danilo aronaDanilo Arona è ospite oggi al Thriller Cafè. Autore poliedrico e prolifico, Arona è stato intervistato da Eduardo Vitolo che nel corso di una lunga chiacchierata ha toccato diversi punti, riguardo alla sua produzione letteraria e non solo. Uno scambio di vedute davvero interessante.

Arona le aspettative le mantiene sempre (Eduardo Vitolo)

[EV] Salve Danilo. Nel preambolo a questa intervista mi sono chiesto perché tutti gli scrittori Horror/thriller della nostra penisola ambiscano a farsi riconoscere come i “nuovi Stephen King”. Se dovessi scegliere un termine di paragone per la tua lunga carriera allora sceglierei Dean Koontz o Peter Straub. Autori molto prolifici con una forte soggettività ed eterogeneità di interessi. Concordi? Oppure reclami la tua identità di autore?
[DA] Credo sia un autogoal far riferimento ai grandi scrittori americani di genere. Gli italiani che scrivono horror e thriller stanno, nel bene o nel male, su un altro pianeta. Hanno riferimenti antropologici diversissimi, un forte radicamento nel folclore territoriale, una cultura di fondo sovente “alta”, il segno molte volte politico… Gli americani vanno più al sodo, inseguono il mercato (per carità, non tutti…), utilizzano archetipi “sicuri” senza neppure osare a proporne di nuovi. Questo per riaffermare differenze e svuotare di senso gli slogan del marketing, se riferiti a un italiano, tipo “il nuovo Stephen King”. Io, per quel che posso, guardo dentro me stesso (dove sta a ribollire un magma senza dubbio più cinematografico che letterario). Io sono io, con una mia identità, che questa piaccia o meno. Sono uno che tenta di proporre qualcosa di nuovo, e il farlo tramite l’horror e il gotico moderno è un’operazione non esente da rischi. In ogni caso, per non sottrarmi alla domanda, tra Koontz e Straub, preferisco il secondo. E di sicuro un capolavoro assoluto come La casa dei fantasmi mi ha lasciato qualche utile segno. Così pure il rabbrividente Koko, una delle più acute riflessioni sul Vietnam in salsa horror.

[EV] Ho da poco finito di leggere il tuo nuovo romanzo La Croce sulle labbra, pubblicato nella collana Segretissimo Mondadori curata da Alan D. Altieri. Ho immediatamente notato che rispetto al suo predecessore Finis Terrae, sembra avere un respiro più ampio. Sebbene ambientato per buona parte nella città di Milano (e non la tua famosa Bassavilla, alias Alessandria e dintorni…) la descrivi in un modo che potrebbe essere qualsiasi metropoli mondiale. Come se di fronte a un orrore più grande qualsiasi identità e provincialismo si azzerassero…
[DA] La croce sulle labbra segue l’uscita di Finis Terrae, è vero, ma queste sono le bizze dei tempi editoriali ai quali l’autore nulla può opporre. La croce sulle labbra è stato scritto (a quattro mani con Edo Rosati) nella seconda metà degli anni novanta. Sulla carta è “vecchio”, ma era – e persiste ad essere – talmente profetico che tutti lo hanno pensato prodotto nel 2007. In ogni caso le tue considerazioni sono più che plausibili e le sposo in pieno: la globalizzazione del terrore azzera il provincialismo e le identità. Ci sarebbe da chiedersi perché ho pensato di farlo negli anni novanta, tornando poi a “Bassavilla” nel Duemila… In realtà, penso, di essere attratto dalla possibilità di proporre un prodotto che possa anche avere un senso sul mercato internazionale. Che possa venire “esportato”. Ed è più facile condurre il gioco all’interno del set metropolitano, quale che sia.

[EV] Stessa cosa l’ho notata con la tua storica rubrica del mistero che hai portato avanti per anni su Carmilla on line (diretta da Valerio Evangelisti): Cronache di Bassavilla. Dopo averla terminata con successo ne hai aperta una nuova, “La Luce Oscura”, che ha una “vocazione” meno regionalistica e nazionale e più improntata ad un’indagine metafisica e universale. Sei d’accordo?
[DA] La Luce Oscura riflette il momento che sto attraversando. Avverto nella cronaca di ogni giorno un’avanzante “Apocalisse Subliminale” di cui tutti si rendono istintivamente conto, ma che pochi riescono a “guardare” in faccia, a decodificare. Di questo tento di parlare nella rubrica che Valerio Evangelisti mi concede da par suo di portare avanti. Ma non ti nascondo, anche perché mi sembra palese, che nella rubrica stessa ci sta un gioco fictional cui i lettori più in sintonia paiono partecipare volentieri.

[EV] Uno dei temi ricorrenti nei tuoi libri (vedi il nuovo Black Magic Woman è stato scritto in tempo reale con la cronaca quotidiana che ci entrava dentro… Una sfida un po’ incosciente. Ma in molti l’hanno amata.

[EV] Una curiosità: molti tuoi personaggi sembrano vivere l’ora del risveglio come un vero e proprio trauma esistenziale. Senza contare il fatto che sembrando quasi dei caffè – addicted. E’ una cosa creata a tavolino oppure è qualcosa di autobiografico?
[DA] Totalmente autobiografico. Non esiste qualcosa di così disastroso per me quanto il risveglio mattutino, sottolineato da un’implacabile sveglia che trilla alle sette (sempre, tutti i giorni tranne la domenica). Perché, accidenti, lavoro e non faccio lo scrittore di professione. Perché vado a dormire sempre tardissimo. La conseguenza è una vita del tutto schizzata, divisa in due o più dimensioni di riferimento, dove riesco non so come a farci stare tutto, dalla contabilità della mia piccola azienda al vento assassino dei Mohave. Dal vedere, se ci riesco, un film al giorno a tutto il resto che rende la vita sopportabile.

[EV] Altra curiosità da lettore: gli autogrill. Un tema ricorrente in quanto crocevia di destini e di percorsi umani spesso al limite. Oasi ambigue e notturne dove può succedere qualsiasi cosa. Non ci crederai ma giorni fa mi sono fermato in autogrill alle tre di notte e immediatamente ho provato un senso di inquietudine misto a euforia. Mi son detto: Arona ci ha centrato in pieno…
[DA] Alle spalle ho un lungo passato di musicista on the road. Di autogrill alle tre di notte ne so qualcosa… Poi, negli anni settanta, mi è capitato di avere una storia con una tipa che poneva come condizione a quel che puoi immaginare il fatto di incontrarci di notte in autostrada, di solito sulla A 26. Appunto, a un autogrill… Una volta uno, la tal volta un altro. Lei arrivava all’ora prefissata (le due, le tre o le quattro) vestita come Satanik in crociera ai Caraibi e non ti dico dalle bocche dei camionisti quel che usciva quando la vedevano entrare… La tipa sosteneva che si eccitava così. Mangiava e beveva come un alpino veneto alla Festa dell’Ombreta e poi voleva andare a vedere l’alba in riviera. Ho ceduto dopo un po’ per esaurimento nervoso e per sballo della curva glicemica. Ma non è che una delle tante storie che possono realmente accadere in quei luoghi ai confini della realtà che sono gli autogrill di notte. Se poi dobbiamo citare un americano che ci ha ricamato un grandissimo racconto, non c’è possibilità di errore: Robert McCammon con Nightcrawlers… Ecco, quello è un modello che mi viaggia sempre per la testa.

