Donato Carrisi: Il cacciatore del buioMarcus ha un dono. O forse una maledizione. Riesce a vedere il male nell’apparente normalità dello scorrere della vita quotidiana, ne sa intercettare gli impercettibili turbamenti. Anomalie, le chiama. Può immedesimarsi a tal punto coi delinquenti da riuscire ad interpretarne la psicologia partendo dai dettagli delle scene del crimine che agli altri non dicono nulla.
Marcus fa parte dei penitenzieri, un’istituzione con cui la Chiesa indaga, attraverso il più grande archivio dei delitti della storia dell’uomo, su un particolare tipo di crimine, quello da cui emerge il male assoluto, il peccato mortale, il diavolo; tanti modi per cercare di esprimere qualcosa di inafferrabile e spaventoso: la malvagità insita nell’animo umano.
È lui il cacciatore del buio. All’inizio del romanzo è chiamato ad investigare sul brutale omicidio di una suora avvenuto in un bosco all’interno del Vaticano; secondo Marcus, con quel corpo smembrato posto al centro della cristianità è stato introdotto il male direttamente nel Giardino dell’Eden, suggerendo che sotto la facciata idilliaca anche quel paradiso nasconde segreti tremendi.

Se L’ipotesi del male era il seguito de Il suggeritore, con Il cacciatore del buio Donato Carrisi ci riporta ai personaggi e alle storie de Il tribunale delle anime. Oltre al penitenziere, infatti, ritroviamo Sandra Vega, foto-rilevatrice della polizia: a lei spetta l’ingrato compito di immortalare le scene del delitto, di scattare le ultime istantanee ai cadaveri. Il suo destino torna ad incrociarsi con quello di Marcus, complice una nuova indagine su un serial killer efferato che colpisce coppiette appartate accanendosi sulle donne. Il vicequestore Moro, a capo della super-squadra che si occupa del caso, chiarisce subito il suo punto di vista: non è cercando moventi classici, razionali, che si arriverà al colpevole, perché l’assassino non è spinto da motivazioni facilmente spiegabili. A muoverlo c’è qualcosa di più oscuro e incomprensibile; ciononostante, provare a mettersi nei suoi panni, tentando di capire ciò che sente lui, è l’unica possibilità che hanno per fermarlo.
Carrisi sa dosare perfettamente i tempi della narrazione, portando avanti più punti di vista (Sandra, Marcus, Moro, il misterioso Battista…) e lasciandoli in sospeso quando serve, per poi riprenderli in un continuo montaggio alternato dall’effetto coinvolgente e carico di tensione.
Il serial killer sembra godere di una rete di protezioni potenti; tre livelli di sicurezza, tre simboli da decifrare ne custodiscono la segretezza: il bambino di sale, l’uomo con la testa di lupo e il disegno superiore che motiva i delitti. Ma chi può esser interessato a coprire un mostro? Perchè qualcuno dovrebbe voler preservare il male? La risposta che Carrisi fornisce è forse il tema più interessante del libro, pieno di quel fascino oscuro di cui da sempre l’arte si nutre. Il cuore nero di questo romanzo colpisce il lettore come una lama affilata che lo squarcia aprendo interrogativi difficili da acettare, con cui è arduo confrontarsi e a cui forse è impossibile dare risposta. La letteratura ha il compito di portarci dove non vorremmo andare, di aprire i nostri occhi su realtà spiacevoli che ci ostiniamo a non riconoscere. Carrisi non si tira indietro e affrontata senza remore, quasi spietatamente, uno degli ultimi tabù della nostra società, mettendo in discussione l’innocenza e la purezza dell’infanzia.
Mario Martucci, autore del romanzo Gaz!, sostiene che il thriller all’americana si basa su storie simboliche, esoteriche, mentre quello europeo poggia su cose più concrete, come l’economia, la politica e i fatti di cronaca. Donato Carrisi, allora, ha sangue USA nelle vene, e non solo perché Il suggeritore e L’ipotesi del male sono ambientati in un paese imprecisato ma dal sapore spiccatamente statunitense, ma soprattutto perchè ne Il cacciatore del buio, così come nel libro che lo precede (ma anche negli altri suoi romanzi), il campo di interesse dello scrittore pugliese è quello dell’indagine filosofica sulla natura dell’uomo. Se coi suoi famosi colleghi americani condivide il gusto di farcire i propri romanzi con affascinanti curiosità che permettono ai lettori di scoprire cose che non sapevano (segreti sui luoghi in cui è ambientata la storia, eventi o aneddoti tinti di mistero), Carrisi si dinstingue da molti di loro perchè al centro della narrazione non pone solo l’enigma del delitto ma una riflessione su temi universali quali il male e l’ambiguità dei concetti morali; l’azione, con le sue svolte impreviste e i suoi coup de théâtre mozzafiato, ha il ruolo centrale che riveste in tutti i thriller e risulta già di per sé coinvolgente, ma nel caso di Carrisi è anche funzionale allo svolgersi di questa riflessione, e ciò rafforza la presa sul lettore. Come nei precedenti lavori, anche in questo libro l’autore de Il suggeritore si dimostra un maestro del colpo di scena raggelante, capace di legarci alle pagine attraverso i brividi che le sue storie procurano, mostrando un abisso oscuro e spaventosamente umano. Il fascino del male ha colpito di nuovo: le vittime siamo noi lettori.
Il centro dei suoi romanzi (su cui insiste anche questo libro) è una sorta di distillato dell’essenza del genere thriller-noir: l’attrazione che il male esercita su ogni uomo, il confine incerto tra bene e male.
Un altro tema presente ne Il cacciatore del buio è quello della memoria e del passato, visto sempre come una minaccia o almeno come un’ipoteca sul presente, capace di condizionarlo. Tanti personaggi, in un modo o nell’altro, hanno un rapporto difficile col proprio vissuto: Marcus ha perso la memoria e non sa chi è, Sandra ha cambiato città per ricominciare dopo la morte del marito e molti dei “cattivi” devono scontare un destino che li ha segnati da bambini. Che lo si voglia conoscere o si cerchi di fuggire da esso, nessuno riesce a scappare al proprio passato.
C’è un luogo in cui il mondo della luce incontra quello delle tenebre. È lì che avviene ogni cosa: nella terra delle ombre”: Carrisi ha creato un mondo che coincide col nostro e l’ha riempito di figure capaci di raccontarci molto di noi stessi, della nostra natura, delle nostre paure; temi eterni che devono continuare a interrogarci e che non si possono esaurire in un libro. E, a giudicare dal finale di questo romanzo, c’è da scommettere che Carrisi raccoglierà presto la sfida portandoci nuovamente nella terra delle ombre, quel mondo spaventoso così simile al nostro.

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Articolo protocollato da Nicola Campostori

Laureato in Scienze dello Spettacolo, vive nella Brianza tossica. Attualmente lo puoi trovare in biblioteca, da entrambe le parti del bancone. Collabora con "Circo e dintorni". Ama il teatro, e Batman. Ha recitato, a volte canta, spesso scrive, quasi sempre legge. Nutre i suoi dubbi, ed infatti crescono bene.

Nicola Campostori ha scritto 76 articoli: