“Ma voi, come avete scoperto che Babbo Natale non esiste?”. Ẻ la vigilia di Natale e, mentre Giovanni Buonvino e la sua squadra festeggiano in ufficio, qualcuno pone la fatidica domanda a cui gli altri tentano di rispondere ricorrendo a tutto il loro sapere.
Il Natale è soprattutto la festa dei bambini, quelli che credono ancora che al Polo Nord abiti un vecchio signore dalla barba lunga e bianca il cui unico scopo nella vita sia portare loro dei regali. Ma i bambini non amano solo Babbo Natale. I bambini, si sa, amano il circo. Così, come ogni Natale che si rispetti, un circo è arrivato in città piantando le tende in una zona centrale e molto trafficata e il commissario e la sua squadra si recano sul posto per i controlli di routine.
Per Buonvino non è un lavoro piacevole: lui il circo lo detesta. I clown gli hanno sempre fatto paura, con le loro facce bianche e gli enormi, falsi sorrisi stampati sul volto, per cui eviterebbe volentieri di assistere allo spettacolo. Non a caso, ricorda, nello scrivere “IT” Stephen King ha scelto la figura di un clown che regala palloncini per veicolare il terrore.
Sua moglie Veronica, però, non è dello stesso avviso. Ha comprato on line i biglietti per il primo spettacolo e Giovanni non può sottrarsi. Non solo: deve anche partecipare alla presentazione degli artisti alla quale il direttore, Ercole, lo ha invitato. Così il commissario scopre che il circo Colaiacono è uno dei classici circhi che tutti noi abbiamo conosciuto nell’infanzia: un domatore, un lanciatore di coltelli e la sua partner, i due trapezisti, i clown, l’illusionista e l’orchestra. Tutti legati gli uni agli altri da stretti rapporti di amicizia se non di parentela.
Quello dei Colaiacono sembra un mondo idilliaco e felice, ma sotto le apparenze covano dolori, gelosie e rancori. In fin dei conti i circensi sono umani e l’essere umano non è noto per la sua generosità né per il suo altruismo. Così quando la giovane agile, Manuelita, sfugge alla presa del suo porteur e muore cadendo sull’unico punto duro della rete di protezione proprio durante lo spettacolo al quale Buonvino e Veronica assistono, il commissario, pur consapevole che si tratta di un incidente, comincia a porsi delle domande. A colpirlo sono le lacrime di Manuelita prima di lanciarsi nel vuoto, lacrime che appaiono chiare in un video che uno dei presenti ha girato. Perché Manuelita piangeva? Si chiede Buonvino. Tutti gli avevano detto che lei e suo marito Alberto, il porteur, erano una coppia bella, giovane e felice. Ẻ la verità, oppure qualcuno ha mentito?
Inizia così un’indagine dalla quale emerge che i pagliacci non sono gli unici a essere tristi. Il mondo del circo Colaiacono è un mondo difficile, fatto di odi, ripicche, di fatica, di stipendi non pagati, di morti inspiegabili e di timori per la bancarotta imminente.
In fin dei conti, il cinefilo Buonvino sa che anche Buffalo Bill aveva il suo circo, dove aveva concluso una vita a dir poco spericolata. Ha rivisto in Luci della ribalta, di Charlie Chaplin, il travaglio di Calvero, un clown giunto al capolinea di un percorso di autodistruzione. Per non parlare di Fellini che aveva descritto il circo, primo incontro infantile con il rutilante mondo dello spettacolo, confessando fascino e paura nel suo bellissimo film-documentario “I clown”.
Tra riferimenti cinematografici – come non aspettarselo da un appassionato come Veltroni – il commissario scopre quello che Fellini e Chaplin già sapevano. Non sempre le luci della ribalta splendono. A volte sono molto oscure e quando voli in alto, appesa a un trapezio a quindici metri da terra e non hai le ali, possono diventare molto pericolose.
Un romanzo di Natale che ci spinge a pensare che in fondo, quel giorno che fin da bambini siamo abituati a festeggiare non è poi tanto speciale. Babbo Natale è solo un pupazzo usato dai maccartisti per alimentare la guerra fredda e dai grandi supermercati americani per incrementare le vendite. A Natale c’è chi muore e chi deve rivelare ai figli di avere un cancro e non ne ha il coraggio. Un giorno come un altro, appunto, che non offe consolazione. L’unico sollievo a una vita dolorosa, perché è questo ciò che emerge dalla filosofia di vita di Buonvino, ci può venire dall’arte, dalla cultura e in particolare dall’opera dei grandi maestri del cinema che il commissario non si stanca mai di vedere e rivedere.
Recensione di Maria Cristina Grella.
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Articolo protocollato da Redazione
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