Romanzo d’esordio di Stefano Caso, recensiamo oggi D’amore non si muore, edito da Rusconi.
Titolo: D’amore non si muore
Autore: Stefano Caso
Editore: Rusconi libri (collana Narrativa Rusconi)
Anno: 202
Commento:
Un bel romanzo d’esordio, quello di Stefano Caso. Un giallo italiano, col respiro del grande giallo classico dove il finale consolatorio ci riconsegna i protagonisti apparentemente uguali a come li avevamo incontrati all’inizio della storia ma in realtà molto diversi, cambiati dalle vicende di cui sono stati protagonisti.
La trasformazione umana e professionale della straordinaria protagonista del romanzo, Betty Cabrini – che con buona pace delle sue inclinazioni omosessuali mi ha fatto sognare ad occhi aperti – diventa lo specchio del cambiamento di tutti quanti gli altri personaggi coinvolti nella storia.
Un giallo che tuttavia ammicca al noir nel momento in cui la protagonista, più che un eroina, è una vera e propria antieroina: delusa, disincantata, cinica, lesbica e sull’orlo dell’alcolismo. E anche i suoi sgangherati compagni di avventura, che pure non hanno gli stessi suoi problemi e i gli stessi suoi gusti nelle questioni di letto, non brillano di certo. Sono degli imbranati: due di loro, Adelmo e Luiso, sono ragazzi sfigati perseguitati uno dal fatto di essere di colore e l’altro da un nome da donna appioppatogli per sbaglio, impacciati e comici da fare tenerezza; l’altro, Emiliano, è uno spaccone vanitoso e pieno di sé che ha lasciato la sua città e il suo lavoro di cronista per un posto da addetto stampa.
Insomma, non stiamo parlando propriamente di un reparto della S.W.A.T. Eppure, questa banda di imbranati e incoscienti funziona e lo fa alla grande!
Si potrebbe quasi dire che Caso abbia messo in pratica in questo libro una sorta di chimica della narrativa, mescolando insieme elementi che tra loro, apparentemente, non c’entravano niente, per ottenere il prodotto finale di un giallo brillante, originale, che a tratti diverte e a tratti tiene col fiato sospeso come deve fare un giallo.
Impossibile non affezionarsi ai due ragazzi, sorridere delle spacconate di Leda, ma soprattutto è impossibile non innamorarsi di lei: Betty Cabrini.
E chi se ne frega che se si tratta di un amore che non sarà mai corrisposto. Perché Betty è cinica, ma quando piange ti spezza il cuore; è delusa, ma non smette di cercare l’amore; è disincantata, ma una volta riscoperto il piacere adrenalinico del giornalismo investigativo è un pit bull che non molla la presa. Betty ti entra nel cuore per prenderti in giro, perché tanto a te che sei uomo non te la darà mai. Betty odora di doccia, di grappa e di sigarette, eppure è come se si fosse messa addosso Chanel n° 5. Betty è indimenticabile, dice bene Marilù Oliva nel suo commento in quarta di copertina. Betty è… Betty, punto.
E che dire di Adelmo e Luiso? Due sfigati, che però di fronte all’immagine di una giovane donna moribonda, invece di voltarle le spalle decidono di cercare il suo assassino. Due sfigati, che non si danno per vinti di fronte allo scetticismo della Polizia. Due sfigati, che rispettano la cameriera di un pub vessata dagli apprezzamenti dei clienti maleducati e sono gentili con lei. Due sfigati che sfigati, non lo sono affatto. Sono in gamba, sono coraggiosi – quanto possono esserlo due ragazzi normali alle prese con i normali problemi della loro età, ma lo sono davvero – sono perbene e soprattutto sono intenzionati a finire quello che hanno iniziato, anche chiedendo aiuto alla Cabrini (con la quale il piede di partenza non è stato propriamente quello giusto).
Leda? Lui è un discorso a parte, perché conoscere un autore ti porta sempre a fare delle sovrapposizioni che non vorresti fare ma che sono inevitabili. Lascio ai molti lettori che non conoscono personalmente Stefano Caso la possibilità di farsi un idea su questo personaggio leggendo il libro. Sono certo che non resteranno delusi, perché anche Leda è un tipo forte. Non come la Betty – è così evidente che ne sono innamorato? – ma insomma fa il suo, alla bisogna.
Tutti gli altri personaggi sono asteroidi vaganti nella microgalassia principale formata dai quattro moschettieri di cui sopra, e tuttavia sono ben caratterizzati, interessanti, funzionali agli scopi della trama.
Quest’ultima, poi, è ben costruita, solida ma assolutamente non pesante, col funzionamento coperto di un buon giallo in cui il mistero del colpevole si scopre solo alla fine. Come deve essere.
La lettura procede scorrevole e godibile, regalandoci momenti di piacere e di suspance autentici.
Un’altra cosa che colpisce ed è molto interessante, a mio giudizio, è l’attenzione riservata alla musica. Il romanzo possiede una propria e ben definita colonna sonora. Ogni volta che i protagonisti si trovano in un luogo in cui c’è della musica, l’autore ci fornisce autore e titolo della canzone che sta suonando in quel momento, con una predilezione particolare la musica targata anni ’70 che invita a sintonizzare il proprio lettore di file Mp3 (per gli amanti del vintage, il proprio lettore di CD-Rom) sulla canzone in questione per meglio immergersi nell’atmosfera di quella particolare scena o dialogo.
In conclusione, consiglio questo libro a tutti quelli che cercano una lettura bella e pulita, libera da quei cliché di violenza gratuita che caratterizzano (e affliggono) molta della produzione noir degli ultimi tempi. Una lettura di qualità. Un giallo italiano brillante.
Trama in sintesi:
“Sto arrivando, Vanessa”, pensa Bruno Boldori prima di morire annegato nelle fetide acque del Po. Un suicidio espiatorio? È una notte d’inverno e circa un’ora prima, alla Crazy Tower, birreria di Cremona, il ragazzo viene visto litigare con la splendida Vanessa Moruzzi, sua ex fidanzata che da qualche giorno lo ha lasciato. Una discussione proseguita in strada, dove, pochi minuti dopo, la ragazza viene ritrovata moribonda. «Non è stato lui..» sono le ultime parole di Vanessa. Parole a cui la Polizia non da credito, ma che convincono Adelmo Rocchi e Luiso De Vito, giovane coppia di amici che ha assistito in birreria alle ultime fasi della vicenda, a indagare per smantellare l’ipotesi dell’omicidio passionale. Le goffe e maldestre ricerche dei due ragazzi coinvolgono ben presto Betty Cabrini, cinica giornalista sull’orlo dell’alcolismo e alle prese con le proprie delusioni omosessuali. A sostegno di questa originale triade di investigatori arriva anche Emiliano Leda, sanguigno e sbruffone ex collega della Cabrini, emigrato da qualche anno nell’estremo Nordest. Ma saranno soprattutto le intuizioni e la trasformazione interiore e professionale di Betty Cabrini che porteranno nuovi preziosi tasselli alle indagini. Tra sbirri catarrosi, commesse frustrate, prosperose cameriere e vecchietti solitari e nottambuli, la Cabrini e i suoi tre ‘scudieri’ giungeranno così a scoprire la verità.
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