Cambio di tematica e contemporaneamente di scuderia italiana per l’ottimo Rory Clements che con Corpus passa da Piemme a La Corte Editore e dall’Inghilterra elisabettiana a quella degli anni che precedono la Seconda Guerra Mondiale.
Se già Clements ci aveva convinto con la sua serie dedicata alla spia elisabettiana John Shakespeare, protagonista di ben sette romanzi dal 2009 al 2015, ecco che con questo cambiamento stupisce e ci affascina ancora di più, vuoi perché affronta un anno di importanza cruciale per l’Inghilterra e il mondo intero, il 1936, vuoi perché il suo nuovo protagonista, Thomas Wilde, è un professore di storia che, con una azzeccata scelta metanarrativa, ha studiato e conosce molto bene la figura di Francis Walsingham, la migliore spia al servizio della regina Elisabetta.
Corpus è romanzo densissimo: molti i personaggi, tante le sotto trame e situazioni personali così come molti gli intrecci dal respiro più ampio, nazionale e internazionale, e anche se già ci aveva ben abituati con le precedenti opere, si rimane ammirati dalla capacità dell’autore di gestire con eguale sapienza tanto il micro quanto il macro. Ma prima di addentrarci ulteriormente, diamo un’occhiata alla trama di Corpus.
1936: sull’Europa e sul mondo si addensano le nubi della futura guerra e a Berlino Nancy Hereward, una giovane idealista con principi di sinistra e un debole per gli oppiacei riesce ad aiutare uno scienziato ebreo consegnandogli importanti documenti.
Dopo qualche tempo Nancy verrà trovata cadavere nella sua camera a Cambridge, una siringa in mano, a suggerire un’overdose che potrebbe benissimo non essere così accidentale. A trovarla la sua amica Lydia, che sospetta che si tratti di omicidio e chiede aiuto al suo vicino, Thomas Wilde, professore di storia, ex pugile, birdwatcher e appassionato di motociclette. Lydia è anche amica di Margot Langley e poco tempo dopo entrambi i genitori di Margot saranno assassinati in quello che sembra un omicidio politico.
Thomas Wilde comincia a indagare contando sulla collaborazione con un giornalista del Times, Philip Eaton, il tutto mentre in Inghilterra la monarchia attraversa la sua crisi più buia e profonda e in Spagna comunismo e fascismo fanno le prime prove tecniche di scontro mondiale.
Wilde si convincerà sempre di più dei collegamenti fra le tre morti e si troverà sempre più immerso in una ragnatela di cospirazioni e spionaggio, potendo constatare direttamente quanto destra e sinistra stiano dividendo persino i suoi studenti.
Rory Clements compie un salto di più di 350 anni rispetto alla sua serie precedente ma non mostra alcuna esitazione o disagio di fronte a questo balzo e anzi, semmai capitalizza sull’esperienza passata, mostrando una gestione ancora più accurata degli elementi storici e un controllo totale dei vai intrecci.
Qualche paragrafo prima parlavo di micro e di macro e di come Clements sia abile in entrambe le dimensioni. Prendiamo per esempio il suo nuovo protagonista, Thomas Wilde: difficile scegliere un personaggio migliore per questa situazione, per questo luogo geografico e per il momento storico prescelto: privo di una identità “nazionale” ben precisa (è statunitense con sangue irlandese) e dotato, grazie alla sua stessa professione, del necessario distacco e analisi, è “estraneo” sia alle possibili passioni inglesi che agli estremismi ideologici di destra o sinistra.
Questo dato, unito al fatto che la sua specializzazione lo porta ad avere una naturale predilezione per l’indagine e aggiunto a delle (forse troppo comode, dal punto di vista della costruzione del personaggio) esperienze nella boxe, lo trasforma in un naturale antieroe in grado di destreggiarsi con razionalità in un periodo storico che, ahimè, di razionalità ne ha conosciuta ben poca.
A un personaggio riuscito si aggiunge un ricco cast di comprimari, forse troppo ricco per il gusto di qualche lettore: in Corpus accadono molte cose a tante persone e a tratti può risultare complesso tenere traccia di tutto, ma se non ci lasciamo scoraggiare scopriremo che, quasi sempre, la complessità è positiva, è un bene, rispecchia la natura del reale ed è meglio imparare a confrontarsi con essa, abituarsi, amarla, sceglierla sopra storie più facili, meno originali, più abitudinarie e già lette. Insomma, a un maggiore sforzo del lettore corrisponde inevitabilmente un maggiore godimento.
Abbiamo quindi un protagonista e vari comprimari ben tratteggiati: cosa farne? Semplice, li facciamo muovere sullo sfondo di uno dei periodi, torna questo aggettivo, più complessi della Storia. Nel 1936 tutto sta precipitando e collidendo con velocità: nel luglio di quell’anno in Spagna si apre un conflitto che farà capire al mondo, perlomeno a quelli che ancora non lo avevano ben chiaro, le tremende brutture che lo aspettano.
I nazionalisti di Franco si scontrano con i repubblicani ed entrambi i fronti troveranno collaborazioni internazionali da molti Paesi, trasformando una guerra civile nel simbolo del più importante scontro ideologico del secolo, quello fra fascismo e comunismo. In agosto, alle Olimpiadi di Berlino, Jesse Owens vince quattro ori e spiega, con estrema semplicità e senza tante parole, quanto sia tragicamente sbagliata e disumana la visione di Hitler. A ottobre l’Italia, ormai nel quindicesimo anno dell’era fascista, sottoscrive lo sciagurato asse Roma-Berlino. Che anno…
Ma non basta, torniamo un attimo indietro: il 20 gennaio Edoardo VIII è incoronato re del Regno Unito dopo la morte di suo padre, Giorgio V. Edoardo VII è figura controversa, con spiccate simpatie naziste e, i suoi sudditi ancora non lo sanno, vuole abdicare per sposarsi con un’americana, Wallis Simpson. Lo farà verso fine anno, l’11 dicembre.
Lo ripeto: che anno…
E Rory Clements sceglie di scrivere un romanzo, sul 1936. Molti critici, nell’encomiare Corpus, hanno scomodato quello che per il sottoscritto è il migliore autore di spy story di sempre, John Le Carré. Lo trovo un paragone azzeccato: entrambi forti di una grande preparazione e studio, entrambi convinti che le ideologie siano sostanzialmente simili fra loro e nemiche dell’uomo, entrambi amanti delle sfumature e delle scale di grigi e nemici del bianco e nero. Entrambi in grado di regalarci, prima di tutto e sopra ogni altra cosa, una storia appassionante e coinvolgente, ma che offre anche sottotesti e lezioni importanti.
È quindi inevitabile che, come ho amato La spia che venne dal freddo, mi sia piaciuto anche Corpus, seppur con tutti i necessari e dovuti distinguo. E credo che entrambi siano romanzi in grado di farci del bene, da leggere ora ancora di più che in tanti altri momenti, visto che a quanto pare non riusciamo davvero a imparare nulla dalla Storia e ci stiamo avviando a ripetere terribili errori del passato che pensavamo superati per sempre.
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