Tabula rasa - Glenn CooperGlenn Cooper supera il thriller storico per proiettarsi in uno scenario futuribile, colmo di tragedie e sgomento, di incertezza e panico con il suo Clean – Tabula rasa. 545 pagine di straordinaria follia umana a seguito di una pandemia. Inquietante, vero?

TRAMA

Quale medico non vorrebbe trovare una cura per una malattia neurologica tanto diffusa come l’Alzheimer? Il dottor Steadman del Baltimore Medical Center è una leggenda della neuroscienza e il suo assegnista di ricerca, il dottor Pettigrew, lo segue con la sua Nikon per documentare ogni nuovo passo della grande sperimentazione sulla Paziente 1 del fattore di trascrizione NSF-4, messo a punto dall’equipe di Steadman per disintegrare le placche di betaamiloidi e curare la demenza causata dall’Alzheimer. Quel primo delicatissimo test però sembra non essere andato per il meglio, dato che la paziente si ammala quasi istantaneamente di encefalite virale. Com’è possibile, si chiedono il dottor Jamie Abbott del Boston Medical e la sua collega Mandy Alexander di Indianapolis, destinatari assieme ad altri membri del comitato etico di ricerca della mail allarmata del dottor Steadman? La programmata riunione di fine settimana non si terrà mai.

“Anche se un po’ febbricitante, Terry Gonzales (radiologa del Baltimore Medical) cenò al tavolo che le era stato assegnato insieme con altri undici passeggeri della nave, provenienti da cinque Stati diversi, tossendo per tutto il tempo, dall’antipasto alla portata principale, prima di ritirarsi. […] I suoi commensali sbarcarono al primo scalo, Nassau, dove alcuni di loro pranzarono in un locale accanto a dei turisti giapponesi al loro ultimo giorno di vacanza. Una coppia fermò uno svedese, che stava per tornare a casa da un viaggio di lavoro, per chiedergli se sapesse come raggiungere un museo di pirati. Un’altra coppia chiese ad un’insegnante italiana di scattar loro una foto. E così tutto ebbe inizio” (pag. 23)

Un virus a diffusione aerea e ad altissimo tasso di contagio colpisce l’80 per cento della popolazione mondiale, provocando febbri alte e perdita di memoria. Uomini e donne, confusi e disorientati, iniziano a vagare come zombie per le città, rispondendo al solo istinto primario che si attiva automaticamente: la voglia di sopravvivenza. Saccheggi, stupri, violenze di ogni tipo si susseguiranno in breve tempo e ogni regola del consesso civile sarà sovvertita, con le forze dell’ordine decimate anch’esse dall’amnesia.

Il dottor Abbott e la dottoressa Alexander, entrambi miracolosamente risparmiati dalla malattia, congegnano un piano per unire le loro conoscenze sul virus al fine di creare un vaccino inibitore del trascrittore errato che il dott. Steadman aveva lasciato nel test di inoculazione, pur di veder approvato in fretta il suo progetto.

Jamie Abbott decide di partire in macchina da Boston per raggiungere il laboratorio della collega ad Indianapolis, spinto anche dal desiderio di curare la figlia Emma che ha contratto il virus.

“Jamie guidava in silenzio. A fatica, trattenne le lacrime. Da un giorno all’altro le persone erano diventate predatori o prede. Ma lui non voleva essere né l’una né l’altra cosa.” (pag. 250)

Quel viaggio di millecinquecento chilometri rappresenterà una vera e propria discesa all’Inferno per il dottor Abbott, che si troverà a dover fronteggiare ogni difficoltà immaginabile in una nazione allo sbando, in pieno blackout di democrazia e sicurezza, dove la legge del più forte è l’unica ammessa. Durante quel viaggio estenuante dovrà barattare più e più volte la sopravvivenza sua e dei suoi cari con la riuscita dell’impresa medica.

