Già apparso sulle nostre pagine con il precedente Benvenuti in casa Esposito, ospitiamo oggi nuovamente Pino Imperatore, recensendo il suo Bentornati in casa Esposito, il sequel della saga che ha mostrato ai lettori italiani gli aspetti più cafoni e ridicoli della camorra.
Titolo: Bentornati in casa Esposito
Autore: Pino Imperatore
Editore: Giunti Editore
Anno: 2013
Non ho mai usato un superlativo, ma oggi lo sparo ed è tutto rivolto a Pino Imperatore per questo suo BELLISSIMO “Bentornati in casa Esposito“.
Innanzitutto sono stato colpito dalla dedica dell’autore “Alle vittime innocenti della criminalità” e subito dopo dalla citazione di Amato Lamberti “Solo i giovani possono dare una nuova voce alla voglia di legalità delle nostre terre“. Non la citazione del grande letterato di turno, ma quella di un semplice uomo di cultura che con la sua testimonianza di vita fatta di onestà e coraggio, intelligenza e generosità, ha forgiato intere coscienze contro il potere criminale.
Ebbene dopo premesse del genere è lecito aspettarsi un romanzo saggio-inchiesta contro la delinquenza organizzata ricco di documenti, pensieri e soprattutto paroloni, invece trovi un’opera tragicomica finalizzata all’abbattimento del tabù camorra: “perché la camorra non vale niente“, perché ” la camorra è stupida“.
Messaggio forte e chiaro. Lanciato soprattutto alle nuove generazioni. Lanciato in modo diretto e metaforico nell’unico linguaggio universale possibile: quello della satira. Quello del sorriso. Perché ridicolizzare il mostro facendo ridere delle sue debolezze, ha un effetto pari a quello di un esorcismo ben riuscito. Perché ridere in faccia allo strapotere criminale, è manifestazione di gran maturità. Perché ridere, è presa di coscienza della propria forza. Perché ridere, è testimonianza e insegnamento a non aver paura, ad essere onesti, laboriosi e al contempo intelligenti. Ridere perché la camorra è stupida e della stupidità si deve ridere. “Per la logica classica il “principio di non contraddizione” è una delle leggi fondamentali del pensiero. Aristotele nella “Metafisica” ne diede una formulazione precisa: “È impossibile che lo stesso attributo nello stesso tempo appartenga e non appartenga allo stesso soggetto e nella stessa relazione. Nessuno può ritenere che la medesima cosa sia e non sia”. Le dichiarazioni contraddittorie, dunque, si escludono a vicenda: <<X è Y>> e <<X non è Y>> sono incompatibili. Nessun asserto può essere sia vero che falso. Questo pilastro della filosofia occidentale, su cui tanti straordinari pensatori hanno basato le loro riflessioni, viene demolito ogni giorno dalla camorra. La camorra non ha logica. Non conosce Aristotele e se ne frega della filosofia. Non sa nemmeno che proprio gli antenati del genio di Stagira fondarono prima Parthenope e poi Neaolis, la Città Nuova. La camorra non ha coerenza. È sanguinaria, disumana, schizofrenica. Se con le minacce e le pressioni psicologiche non riesce a ottenere ciò che vuole, uccide. E anche quando ha ottenuto ciò che vuole, continua a uccidere, per il solo gusto dissennato di moltiplicare i dolori e le sofferenze. La camorra non ha un “logos”. È completamente priva di ragione. Spesso ammazza per un nonnulla, per motivi banali. È contraddittoria. Ammazza persino se stessa. Non dà futuro nemmeno ai suoi figli, costringendoli a vivere le paure che essa stessa ha creato. La camorra è stupida.”
Per inculcare questo concetto, Pino Imperatore dà vita alla famiglia Esposito, e soprattutto al suo capofamiglia Tonino. Camorrista di 4 soldi, incapace e sfigato. Succube della moglie Patty e delle femmine della famiglia, ma col pedigree di tutto rispetto. È, infatti, il figlio di Don Gennaro Esposito, il Boss del rione Sanità a Napoli, ovviamente ammazzato dalla camorra, anzi dal suo stesso braccio destro. Dal suo guaglione più forte e ambizioso. Tonino e famiglia sono napoletani veraci. Vivono nel cuore del capoluogo campano e si esprimono sempre in un dialetto del quale Pino Imperatore riesce a cogliere anche sottigliezze incisive e indimenticabili, regalandoci slang e gag esilaranti. E proprio questo contrasto così marcato fra la risata senza freno, come ad esempio nell’episodio di Ipnotica, ‘a navigatrice erotica e la voglia di riscatto dei giovani napoletani impegnati a spezzare le catene del giogo criminale, condito dalla musicalità del dialetto campano, è una delle chiavi vincenti del romanzo. Questa contrapposizione continua tra serio e faceto, fra stravaganza e concretezza, inettitudine e capacità, squilibrio e saggezza, caos e precisione, è giustamente spinta in ogni pagina fino all’eccesso proprio per rimarcare il conflitto senza fine fra giusto e sbagliato nell’eterna lotta fra il bene e il male. E la genialità di Pino Imperatore sta nell’inculcare il concetto che la camorra è stupida smontando alcuni stereotipi e rendendola ridicola dal suo interno stesso usando come tramite Tonino Esposito e i boss con cui interagisce. Intendiamoci bene, la criminalità organizzata, sia essa di matrice campana o altra, è una cosa seria, terribilmente seria, lo dice anche lo stesso autore, ma è indubbio che pure un sorriso, un pernacchio, uno sberleffo letterario se ben fatto, serve a ridicolizzare il mostro e soprattutto a formare le nuove coscienze che un domani lo combatteranno. Serve a non aver paura. Ecco allora che il cerchio si chiude e prende logica l’iniziale citazione di Amato Lamberti: “Solo i giovani possono dare una nuova voce alla voglia di legalità delle nostre terre“. E i giovani, che sono la nostra logica speranza, questo lo devono capire anche ridendo.
La caratterizzazione dei personaggi è ottima, impeccabile e curata in ogni sfumatura psicologica e questo vale per tutti, anche per le figure minori. Sono creature letterarie di grande rispetto che godono di vita propria. Proprio come se fossero vive e sono sicuro che tormentano il nostro Pino Imperatore così come i Sei personaggi in cerca d’autore fecero con Pirandello. Personalmente ritrovandoli ad un anno di distanza dal loro esordio me li sono risentiti vivi. Come se fossero della famiglia, cosa che mi capita solo da quando leggo Camilleri e limitatamente a Vigàta, con Montalbano e C.. E se tiro fuori Camilleri, per me ho detto tutto. Non ho altro da aggiungere.
Sul piano narrativo Bentornati in casa Esposito ha la stessa struttura del precedente Benvenuti in casa Esposito. Stessa narrazione ad episodi, stessi personaggi, stessa napoletanità che senza dubbio è una delle carte vincenti di quest’opera. Qui dentro, Napoli è così forte, prorompente e viva che alla fine ve la sentite cucita addosso perché l’avete respirata, ascoltata. Coccolata. Vi sentirete napoletani anche voi e godrete appieno della tipica meditazione partenopea: “Diceva Pirandello che uno quando è contento di se stesso ama l’umanità. Questo è il problema: noi non siamo mai contenti, vogliamo sempre qualcosa in più di quello che già teniamo, e di conseguenza ci andiamo a scontrare con gli altri. Tutti eternamente insoddisfatti.”
Qui dentro c’è tutto. Ci sarebbe da discutere per ore e per me sarebbero solo complimenti, quindi mi fermo.
Bentornati in casa Esposito è un libro bellissimo.
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