Oggi su Thriller Cafè recensiamo un diabolico classico di Harry Kressing appena riedito da Edizioni e/o: Il cuoco.
Una cittadina, Cobb, due antiche famiglie che si odiavano, Hill e Vale, ed un castello che per volere dell’anziano fondatore del paese non potrà essere abitato finché quei due ceppi non si uniranno con un matrimonio. Il momento delle nozze pacificatrici sembra giunto ma, all’improvviso, la probabile futura sposa Daphne comincia ad ingrassare terribilmente, tanto da doversi nascondere in casa cancellando la possibilità di essere scelta da Harold, l’erede dell’altra famiglia.
In questa ambientazione senza tempo Harry Kressing fa irrompere il perturbante Conrad: con l’aspetto più da becchino che da cuoco, egli è in effetti stato assunto dagli Hill per badare alle cucine. Misterioso, burbero e altezzoso, di lui sappiamo solo che è un benestante decaduto e che è bravissimo, oltre che molto esigente, nel suo lavoro. Infatti, dopo la prima impressione negativa che suscita coi suoi modi in chi lo incontra, Conrad conquista tutti grazie agli intingoli che prepara. Eppure a muovere il protagonista non sembra essere una filosofia o una poetica del mangiare bene, quanto piuttosto un principio di efficienza e calcoli più luciferini. Se c’è magia nella cucina di Conrad, si tratta di magia nera. Nulla è impossibile per questo chef, neanche far dimagrire la pingue Daphne, che infatti grazie alle nuove ricette comincia a perdere peso, alimentando i sogni di matrimonio a lungo rimandati.
In questo libro dalle atmosfere e dallo stile ottocenteschi costruito su descrizioni puntuali e ammorbidito da una prosa leggera, non sembra esserci nulla di particolarmente enigmatico, eppure lentamente si percepisce che qualcosa non torna nel magnetismo inspiegabile del protagonista, che non dà soddisfazione a nessuno ed ottiene ciò che vuole forzando ai suoi desideri tutti gli abitanti di Cobb, in una maniera che diventa sottilmente disturbante.
Inevitabile che il nuovo arrivato finisca per scontrarsi con Brogg, il cuoco che lo ha preceduto. In una scena memorabile, degna di Tarantino, Conrad libererà tutto il potenziale di violenza al quale il suo atteggiamento aveva alluso fino quel momento. La freddezza che mantiene nel punire il suo rivale nel peggiore dei modi non fa che aumentare i brividi suscitati nel lettore da questo ambiguo personaggio.
Il lettore resta disorientato da Conrad: è evidente il suo carattere manipolatorio ma resta incomprensibile il suo fine. Introduce, lentamente ma in maniera decisa e inesorabile, una sovversione dell’ordine gerarchico, assoggettando alla sua volontà i padroni di casa. Ma chi è realmente e dove vuole arrivare? Nonostante l’oscurità del protagonista e la presenza di qualche delitto, non possiamo certo definire questa strana opera un noir. Se dobbiamo etichettarla mantenendo un riferimento a quel pigmento, potremmo parlare di favola nera, che racconta il lato sordido del cibo lasciando intatto fino alla fine il suo insondabile mistero.
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