CATASTROFISMO IN PURO STILE YANKEE

Immaginate lo sgomento di rimanere coscienti durante un simile cataclisma sociale e di vedere i vostri cari o le persone che stimate perdere completamente la memoria di chi siano, come si chiamino e di chi siate voi per loro. Immaginate che l’80 per cento della popolazione della vostra nazione non sappia più parlare, dato che memoria e linguaggio sono strettamente connessi. Immaginate di vederli preda dei loro istinti primordiali e più bassi (dal cannibalismo alla violenza sessuale sui propri cari) e di doverli rinchiudere a chiave per non farli uscire di casa e vagare senza meta, rischiando di essere prede di altri “animali” come loro, affamati e disorientati. Immaginate l’impotenza nel non poter reagire alla violenza con la violenza perché non sapete neanche maneggiare un’arma per legittima difesa, mentre tutti posseggono arsenali in casa. Immaginate di intraprendere un viaggio in macchina durante un blackout elettrico, con auto che vi affiancano e vi sparano per tentare di rapinare i pochi viveri che avete con voi. Immaginate di essere fatti prigionieri e divisi dalla vostra famiglia per settimane da una banda di scalmanati che recluta giovani malati per creare il proprio esercito. Immaginate di perdere assieme alla speranza anche pezzi della vostra famiglia e della vostra vita. Immaginate che ogni potere dello stato si sia liquefatto e che non esista più chi vi governa o chi vi protegge. Immaginate ancora di essere vittima di un incidente in elicottero e di restare feriti. Immaginate che tutto questo avviene solo fino a metà libro… Il buon Cooper non vi ha già gettato nel panico più cupo?

Proviamo a rilassarci un po’, cercando di indovinare chi potrebbe essere il protagonista di questa tragedia sulla scena, un aitante ma espressivo attore cinquantenne che possa trasformarsi nel dottor Jamie Abbott in men che non si dica. Non so a chi abbiate pensato voi, ma il mio candidato sarebbe Michael Fassbender. Il condizionale è d’obbligo perché, pur adattandosi alla perfezione a un colossal del genere apocalittico, dubito che Hollywood se la senta a breve di portare sullo schermo una vicenda così estrema come Clean-Tabula rasa.

Voglio essere franca: questo libro è destabilizzante di per sé, ma letto durante l’epidemia di Covid-19 che sta colpendo ancora in tutto il mondo diventa oltremodo ansiogeno.

Non si può, però, tacciare Cooper di aver fatto un’operazione di marketing facile facile perché il libro è stato consegnato all’editore ben prima che partisse l’emergenza sanitaria che tutti ben conosciamo.

Forte, magari, della propria esperienza in campo lavorativo (è nel campo delle bioscienze da decenni, oltre ad essere il grande scrittore che tutto il mondo ama dai tempi de La Biblioteca dei morti) ha avuto il grande intuito di prospettare scenari estremi, ma assolutamente congruenti con l’epidemia dell’immaginario virus da lui descritto.

Le pagine scorrono veloci e di azione nel romanzo ce n’è a bizzeffe, ma i momenti di riflessione veri e propri sono rari. Si potrebbe confutare questa mia sensazione dicendo che l’azione è talmente incalzante che i pochi protagonisti, che conservano intatte le proprie facoltà mentali, abbiano ben altro da fare che mettersi a filosofeggiare. Lo ammetto, ma durante la prigionia o i momenti di stasi mi sarebbe piaciuto che Cooper avesse dato maggior conto dei pensieri più profondi e delle motivazioni di tanti personaggi.

Anche perché tantissimi sono gli argomenti da estrapolare in pillole lungo tutta la narrazione.

Penso al valore etico della ricerca scientifica (“Non avevi nessun diritto di giocare col DNA e col virus in quel modo. Tu sei andato a rompere le scatole a Madre Natura e lei ce l’ha fatta pagare a tutti”), allo sgomento del medico nel constatare a quale terribile diagnosi i suoi pazienti stanno andando incontro (“Ciononostante si voltò verso i giovani seduti accanto a lui. Le loro espressioni erano indecifrabili, non tradivano nulla di ciò che succedeva nelle loro menti. Chi era il ragazzone biondo con le mani grandi e le nocche arrossate? Com’era stata la sua vita fino a qualche settimana prima quando il mondo era finito sottosopra? E quello smilzo con capelli lunghi e con una giacca a quadretti di due taglie troppo grande? E il grassottello con la barba incolta e le guance rosse come mele? Chi erano? Erano destinati a ricordare solo quella versione delle proprie vite, come soldati di una causa che non gli apparteneva?”), alla sconvolgente opportunità di riprogrammazione di esseri umani (“Abbiamo capito che la mente di Valerie era una tabula rasa, sgombra e pronta a ricevere nozioni e conoscenza. Le nozioni giuste, non il sudiciume e le stupidaggini con cui ci bombardavano i media, plagiando i nostri giovani”), la disperata paura di perdere sé stessi (“Pensò all’eventualità di ammalarsi anche lei, e si chiese come si sarebbe sentita quando l’ultimo granello di memoria fosse caduto dall’ampolla superiore della clessidra. Avrebbe avuto ancora idea di chi era, di chi era stata?”).

DONNE DA THRILLER

E’ vero che il protagonista assoluto del libro è il dottor Jamie Abbott, ma è pur vero che i personaggi femminili spiccano per coraggio e intraprendenza, forza mentale e fisica, spesso unita a un’invidiabile capacità di menar le mani e sparare all’impazzata. Non a caso Cooper fa ammettere al suo protagonista, già a pagina 76, che “avere un cromosoma Y non vuol dire essere un cuor di leone”.

Anche lui è cosciente, secondo me, di aver creato una carrellata di donne che non dimenticherete molto facilmente, a partire dalla poliziotta Linda, prima compagna di disavventura di Abbott, fino a Gretchen Mellon, la “tata” della sanguinaria famiglia Edison, passando per Gloria Morningside, l’ultimo Presidente americano coinvolto nelle vicende dell’epidemia. Perfino l’introversa e tremebonda dottoressa Alexander troverà la motivazione per usare le armi!

Note della Rossachescrivegialli: “Concittadini americani, non era mia intenzione…” (pag. 168). E’ da molto che giro mentalmente intorno alla questione Concittadini o Connazionali, riferito ad appartenenti alla stessa Nazione e, pur essendo cosciente che a) la lingua parlata si evolve velocemente; b) anche l’Accademia della Crusca ha dato il suo beneplacito all’utilizzo di entrambi i termini, citando l’autorevole fonte dei discorsi alla Nazione del Presidente Mattarella; c) che sia stato dato ampio margine alla nostra traduttrice per scegliere la parola italiana corrispondente, perché in Inglese Cooper potrebbe aver usato l’espressione My Fellow Americans che non dirime la questione; tutto ciò premesso, dichiaro che la parola Concittadini in luogo di Connazionali mi fa venire la pelle d’oca come lo stridio del gesso sulla lavagna!

Incipit: Sembrava un animale che sbatteva contro le sbarre di una gabbia. La donna aveva le mani fragili e percorse da vene bluastre, strette intorno alle sponde del letto da ospedale, e cercava di piegarle con tutta la forza del suo corpo emaciato. Quel frastuono risalì il corridoio vuoto e giunse fino alla stanza delle infermiere. “Eccola che ci riprova”, disse l’infermiera più giovane. La caposala non alzò nemmeno gli occhi dal foglio. “E’ sicura che non possiamo immobilizzarla?” chiese la ragazza.

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Clean. Tabula rasa
  • Cooper, Glenn (Autore)

Articolo protocollato da Monica Bartolini

Monica Bartolini (Roma 1964) si afferma nel mondo della scrittura gialla con i romanzi della serie del Maresciallo Nunzio Piscopo (Interno 8 e Le geometrie dell'animo omicida, quest'ultimo finalista al Premio Tedeschi nel 2011). Nel 2010 vince il Gran Giallo Città di Cattolica per il miglior racconto italiano in ambito mystery con il racconto Cumino assassino, compreso nell'antologia 10 Piccole indagini (Delos Digital, 2020). Autrice eclettica, per I Buoni Cugini Editori pubblica nel 2016 Persistenti tracce di antichi dolori, una raffinata raccolta di racconti gialli storici che ha per filo conduttore le vicende legate al ritrovamento di alcuni reperti storici, che ancora oggi fanno bella mostra di sé nelle teche dei musei di tutto il mondo, e nel 2019 la terza investigazione del suo Maresciallo dal titolo Per interposta persona. Collabora con i siti www.thrillercafe.it e www.wlibri.com per le recensioni ed è membro dell'Associazione Piccoli Maestri - Una scuola di lettura per ragazzi e ragazze che si occupa di leggere i classici nelle scuole italiane. Bibliografia completa in www.monicabartolini.it Contatti: [email protected]

Monica Bartolini ha scritto 99 articoli: