Articolo sponsorizzato; qui la nostra policy.

Il Thriller Café oggi si trasferisce in Giappone per presentarvi “Auditorium” un thriller molto apprezzato di Murakami Ryū edito in Italia da Atmosphere Libri con traduzione di Gianluca Coci.

La storia vede protagonista Aoyama, quarantaduenne regista e produttore di documentari che vive a Tōkyō con il figlio adolescente Shigehiko. L’uomo cerca di ricostruire la sua vita dopo la perdita della moglie per una grave malattia, e su pressione del figlio decide di risposarsi. La scelta della compagna giusta è affidata a un’audizione fittizia, durante la quale Aoyama si innamora di Asami. La ragazza è un’ex ballerina di ventiquattro anni segnata da un’infanzia dolorosa. Quella che sembra all’inizio una scelta perfetta si trasforma presto in un incubo, conducendo Aoyama in un vortice di sofferenza e orrore.

Questa in sintesi la storia, ripresa e portata anche sul grande schermo nel film omonimo diretto da Miike Takashi; qui il trailer su Youtube:

Per approfondire meglio il romanzo introduciamo brevemente l’autore, Murakami Ryū. Si tratta di uno scrittore molto oscuro, solito presentare un lato del Giappone che è completamente diverso dalle sale da tè, dai templi e dallo Zen che di solito consumiamo in Occidente. I suoi thriller sono spesso sconvolgente, densi di un cast di disadattati ed emarginati, un mondo contorto che sembra familiare ma anche profondamente inquietante, e su tutto aleggia costante la sensazione che le cose probabilmente non finiranno per il meglio.

Guardando a cosa i lettori potrebbero apprezzare maggiormente in “Auditorium“, la risposta è probabilmente lo shock che il romanzo crea. Una storia d’amore alla rovescia che lascia barcollanti e confusi nel miglior modo possibile. Anche il film lascia un’impressione altrettanto duratura, ma con tecniche contrastanti.

Se questa breve introduzione vi ha incuriositi, qui a seguire potete leggere un estratto del romanzo.

Estratto

Intanto Asami si guardava intorno e, non appena lo vide, gli sorrise e si avvicinò al tavolo a passo svelto, facendosi strada tra cameriere e camerieri che correvano avanti e indietro con i vassoi in mano. Portava i capelli raccolti sulla nuca, esattamente come all’audizione, e indossava una mise che non era né appariscente né sobria: abito in maglina blu scuro, foulard arancione, giacca di pelle scamosciata con décolleté abbinate beige, collant neri. Questa sì che è una donna che sa come valorizzare la propria bellezza, pensò ammirato Aoyama. Ed era palese, a giudicare dal suo senso della moda, che fosse perfettamente consapevole della sua straordinaria avvenenza.

«Chiedo scusa» esordì lei sedendosi, «temo di essere un po’ in ritardo».

La luce del sole, che penetrava attraverso le tende di pizzo, illuminava e al contempo velava il suo splendido viso. Durante l’audizione, pur sotto le algide luci al neon della sala riunioni, era fantastica. Ma adesso lo era anche di più, semplicemente incantevole, dieci e cento volte più bella.

«No, è in perfetto orario. Sono io che sono in anticipo… Il mio ufficio è qui vicino».

Aoyama si accorse, con somma delusione, di non essere in grado di guardare Asami negli occhi, né di sapere dove posare lo sguardo. Si sentiva come un liceale e pensò che sarebbe stato davvero imbarazzante se Shigehiko lo avesse visto in quelle condizioni. Quando tentava di mettere a fuoco il viso dolce e malinconico della sua interlocutrice, provava qualcosa di simile a un vuoto d’aria, come se il cuore e lo stomaco gli si aggrovigliassero in un’unica massa. Alla fine si rassegnò a rivolgerle solo sguardi rapidi e sfuggenti, sperando di mascherare in qualche modo il proprio imbarazzo. D’altra parte non poteva evitare di incrociare del tutto i suoi occhi, perché avrebbe rischiato di apparire debole e introverso, se non addirittura squilibrato.

Dopo aver ordinato una limonata, Asami inclinò il capo da un lato sfoggiando un bel sorriso. «Mi fa molto piacere rivederla» disse. «Grazie per avermi dato questa possibilità e per il tempo che potrà dedicarmi».

Aveva le guance imporporate, forse per via dei raggi del sole che le inondavano il viso e perché si era affrettata per paura di fare tardi. Aoyama ricordò che a un certo punto, nel corso del colloquio, aveva pensato che la sua anima si trovasse appena sotto la superficie della pelle quasi diafana. Quando sorrideva, si percepiva un’energia inesauribile ed era come guardare negli occhi un’anima felice.

Aoyama decise di rivolgerle uno sguardo fugace tutte le volte che cominciava a dirle qualcosa, e poi di dirigere gli occhi altrove, verso un punto fisso, senza lasciarli vagare insicuri per tutta la sala. Per evitare di apparire confuso e a disagio aveva bisogno di una regola ferrea cui attenersi.

Appoggiò il mento sul palmo della mano sinistra, sforzandosi di ricordare se si fosse mai sentito così teso in vita sua. Era una situazione estenuante, ma al contempo decisamente inebriante.

«Si rilassi, questo non è un colloquio» disse cercando di suonare sicuro di sé e spiritoso, pur sapendo che era lui ad avere un bisogno disperato di rilassarsi. «Non ho nessuna intenzione di metterla sotto torchio».

«Ah, va bene» replicò Asami annuendo, nella sua inconfondibile voce. Quella voce melodiosa, calda, limpida e con una nota metallica, che sembrava penetrare fin dentro le ossa e avvolgersi intorno a ogni singola terminazione nervosa.

«Se lei è d’accordo» aggiunse Aoyama, «potremmo pranzare insieme per scambiare due chiacchiere. C’è un ristorante quassù, all’ultimo piano, ma fanno soprattutto bistecche e piatti di carne… Le può andare bene?»

«Certo, molto volentieri. Mangio di tutto».

Aoyama aveva le mani sudate. Mentre se le asciugava di nascosto sotto il tavolo, sfregando avanti e indietro i palmi sui pantaloni, accadde qualcosa di molto strano. Un ragazzo in sedia a rotelle era entrato nel caffè accompagnato da una donna sulla cinquantina, probabilmente sua madre.

Stavano chiacchierando e ridendo per qualcosa. Ancora sorridente, non appena il ragazzo incrociò lo sguardo di Asami, spalancò gli occhi e sbiancò in volto. Il suo sorriso si paralizzò in una maschera grottesca, e l’istante successivo strinse forte i braccioli della sedia come se volesse alzarsi. Notando il suo disagio, la madre gli si chinò accanto, forse per chiedergli cosa stesse succedendo, ma lui si limitò a scuotere più volte la testa. Poi distolse lo sguardo e incurvò le spalle come per nascondersi, terrorizzato, e spinse da solo le ruote della sedia allontanandosi verso il lato opposto del locale. Mentre assisteva alla scena, Asami rimase impassibile, senza mutare di una virgola la propria espressione.

L’autore

Murakami Ryū è nato nel 1952 a Sasebo, città portuale non lontana da Nagasaki e sede di una delle maggiori basi navali statunitensi. Figlio di insegnanti, trascorse la gioventù preferendo alla scuola il cinema d’essai, il rock’n’roll, il teatro d’avanguardia e la letteratura americana. Nel 1976 scrive Blu quasi trasparente (Atmosphere libri, 2020), romanzo d’esordio shock con cui si aggiudica il prestigioso premio Akutagawa. Tra i suoi capolavori, spesso a base di trasgressione, sesso estremo, utopia e ribellione: Sixty-Nine (Atmosphere libri, 2019), Coin Locker Babies, Ecstasy, Piercing (Atmosphere libri, 2021), Il mondo di cinque minuti dopo ed Esodo nel paese della speranza. Si è dedicato in prima persona alla musica e al cinema, suonando la batteria in un gruppo rock e scrivendo diverse sceneggiature, nonché firmando la regia di film tratti dai suoi romanzi.

Ti è piaciuto l'articolo? Iscriviti alla newsletter

Inserisci la tua email e riceverai comodamente tutti i nostri aggiornamenti con le novità, le anticipazioni e molto altro.

Compra su Amazon

Sconto di 0,85 EUR
Audition
  • Editore: Atmosphere Libri
  • Autore: Ryü Murakami , Gianluca Coci

Articolo protocollato da Redazione

All'account redazione sono assegnati gli articoli scritti da collaboratori occasionali del sito: poche apparizioni, ma stessa qualità degli altri.

Redazione ha scritto 693 articoli: