Tra i numerosi comunicati stampa che mi arrivano settimanalmente dagli editori, uno di quelli che più mi ha colpito è stato quello relativo a Come doveva finire, secondo romanzo di Alberto Gentili edito da Garzanti. Si tratta di una storia di adolescenti, cupa e pregna di disagio. Una realtà con cui purtroppo è spesso difficile confrontarsi per la sua problematicità e quasi impenetrabilità; una realtà in cui difficoltà oggettive si mischiano ad altre percepite e ingigantite che fa da sfondo a un’indagine di polizia avvincente e piena di sorprese.
La trama, se siete curiosi come me, è questa:
Luca Mancini, detto “Chat”, è il buttafuori di una discoteca frequentata dagli adolescenti. O almeno lo era, finché non gli hanno sfondato il cranio. Per il commissario Cappa e il suo vice Berti, l’indagine parte dal Peter Pan, il locale dove lavorava Chat. E dai ragazzi e dalle ragazze che il sabato mattina vanno a scuola e il pomeriggio affollano la discoteca. È proprio nei luoghi come il Peter Pan che scatta la trappola delle tre s: soldi sesso & sostanze. Il tutto condito da una quarta s, quella di social network, capace di rendere la miscela ancora più opaca e inquietante. “Come doveva finire” ci guida, con la tensione di un’inchiesta difficile, all’interno di un mondo insieme vicino e lontano, chiuso in sé stesso: quello degli adolescenti, con i loro sogni e le loro ferite, i loro riti e le loro prepotenze, le loro arroganze e la loro ingenuità, spesso vissute in vite parallele. Cappa e Alessia, la mamma di Anna, una delle ragazze più carine del Peter Pan, scopriranno quello che si nasconde sotto una apparente normalità. Un vero inferno, un labirinto di torbido disagio che solo la cronaca nera riesce a illuminare.
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