Qui era soltanto un uomo di bassa statura dall’aria misera e con un buffo accento, le cui minacce venivano fraintese dalla maggior parte della gente. Dio, per quello che poteva vedere non era l’unico ad avere un accento buffo, ma era lui l’intruso. E per questo non incuteva timore.
Ha trent’anni ed è caduto. Cammina per strada ed è un giovane tarchiato, anonimo, un immigrato dell’Est Europa a Glasgow. Forse lo prendono per l’idraulico polacco dell’eterna campagna anti immigrati e anti Europa. Si chiama Martin Sivok, era famoso a Brno e sta cercando di rialzarsi. Allo stesso tempo vuole una vita ordinaria, qualcosa che conosce persino meno della città in cui è costretto a vivere. Ha una donna, si sono incontrati quando ancora il suo inglese era quello imparato dai film, quando stava per sembrare uno sbandato tra i tanti. Con Joanna potrebbe avere la pace oltre che l’amore. La città che non conosce e non riesce a capire lo attira e lo respinge, il cantuccio tranquillo non basta e comunque servono soldi.
Difficile dire su chi volesse fare colpo, ma pareva deciso a farlo. Con l’andatura da gangster.
È giovane e fa di tutto per sembrarlo Usmar Kassan. I giovani in certi ambienti sono sempre considerati stupidi per statuto e Usmar lo sembra davvero con le sue giacche appariscenti, i suoi modi da gangsta rapper e le sue cuffie colorate. Un paki come lui deve per forza essere un po’ stupido e ancora relegato ai margini di qualunque vita economica cittadina, con una famiglia di immigrati di seconda generazione che ha piantato radici ma ancora non davvero e non a fondo. Spetterebbe a lui la profondità. Nelle strade di Glasgow che conosce alla perfezione Usmar deve sembrare come tutti e questo fa parte del suo piano, uno per altri, più redditizi e adeguati alle sue capacità.
Nella variegata comunità criminale di Glasgow, un ecosistema di bande, piccoli e grandi imprenditori che non disdegnano le zone grigie e quelle oscure del narcotraffico, gruppi di provincia che vogliono conquistare la città e di periferia che bramano il giro grosso intanto la “famiglia” Jamieson, con Peter il boss in carcere, si sente assediata. Basta un piccolo incidente, qualcosa che faccia perdere la faccia e l’idea di controllo perché tutto vada a monte. Si è appena conclusa una guerra, un’altra è solo questione di tempo deve considerare Nate Colgan, consigliere per la sicurezza di Jamieson ritrovatosi reggente e garante dello status quo cittadino. La situazione è tesa, più del solito. Basta pochissimo a ritrovarsi in guerra, nella giungla i segni di debolezza anche ambigui fanno scattare carogne e predatori. Pochissimo come una rapina a un centro scommesse in cui il gruppo Jamieson ricicla e deposita contanti dell’organizzazione.
Usmar e Martin non sono proprio cani sciolti, quelli infatti non fanno soldi e durano poco. Sono due bastardi, criminali senza famiglia. Usmar ha pazienza, “una qualità sottostimata tra i criminali”, e conosce scacchiera e pedine della malavita di Glasgow. Il fratello maggiore è in gamba, forse più di lui, ma il business delle merci contraffatte è una serie C che non basta per lui. Martin non ha mai fatto un lavoro onesto in vita sua. Troppo giovane si è ritrovato subito al top nella carriera di sicario. Quelle sensazioni di riconoscimento, di autorità, di fame criminale, arrivare al vertice adesso bruciano e creano vero spaesamento adesso che è in esilio. Non è un gorilla, la sua professionalità ha bisogno di un’occasione. E Usmar ha bisogno di un sicario serio e freddo, un veterano, proprio per fare un colpo.
Il furgone, la pistola, i badili erano tutti pesi che toccava a Usman accollarsi. Toccava a lui liberarsi di tutto quello che avevano usato sul lavoro Per Martin le cose stavano così. Era una verità che aveva imparato presto: tu prendi la mira e fai clic per uccidere, gli altri solitamente si occupano di tutto il resto.
Alcuni mesi in una periferia come Glasgow, lontana dalle solite capitali dell’Impero narrativo criminale come ogni grande saga noir degna.
Sottotraccia ansie esistenziali, le seconde possibilità in una società che sembra negare anche le prime, ricambio generazionale, oriundi e immigrati, uno stato assente, regole criminali che resistono come essenziali agli umani che scelgono la vita, vivi per sostituire i morti di piccole guerre clandestine, un tempo della narrazione realistico e cambi di prospettiva magistrali, personaggi femminili solidissimi mentre il mondo degli uomini non rompe la spirale dell’autodistruzione compongono un noir serio, senza descrizioni romantiche e sbocchi consolatori.
Bastardi sembra un prequel di una grande epica criminale, i colpi e i piani dei bastardi Martin e Usmar un’attenta preparazione a una qualche selezione naturale narrativa dei personaggi architettata da Malcom MacKay. C’è un finale e poi una fine e ancora altri colpi da fare. Dal titolo originale, For Those Who Know The Ending, qualcuno dei molti personaggi non arriverà al prossimo bel romanzo.
Recensione di Antonio Vena
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