[EV] Ultima curiosità: notizie di “Melissa”? Il fiume di notizie ed eventi misteriosi si è arrestato oppure “il mito del fantasma dell’autostrada” continua?
[DA] Continua alla grande nel 2009 grazie a Mondadori. Con un’antologia stuzzicantissima da me curata con una ventina di scrittori miei amici (mica bubbole… Altieri, Di Marino, Cacciatore, Novelli & Zarini, Rosati, Defilippi, Nerozzi e altri ancora, più due donne straordinarie come Claudia Salvatori e Barbara Baraldi, ognuno alle prese con la propria personale versione del “fantasma della strada”) e un nuovo romanzo che s’intitola Blue Siren (che però, mi sa, dovrà slittare al 2010, per “affollamento”). Vediamo, non sono io a decidere le date di uscita.

[EV] Mi ricollego a un discorso che amo molto, quello della Musica. Nei tuoi libri ricorre spesso la figura del chitarrista geniale ma dal destino avverso e pericoloso. E’ una figura che mi affascina parecchio. Come ti è venuta in mente? Per non parlare di Finis Terrae dove addirittura c’è una colonna sonora occulta tra le pagine del libro? Musica e Letteratura, un binomio perfetto?
[DA] Non mi è venuta in mente. Nel senso che, per una certa parte, Casone sono proprio io. Di musica e letteratura scrivo da quando ho iniziato a scrivere. Rock, Il vento urla Mary, Palo Mayombe e anche il recente Caso di Bobby Fuller sono prodotti della mia “metà oscura” di musicista. E’ un mondo che frequento ancora, quello musicale. Solo che è sempre più dura, accidenti…

[EV] Elencami una serie di dischi che hanno ispirato le tue opere letterarie e il cd che non potresti mai togliere dal lettore?
[DA] Tutta l’opera di Jimi Hendrix, senza distinzione fra i titoli, è una continua fonte d’ispirazione. Jimi non era solo il grande funambolo della chitarra elettrica che sappiamo, ma anche un poeta di rara potenza evocativa. A lui, ancora una volta, è dedicata la nuova regeneration de Il vento urla Mary, che sta per uscire nella collana La congrega di mezzanotte, curata dall’amico Walter Diociaiuti per i tipi di Phasar. Nuovo titolo “rigenerato”: Ancora il vento piange Mary. Ho un’anima underground alla quale non intendo rinunciare…

[EV] Ultima domanda. Si dice che i poeti e gli scrittori (ma anche i musicisti) siano esploratori di “altri” mondi che suscitano fascino e terrore allo stesso tempo. Danilo Arona ha trovato il suo mondo o lo sta ancora cercando?
[DA] Non lo so. A quei mondi cui alludi forse mi collego, scrivendo. Ma per forza di cose questa resta solo un’ipotesi. Né sono certo di “cercarli”. A dire il vero, nella realtà – nella fisicità della medesima – ci sto alla grande, nonostante un certo disgusto che mi suscitano certi eventi e certi personaggi. Che dirti? Secondo me bisognerebbe rovesciare la domanda: quel mondo che mi sta dando la caccia ce la farà a scovarmi? Così mi pare più interessante. E la lascio per forza di cose senza risposta.

[EV] Danilo. Grazie di cuore per la chiacchierata. Lasciamoci, delineando i tuoi progetti futuri…
[DA] Uno solo, cui sto dando proprio in questi giorni le pennellate finali. Un romanzo molto lungo, intimo, di quattrocento pagine che esce a maggio del 2009. Un lavoro in cui, forse, ci stanno tutte le risposte alle domande lasciate in sospeso nei precedenti miei titoli. Ma ne parleremo a tempo debito. Sarai tra i primi a saperne di più.

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Articolo protocollato da Giuseppe Pastore

Da sempre lettore accanito, Giuseppe Pastore si diletta anche a scrivere e ha pubblicato alcuni racconti su antologie e riviste e ottenuto vittorie e piazzamenti in numerosi concorsi letterari. E' autore (assieme a S. Valbonesi) del saggio "In due si uccide meglio", dedicato ai serial killer in coppia. Dal 2008 gestisce il ThrillerCafé, il locale virtuale dedicato al thriller più noto del web.

Giuseppe Pastore ha scritto 1638 articoli: