nel 2006 per Piemme.
E alla casa editrice che fa parte del Gruppo Mondadori lo scrittore bolognese è rimasto legato a lungo, accumulando una serie di titoli che ha definito sempre meglio la sua politica e la sua tendenza a riflettere il contemporaneo, tendenza che viene in qualche modo messa in discussione, con azzeccata svolta, in A chi appartiene la notte.
Bastino, come esempio, titoli quali Il tempo infranto, del 2008, che tratta della strage alla stazione di Bologna nel 1980, oppure Non voglio il silenzio, 2011, che parte dall’omicidio a Borsellino per poi esaminare il buio periodo delle trattative fra mafia e Stato.
Con Io sono Alfa, il romanzo precedente all’attuale A chi appartiene la notte, Patrick Fogli arriva all’esempio più maturo di questa sua tendenza: il terrore, il Nemico, il pericolo è ormai completamente spersonalizzato, rappresentato unicamente da un simbolo e da una tendenza a colpire senza struttura e pianificazione, seminando la paura come veleno sociale.
E se Io sono Alfa ha segnato la dipartita da Piemme e l’approdo a Frassinelli, A chi appartiene la notte identifica un nuovo cambio di scuderia (Baldini e Castoldi) e, in contemporanea, una scelta narrativa più riservata, intima, che riesce comunque a rimanere collegata a Storia e Territorio.
Cerchiamo di capire come ci riesca dando un’occhiata alla trama di A chi appartiene la notte.
Irene Fontana, giornalista d’assalta, ha fatto un errore tipico di molti fra quei giornalisti che credono sul serio al loro mestiere: s’è data troppo da fare per svelare corruzioni e giochi di potere ai danni dei cittadini e così è stata messa fuori gioco dalla sua stessa competenza ed ostinazione.
Per leccarsi le ferite e pensare al futuro decide di riparare a La Contessa, vecchia casa di famiglia sull’appennino reggiano, contornata da campi e boschi: un ritorno alle origini e un cambiamento, dalla città alla natura, per allontanarsi dalle delusioni.
Ma anche la natura può riservare crudeltà, e Irene lo scoprirà con la morte di Filippo, che apparentemente si è lanciato dalla Pietra di Bismantova durante una notte d’estate. Ma la madre del deceduto non crede alla teoria del suicidio e chiede proprio a Irene di indagare. Scoprirà lo Snoopy, un locale che nei giorni di chiusura ospita festini illegali ed estremi. Scoprirà la carismatica figura de il Pittore, un uomo che vive da recluso nella sua casa che pare un sinistro museo, affollato da spaventose sculture.
Scoprirà un patto antico, risalente al dopoguerra, una sorta di rito che, attraverso il sacrificio di pochi, assicura prosperità a molti…
Negli ultimi tempi, al cinema, abbiamo assistito alla rinascita di un filone che possiamo vagamente definire come folk-horror: nella letteratura di genere italiana qualcosa è filtrato, si ripesca da antiche tradizioni e si contamina il presente con il passato. Accade anche in questo A chi appartiene la notte che sembra avere qualche sfumatura del miglior Pupi Avati e di thriller pagano: a voi la scoperta.
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