Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra“. Una citazione evangelica che affiora prepotentemente alla mente leggendo il titolo del libro che recensiamo oggi al Thriller Café, Chi ha peccato (titolo originale Tall Bones), romanzo d’esordio di Anna Bailey, pubblicato da Feltrinelli con traduzione di Elena Cantoni. Una citazione che torna, come un pungolo fastidioso, ad ogni pagina di questo libro, fino ad imporsi verso il finale, man mano che la tensione sale.

Siamo a Whistling Ridge, una piccola città del Colorado, uno di quei paesini di provincia in cui ci si conosce tutti e i giorni sembrano scorrere via sempre uguali, e gli eventi sembrano riproporsi ciclicamente, nel bene e nel male, e le tare familiari marchiano senza scampo le esistenze di chi, inconsapevole, è arrivato dopo. È un sabato notte di giugno e c’è una festa alle Tall bones, le rocce che delimitano il confine esterno della città prima di lasciare spazio alla foresta. È quel posto isolato fuori città, vicino al campo Caravan dei Maddox, il ritrovo preferito dei giovani del posto, l’ideale per sballarsi e perdersi nelle esperienze più estreme senza troppi occhi indiscreti. Quando questa storia comincia, per Emma Alvarez la festa è finita, si sta rimettendo in auto per tornare a casa col cruccio di non essere riuscita a convincere l’amica Abigail a tornare con lei, a non andare con gli altri nel bosco… “Lasciami vivere un po’”, le ha appena detto l’amica. In futuro Emma penserà spesso a quella frase, a come si sono lasciate quella sera, a ciò che ha visto, a quel senso di stranezza, di sbagliato che l’aveva pervasa lasciando l’amica al limitare del bosco. E penserà a tutto ciò che lei ed Abi avrebbero dovuto fare e forse non faranno mai, perché da quella notte nessuno ha più visto la sua amica: la sua faccia sorridente penzola dai volantini con sotto la scritta “Chi mi ha vista?”, ma lei è scomparsa nel nulla. Cos’è successo alla giovane, bella, vitale Abigail Blake?

Il primo, facile pensiero è che Abi sia scappata, che finalmente abbia trovato la forza di allontanarsi da quella sua strana famiglia, da quel padre fanatico che impone la religione e l’amore di Dio a cinghiate, lividi e ginocchia scorticate sulla ghiaia, da quella madre apatica e capace solo di appestare tutto con il tanfo delle sue innumerevoli sigarette, da quel fratello dalla sessualità “contronatura” che ha perso la bussola e da quell’altro suo fratellino storpio. La cercano tutti, la giovane figlia di Samuel Blake, ma senza troppa convinzione. Quando, però, il tempo passa, l’apprensione si smorza e crescono diffidenza e paura, paura del diverso, di ciò che non si comprende, di chi da fuori è venuto a seminare il male ed a turbare la tranquillità di una comunità dalla fede fervente, votata all’amore di Dio ed ai sermoni – che per la verità somigliano più a comizi – infuocati del pastore Lewis. Ben presto la situazione si scalda, gli animi si esasperano e basta un pretesto, un non nulla perché il fuoco dell’intolleranza divampi e distrugga cose, persone e vite, alimentato ad arte da chi non esita a sfruttare il proprio potere per aizzare le folle, a scapito della verità ed anzi, inventando una propria verità e spacciandola per “Parola di Dio”.

Chi ha peccato è un thriller atipico e sorprendente: atipico perché esula dai classici canoni formali e dalle costrizioni del genere, incrociando anche il romanzo puro e semplice, semmai di formazione; sorprendente perché l’autrice, con rara lucidità ed una scrittura precisa e vibrante degna di un romanziere esperto, riesce a regalarci una storia verosimile e facilmente trasponibile nel tempo e nello spazio. Il libro è stato scritto e pubblicato nel 2021, è vero, ma la storia, così com’è scritta, potrebbe tranquillamente essersi svolta l’altro ieri o cinquant’anni fa. E c’è da credere che l’autrice abbia voluto suggerire al lettore che certe storie non sono solo un lontano ricordo, un retaggio del passato e se non si fa attenzione potrebbero ripetersi.

Quanto all’ambientazione, poi, non è difficile scorgere le analogie tra la cittadina del Colorado in cui si svolge la storia e le tante cittadine di provincia sperdute nel mondo, tutte diverse ma in fondo tutte simili e permeate da quella claustrofobia, quell’ineluttabilità, quel senso di ingiustizia che viene dall’impotenza e che troviamo in tanti romanzi, ma anche in troppe occasioni della vita quotidiana.

In questo suo sorprendente esordio letterario, la giovane autrice inglese Anna Bailey ci induce a riflettere perché si scaglia contro qualcosa che tutti conosciamo: l’indifferenza che uccide, la colpa di chi sapeva ed ha voltato la testa, di chi poteva e non ha fatto nulla per impedire che le cose arrivassero all’irreparabile. Una ragazza scompare e, invece di unire le forze e cercarla, la sua comunità s’ingegna a puntare il dito, ad inventare, a dare per certe voci e supposizioni. E, a parte giudicare e parlare dall’alto degli scranni della propria presunta superiorità, nessuno fa niente, nessuno agisce. Nessuno tranne chi con Abigail condivide la vulnerabilità.

Chi ha peccato è un libro che deve far pensare, che deve indurci a riflettere sulla nostra società, su come sia facile lasciarsi trascinare dall’odio, dall’egoismo, dalla convinzione di essere nel giusto. Deve far riflettere sul fatto che ad ogni azione corrispondono una o più conseguenze dalle quali molto spesso non si torna indietro. E se non bastassero le citazioni bibliche, ci pensa il buon vecchio Faber a farci rimordere il cuore: tante frasi de Il testamento di Tito si addicono a questa storia, ma ce n’è una che le racchiude tutte e fa rabbrividire…

Non dire falsa testimonianza
E aiutali a uccidere un uomo
Lo sanno a memoria il diritto divino
E scordano sempre il perdono
“.

Ti è piaciuto l'articolo? Iscriviti alla newsletter

Inserisci la tua email e riceverai comodamente tutti i nostri aggiornamenti con le novità, le anticipazioni e molto altro.

Compra su Amazon

Nessun prodotto trovato

Articolo protocollato da Rossella Lazzari

Lettrice compulsiva e pressoché onnivora, una laurea in un cassetto, il sogno di lavorare nell'editoria e magari, un giorno, di pubblicare. Amo la musica, le serate tra amici, mangiare e bere bene, cantare, le lingue straniere, i film impegnati e cervellotici, il confronto, la condivisione e tutto ciò che è comunicazione.

Rossella Lazzari ha scritto 168 articoli: