Fa bene all’anima e male al cuore assistere al lungo addio tra Ian Rankin e il suo personaggio più amato. John Rebus, ormai ex ispettore, è diventato vecchio, libro dopo libro, è andato in pensione, si è ammalato, ha ritrovato legami familiari, scoperto l’amore di un cane, perso la possibilità di una relazione ma non il carattere.
“Città di lacrime” è il ventiquattresimo romanzo con protagonista il burbero ispettore di Edimburgo (non l’ultimo, chiariamolo subito, l’addio è ancora in corso), che lo vede ancora una volta in difficoltà, chiamato a rispondere di una carriera con inciampi e storture di cui la stessa polizia scozzese sembra intenzionata a chiedergli conto. Non era facile mantenere alta la tensione raccontando la vita di un ex poliziotto impegnato a chiudere i conti di una vita al limite, ma Rankin sembra ancora una volta in grado di farlo con risultati eccellenti. A dargli una mano le vicende parallele, che vedono impegnata Siobhan Clarke, da spalla diventata stampella del suo vecchio maestro, da cui ha assorbito tutto, a eccezione dei peggiori difetti che pure sono una componente fondamentale del fascino di Rebus. Con cui il rapporto è infatti affettuoso ma altalenante e lo sarà ancora di più in passato visto le scelte di Siobhan. Riappare anche il Malcom Fox che rappresenta il contraltare perfetto di Rebus, poliziotto in carriera, fin troppo ligio alle regole e scarso d’empatia, non a caso Rankin ne ha fatto il suo altro personaggio seriale.
E poi c’è la Edimburgo che cerca di uscire dall’incubo della pandemia, che è in costante cambiamento così com’è cambiato il mondo, anche in Scozia, ci sono il #metoo, i cellulari che riprendono tutto, i social e pure una nuova coscienza civile. Questa fa sì che non ci sia più spazio e comprensione per quei poliziotti vecchia scuola abituati a muoversi sul filo del bene e del male. Per molti anche Rebus fa parte di quel passato con cui è ora di chiudere i conti. Approfittando magari di una moglie picchiata per chiudere le partite in sospeso. Ancora una volta Rebus si trova preso in mezzo tra il mondo della legge per cui è uno scomodo relitto e quello della criminalità con cui mantiene una sorta di guardinga confidenza. Alle prese con verità che non vorrebbe ammettere e vecchi amici di cui gli piacerebbe riuscire a liberarsi.
Rankin è sempre maestro nel dipingere quell’universo che sta sotto la città dei turisti e del fringe festival, così come sa scavare nell’animo di Rebus e di Siobham, dipingere e infrangere sogni e speranze. Chi temeva il pensionamento di Rebus avrebbe reso le trame meno efficaci può stare tranquillo. Certo, bisogna fare i conti con quel po’ di tristezza in più che accompagna la consapevolezza della fine. Con il tempo che passa e mette in mostra le cicatrici di un’esistenza un po’ balorda. Basta per farne una grande storia.
Recensione di Mauro Zola.
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Articolo protocollato da Redazione
Libri della serie "John Rebus"
Città di lacrime – Ian Rankin
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