Un delitto in OlandaUn crime en Hollande è l’ottavo romanzo della saga Maigret. L’opera fu scritta da Georges Simenon nel maggio del 1931 a bordo dell’Ostrogoth a Morsang-sur-Seine e pubblicata nel luglio dello stesso anno per l’editore Fayard.
Mondadori lo pubblicò per la prima volta in Italia nel 1933, con il titolo Un delitto in Olanda (traduzione di Guido Cantini) nella collana “I libri neri. I romanzi polizieschi di Georges Simenon”; due anni dopo, nel 1935, nella collana “I Gialli Economici Mondadori”; nel 1947, 1952 e 1961 nella collana “Omnibus Mondadori – L’ispettore Maigret”. Sempre per lo stesso editore, il romanzo fu ripubblicato nel 1960, con una nuova traduzione di Claretta Agostoni e un nuovo titolo, Maigret in Olanda (I° Edizione “B.E.M. – Il Girasole” numero 132, febbraio 1960; I° Edizione “I Romanzi di Simenon”, aprile 1962; I° Edizione “Le inchieste del Commissario Maigret”, numero 6, maggio 1966; I° Edizione “Gli Oscar”, numero 840, febbraio 1978; I° Edizione “Oscar Gialli”, novembre 1988).
Nel 1996, Adelphi ripropone il romanzo nella collana gli “Adelphi – Le inchieste di Maigret”, con il titolo Un delitto in Olanda (traduzione di Ida Sassi).

Trama

Jean Duclos, professore di criminologia presso l’Università di Nancy, si trova a Delfzijl per una conferenza sulla responsabilità dei criminali per le loro azioni. Alla fine della conferenza, il suo ospite Conrad Popinga, professore presso l’Accademia Navale della città, viene assassinato. Duclos viene trovato con l’arma del delitto in mano, pochi istanti dopo che il colpo è stato sparato. Sospettato di omicidio dalla polizia olandese, Duclos chiede che un membro della Polizia giudiziaria francese sia mandato in missione a Delfzijl. Maigret viene incaricato in via ufficiosa del caso e mandato in Olanda.
Duclos non è l’unico sospettato: in una delle stanze della casa di Popinga, da dove pare essere partito il colpo, viene trovato un cappello che appartiene a Oosting, un anziano marinaio. Il berretto di Oosting sulla scena del delitto, però, non convince Maigret: si tratta di una prova che pare essere stata lasciata con l’intenzione di confondere la polizia.
Mentre le indagini proseguono, il commissario si rende conto che sono molte le persone che avrebbero avuto motivo di uccidere Conrad Popinga: Liesbeth Popinga, moglie della vittima, sapeva che il marito la tradiva con la giovane Beettje; quest’ultima era adirata con Conrad perché non si decideva a lasciare la moglie; Liewen, il padre di Beettje, sapeva della relazione e la osteggiava fortemente; il giovane studente Cornelius Barens, innamorato di Beettje, era anche a lui a conoscenza della relazione.
Maigret si aggira per il villaggio con la sua solita flemma sorniona. Da occhiate distratte ai rapporti della polizia, sorride condiscendente e intanto scruta e ascolta attento tutto ciò che gli accade intorno. Alla fine riunisce tutti i sospettati sul luogo del delitto, pronto a svelare il nome dell’assassino. Maigret, infatti, organizza una specie di moderna seduta di psicoterapia di gruppo, durante la quale le persone sono costrette a rivivere le ultime ore di vita della vittima. Persino uno dei convenuti si accorge dell’intento del commissario:

«Ora ho capito il suo metodo, che non è certo nuovo! Terrorizzare il colpevole, suggestionarlo, ricreargli intorno l’atmosfera del delitto per costringerlo a confessare… Trattati in questo modo, può capitare che alcuni ripetano senza volerlo gli stessi gesti…».

Perché leggere Un delitto in Olanda?

Un delitto in Olanda non è uno dei romanzi più riusciti della sagra Maigret, soprattutto per quanto riguarda il plot giallo. I capitoli si snodano piuttosto noiosi sino al finale, che sembra omaggiare le opere di Ellery Queen e Hercule Poirot, con la riunione di tutti i sospetti nel luogo in cui si è svolto il delitto.
Un delitto in Olanda, d’altra parte, è un’opera molto importante per comprendere Simenon e la sua creatura Maigret. Segnaliamo qui due temi tipici della poetica simenoniana:

  • Il realismo balzachiano: personaggi e ambientazione;
  • Il matrimonio e il tradimento.

Il realismo balzachiano di Simenon – personaggi e ambientazione

Carlo Fruttero, parlando di Simenon, ha detto che “il suo è stato l’ultimo occhio ‘balzacchiano’. Solo chi crede nella realtà può riuscire a disegnarla con mezzi così strepitosamente succinti”.
Marcel Aymé, romanziere francese della prima metà del Novecento, scrisse che “Simenon, c’est Balzac moins les longueurs” (Simenon è Balzac senza lungaggini).
Secondo Jean Luc Godard, “in Simenon si realizza la felice unione tra Dostoevskij e Balzac”.
Anaïs Nin disse che Simenon era “il migliore degli scrittori realisti, migliore anche di Zola o di Balzac“.
È stato sottolineato che Simenon in questo romanzo si ispira all’opera di Balzac e alla sua “commedia umana”.Ciò è vero per quanto riguarda il fatto che l’autore belga amava frequentare i luoghi e i personaggi di cui avrebbe poi raccontato nei suoi romanzi, immergendosi negli ambienti e cogliendone la “realtà”, proprio come faceva Balzac; lo è anche quando Simenon crea, come il grande autore francese, dei “tipi umani” che rappresentano con il loro modo di pensare e di fare determinate classi sociali; i due autori si somigliano anche nel prediligere come sfondo delle loro storie la provincia e le campagne della Francia. Simenon disse del suo Maigret:

«L’importante è conoscere. Conoscere l’ambiente in cui il delitto è stato commesso, conoscere il genere di vita, le abitudini, i costumi, le reazioni degli uomini che vi sono coinvolti, vittime, colpevoli o semplici testimoni. Entrare nel loro mondo senza stupirsi, tranquillamente, parlare con naturalezza il loro linguaggio.»

E questo romanzo di Simenon, forse più di altri, potrebbe essere definito una specie di saggio sul comportamento umano. Lo scrittore belga scava nell’animo umano dei personaggi che affollano la scena del piccolo paese olandese, svelandone, al di là della facciata perbenista e puritana, le piccole meschinità, i tradimenti, le bugie e i falsi rapporti umani.
Già nelle prime pagine, Maigret è colto mentre sta leggendo un elenco delle persone “più o meno direttamente coinvolte in quella storia”, ma quei nomi gli dicono ben poco, sono solo dei segni sulla carta. Sarà lui, girando per la città e facendo domande, a trasformare quei nomi in persone. Ecco un elenco dei personaggi principali e del modo in cui Maigret/Simenon ne sviscera la personalità.
Jean Duclos è uno studioso arrogante e pieno di sé, convinto di poter scoprire anche da solo il vero assassino. Simenon pare prendersi un po’ gioco di questo personaggio che sembra vivere più di idee e concetti che di vita reale:

«Non ho scoperto l’assassino, no! Ma forse ho fatto di meglio. Ho analizzato il dramma. L’ho sezionato. Ne ho isolato ogni elemento, e ora…».
«Ora…?».
«Ora sarà certamente un uomo come lei a concludere l’inchiesta sfruttando le mie deduzioni».

È un tema questo che va collegato all’intuizione di Stanley G. Eskin, secondo cui lo scrittore belga aveva una sua “personale concezione dei rapporti che intercorrono tra arte e vita. A un certo punto gli sembra che il proprio impegno in campo letterario sia motivato dalla ricerca di ciò che nell’uomo è essenziale, la sua verità profonda … (Simenon) riscontrando un’incompatibilità tra l’arte e la vita, sceglie categoricamente quest’ultima … In un certo senso Simenon non è un artista. Rivolge uno sguardo penetrante sulle cose che lo circondano ed è estremamente curioso nei confronti dell’essere umano …

(George Simenon, Marsilio 2003, p. 330-331).

Simenon, effettivamente, tra la vita reale e l’arte preferì sempre la prima. La sua vita, i suoi romanzi e soprattutto la sua autobiografia “Memorie intime” ne sono una prova evidente: visse le due grandi guerre, viaggiò moltissimo, scrisse centina di libri, ebbe tre mogli, quattro figli, migliaia di donne. Simenon aveva una evidente avversione per i teorici speculativi e per l’arte fine a se stessa. Lui era un impulsivo che amava vivere intensamente. Nel romanzo, Maigret rappresenta l’uomo pratico e istintivo che risolve i problemi; Duclos, invece, è il teorico che sciorina concetti, che riflette troppo e fatica ad arrivare ad una conclusione.
Liesbeth van Elst è una moglie fedele, che sembra preoccuparsi troppo di ciò che pensa la gente, quasi come se fosse stata ferita più nell’orgoglio che dalla perdita del marito.
Cornelius Barens è un giovane introverso, innamorato senza speranza di Beetje che mal sopporta il suo carattere debole e infantile.

Era proprio un ragazzino! Aveva il viso magro e pallido con i tratti ancora incerti, le spalle strette nell’uniforme aderente. Il berretto da allievo ufficiale lo faceva sembrare ancora più basso: un bambino vestito da marinaio.
In tutto il suo atteggiamento e nell’espressione del suo volto si coglieva la diffidenza. Se Maigret avesse alzato la voce, si sarebbe messo le braccia davanti al viso per parare i colpi!

Any Van Elst è la sorella minore di Liesbeth. È molto giovane ma anche molto brutta; forse per questo è astiosa nei confronti della vita, delle persone, e soprattutto dell’esuberanza sessuale di Beetje. Laureata da poco in giurisprudenza gira per il paese cercando di scoprire l’assassino. Nei suoi confronti Maigret/Simenon non sembra provare una gran simpatia.
Liewens è il padre di Beettje, un uomo vecchio stampo, ruvido e duro, ma che ama profondamente sua figlia.
Beetje Liewens è una ragazza di campagna, seducente ed egoista; il personaggio più vero e riuscito del romanzo. È il primo dei cittadini di Delfzijl che Maigret incontra, appena sceso dal treno. Si tratta di un incontro molto particolare, Beetje si fa aiutare dal commissario a sgravare una mucca. Maigret si trova così subito immerso nel mondo della ragazza e della sua prosperosa carnalità. Beetje, infatti, è una ragazza semplice, del popolo, ma sa anche usare le doti che le ha donato la natura, ossia una bellezza piena e sensuale; e sono queste armi che intende usare per andarsene da quel paese bigotto che le sta troppo stretto.
Maigret/Simenon, però, non sembra condannare il comportamento di Beetje; si limita a prendere atto di cosa è accaduto e di come questa giovane ragazza usi il suo corpo per raggiungere i propri scopi. Si legga questo breve passaggio, dove Simenon ci fa intuire di chi è veramente la colpa del comportamento di Beetje: la società gretta e perbenista della città.

«La signora Popinga, per cominciare, perché non sono come lei! A sentirla, dovrei passare tutta la giornata a cucire vestiti per gli indigeni dell’Oceania o a lavorare a maglia per i poveri… Ho saputo che ha consigliato ad alcune ragazze del laboratorio di non imitarmi… E ha anche detto che finirò male se non troverò presto marito… Me l’hanno riferito…».
Ecco di nuovo una zaffata dell’odore un po’ rancido di quell’ambiente provinciale: il laboratorio, i pettegolezzi, le ragazze di buona famiglia riunite intorno alla patronessa, i consigli e le confidenze malevole.

Più avanti Maigret conferma che ciò che è accaduto non è colpa di Beetje:

In fondo Beetje, con quel viso sano ma banale, valeva davvero la discordia in una famiglia?
Una sola cosa poteva attirare in lei … un bel seno, reso ancor più provocante dalla seta, un seno da diciottenne, che tremava appena sotto la camicetta, quel tanto che bastava a renderlo più vivo.
A poche sedie di distanza, la signora Popinga, che non aveva mai avuto un seno simile neppure a diciott’anni, appariva fin troppo vestita, coperta com’era da diversi strati di indumenti sobri, distinti, che le toglievano ogni attrattiva.
E accanto a lei Any, spigolosa, brutta, piatta, ma enigmatica.
Popinga aveva incontrato Beetje, lui così amante della vita, così desideroso di assaporarne i piaceri! …

Conrad Popinga è la vittima predestinata delle passioni sotterranee che scorrono nella piccola città olandese e della sua incontrollabile libido. Si tratta di un buontempone amato da tutti che, sposandosi con una donna più vecchia di lui, ha rinunciato a essere se stesso. Così ce lo descrive l’amante Beetje:

Conrad era un bel ragazzo, un uomo veramente simpatico… All’inizio ha viaggiato in tutto il mondo, come secondo e in séguito come primo ufficiale… Si dice così? … Poi, quando ha avuto il brevetto di capitano, si è sposato e, per via della moglie, ha accettato una cattedra alla Scuola navale…
Non è un posto molto interessante… Aveva un piccolo yacht… Ma la signora Popinga ha paura dell’acqua… Ha dovuto venderlo…

Anche in questo romanzo è molto importante lo sfondo della vicenda. Simenon ambienta Un delitto in Olanda nella città olandese di Delfzijl; un piccolo e ricco paese olandese, di cui lo scrittore ci offre alcune brevi ma intense rappresentazioni “pittoriche”:

Il paese era piccolo: dieci o quindici strade al massimo, pavimentate con bei mattoni rossi allineati regolarmente come le piastrelle di una cucina; le case basse, sempre di mattoni, con una profusione di rivestimenti in legno dai colori chiari e vivaci.
Sembrava un giocattolo. E quell’impressione era accentuata dalla presenza di una diga che circondava completamente il centro abitato, interrotta qua e là da aperture che si potevano chiudere, in caso di mare grosso, con pesanti saracinesche simili a quelle delle chiuse.

Simenon riesce ad evocare un’atmosfera grigia e fredda della campagna olandese; ma al di là della bellezza del paese, durante le passeggiate di Maigret, viene alla luce un luogo triste e austero, abitato da gretti borghesi. Simenon non manca di ironizzare sulla città e i suoi “perfetti” abitanti.

Da una parte il porto, gli uomini con gli zoccoli, le barche, le vele, l’odore di catrame e di acqua salata…
Dall’altra quelle case con le porte sempre chiuse, i mobili lucidi, le tappezzerie scure, dove si discuteva per quindici giorni di un professore della Scuola navale che aveva bevuto uno o due bicchieri di troppo.
Uno stesso cielo, di una limpidezza di sogno. Ma che barriera insormontabile fra quei due mondi!

Per chi fosse interessato all’influsso dell’arte di Balzac su Simenon, consiglio di leggere il breve ma interessante articolo SIMENON E BALZAC… IL “TITANO” DEL ROMANZO di Maurizio Testa, oppure il recente saggio Les romanciers du réel. De Balzac à Simenon (POINTS, 2000) di Jacques Dubois, in cui l’autore inserisce il creatore di Maigret tra quelli che egli considera i grandi scrittori del “reale”: Balzac, Stendhal, Flaubert, Zola, Maupassant, Proust e Celine.

Il matrimonio e il tradimento

Il matrimonio è un argomento molto complesso quando si ha a che fare con Simenon; non si ha qui la pretesa, in poche righe, di sviscerarlo e risolverlo. Si può, però, sostenere con certezza che lo scrittore si occupò dell’argomento nello stesso modo in cui era solito affrontare la psicologia dei suoi personaggi.

Quando scrive un romanzo è curioso di conoscere le reazioni del suo personaggio in diverse circostanze e inventa per lui anche situazioni particolari, al fine di incitarlo ad arrivare «al limite delle possibilità». Se trova risposte che lo gratificano – anche tempora­neamente – la curiosità svanisce e non sente più la necessità di apporre modifiche e miglioramenti. E la ragione per la quale scrive con rapidità: è impaziente di vedere come il personaggio reagirà di fronte a quello che gli succede.

(Tratto da Stanley G. Eskin, George Simenon, Marsilio 2003, p. 332).

Anche il matrimonio è per Simenon un oggetto di studio, per questo nei suoi romanzi troviamo decine di famiglie, rappresentate in tutte le loro possibili sfaccettature. Un delitto in Olanda è una delle opere in cui Simenon affronta la questione da più punti di vista.
Conrad Popinga è sposato con una donna più vecchia di lui e non ha figli (nel 1931 anche Simenon era sposato con Tigy che aveva più anni di lui e il primo figlio nacque solo nel 1939), una situazione di cui non è soddisfatto, anche se non sembra disposto a rinunciarvi. Non trovando il coraggio di lasciare la moglie, Conrad trova una soluzione alla sua grigia esistenza, tradendola con una ragazza più giovane e avvenente. Maigret, durante le sue indagini, mette in evidenza la malattia che infetta il rapporto matrimoniale di Popinga: non tanto il tradimento di Conrad con Beetje, quanto la sua incapacità a ribellarsi a quel mondo bigotto in cui la moglie lo costringe a vivere.
Ecco come Maigret vede Popinga:

«In altre parole, Popinga è uno che desidera tutte le donne… Commette piccole imprudenze… Ruba un bacio, una carezza… Ma senza mettere in pericolo la propria tranquillità…
«E’ stato capitano di lungo corso… Ha conosciuto il fascino degli scali senza domani… Ma è un funzionario di Sua Maestà e ci tiene al suo posto, come alla sua casa, alla sua famiglia e a sua moglie…
«In lui si mescolano desideri e timori, follia e saggezza! …

La moglie d’altra parte sembra fare di tutto per non essere attraente e desiderabile.

Era alta, robusta ma non grassa. Dei bei capelli le incorniciavano il viso roseo da olandese.
Eppure, forse avrebbe preferito che fosse stata brutta! Perché quei tratti regolari, quell’espressione saggia e pacata ispiravano una noia senza limiti.
Anche il suo sorriso doveva essere un sorriso saggio, misurato, e la sua gioia una gioia misurata, in sordina!
A sei anni era stata certamente una bambina seria! A sedici, doveva essere già uguale a oggi!
Una di quelle donne che sembrano nate per essere sorelle, zie, infermiere o vedove dedite alle opere di carità.

È evidente da questi passaggi come Simenon non biasimi tanto il tradimento della vittima, quanto il finto puritanesimo di cui pare imbevuta la soffocante società olandese, rappresentata da sua moglie Liesbeth van Elst.
Da questo esempio sarebbe, però, errato trarre la conclusione che Simenon considerasse in modo negativo il contratto sociale del matrimonio. Non è così. Come accennato all’inizio, il matrimonio e la famiglia sono per lo scrittore belga una specie di oggetto di studio, di cui egli è “curioso di conoscere le reazioni… in diverse circostanze e… situazioni particolari”.
In realtà Simenon aveva un profondo rispetto per l’istituzione del matrimonio, tanto è vero che si sposò ben tre volte. È vero anche che tradì tutte le sue mogli. Possiamo dire che, anche in questo caso, Simenon palesa la sua natura ambigua. Ecco, ad esempio, come esalta la sua figura di padre di famiglia:

«… padre di famiglia», un’espressione che presi a usare, dopo la nascita di Marc, quando qualcuno del giornale mi domandava quale fosse la mia attività principale:
«Padre di famiglia!».
Ne ero orgoglioso e mi sentivo profondamente consapevole, nell’intimo, di tutta la gioia, la responsabilità, le preoccupazioni racchiuse in quelle tre parole.

(Tratto da Memorie intime, Adelphi 2010 – II° edizione, pp. 23-24)

È evidente lo iato tra quello che Simenon avrebbe voluto essere e la realtà dei fatti. Ciò non toglie che lo scrittore abbia amato profondamente tutte le sue mogli ed è sufficiente leggere il mastodontico “Memorie intime” per rendersene conto. Ecco come descrive la sua prima moglie:

Aveva un’intelligenza vivace e vaste cognizioni, specie nel campo dell’arte, e nel piccolo cenacolo che avevamo formato le sue battute incisive, sempre briose e a volte improntate a una leggera ironia, impressionavano tutti.
Fu un colpo di fulmine? No, ma ricercavo la sua compagnia … presi ad andare regolarmente ad aspettarla, alle nove, all’uscita dell’Accademia dove lei seguiva delle lezioni di nudo. Poi, tenendola sottobraccio, la riaccompagnavo a casa scegliendo le strade meno illuminate e meno affollate, e ci fermavamo, sì, per baciarci, ma perlopiù parlavamo di Fidia e Prassitele, di Rembrandt e Van Gogh, di Platone, di Villon, di Spinoza e di Nietzsche.

(Tratto da Memorie intime, Adelphi 2010 – II° edizione, pp. 20-21)

Per comprendere il rapporto di Simenon con il matrimonio è necessario soffermarci sulla figura di Régine Renchon, alias Tigy, la sua prima moglie, che gli fu compagna dal 1923 al 1950 (anno del divorzio). Tigy amò Simenon, nonostante lui la tradisse quasi quotidianamente, e rinunciò alla sua carriera di pittrice per aiutarlo, facendogli da segretaria e correggendo le sue bozze. Tigy accettò il carattere infantilmente egocentrico del marito, consolandolo quando era demoralizzato, sopportandolo quando pareva che tutto il mondo dovesse girare attorno a lui. Simenon sapeva quanto fosse importante per un uomo avere al suo fianco una persona come Tigy, su cui puoi contare nei momenti difficili e che ti da quella sicurezza senza la quale non potresti alzarti la mattina e affrontare il mondo. Tigy diede a suo marito quella stabilità di cui aveva bisogno per diventare un grande scrittore, un fatto a cui non è mai stata data la dovuta importanza. Simenon, però, era un uomo intelligente e lo sapeva. È da notare a questo punto come Simenon sia stato il primo scrittore di gialli ad affiancare al suo protagonista una moglie. Si legga in proposito l’articolo di Nascimbeni Giulio, pubblicato dal Corriere della Sera il 26 aprile 1996, Holmes, Wolfe, Poirot: amore al bando Maigret fa eccezione con Louise:

“… come sempre accade, qualche eccezione esiste. Una riguarda il Maigret di Simenon. Accanto al Quai des Orfe’ vres, ai fidi Lucas, Janvier, Torrence Lapointe e ai bistrot, Simenon ha dato spazio nelle sue pagine alla casa dove abita il commissario e dove regna, silenziosa e paziente, la signora Louise …”

Sulla moglie di Maigret è stato scritto di tutto e di più, come il breve e ironico libretto l’Elogio della signora Maigret. Come servire il marito e vivere felice, opera di da Maria Ielo (Città del Sole Edizioni 2002). Louise è raffigurata come una mite e mitica Penelope che cuce, pulisce e cucina, aspettando il ritorno del suo Ulisse/Maigret che vaga per le campagne della Francia, felice del “suo destino luminoso di casalinga molto sodisfatta, di premurosa governante dell’uomo che dà la caccia ai ladri e agli assassini …”
A dispetto di questi facili sarcasmi, a cui effettivamente si presta il matrimonio di Maigret – immagine idilliaca sull’orlo dell’utopia fallocratica -, senza Louise il commissario non avrebbe potuto essere l’uomo forte e sicuro di sé che conosciamo. Simenon, ancora una volta, dimostra le sue capacità intuitive, affiancando a Maigret una figura femminile simile alla sua Tigy, capace di sacrificare la propria esistenza per la realizzazione personale dell’uomo amato. Anche in questo il commissario Maigret è innovativo e più realistico rispetto agli altri investigatori del giallo tradizionale dell’epoca.
Se una discrasia esiste è quella provocata dal carattere istintivo e egocentrico di Simenon. Lo scrittore idealmente avrebbe voluto essere Maigret, il compagno fedele della sua Tigy/Louise, ma la realtà fu ben diversa: egli non poteva fare a meno di tradire e andare con altre donne.
Da quanto scritto è evidente che sia in Popinga che in Maigret vi è un po’ di Simenon. Egli stesso lo ammise nella sua lunga autobiografia le “Memorie Intime”: “Ho spesso parlato di me nei miei libri, anche attraverso certi personaggi dei miei romanzi.”
Mi fermo qui, ma avrò ancora occasione di approfondire il tema del matrimonio, nei prossimi articoli, soprattutto in Maigret e la famiglia felice.

Curiosità – La “Gabbia di vetro”

Nel 1927, Eugene Merle, editore furbo e spregiudicato, annunciò, sul suo quotidiano Paris Matin, che Simenon si sarebbe fatto chiudere dentro una gabbia di vetro, collocata sulla terrazza del Moulin-Rouge. In una settimana Simenon avrebbe dovuto completare un romanzo, dimostrando così la sua mitica velocità di scrittura. Per evitare che lo scrittore preparasse in anticipo il romanzo, la trama avrebbe dovuto svilupparsi partendo da una traccia suggerita dai lettori del Paris Matin. Simenon avrebbe avuto un anticipo di 50.000 franchi, e altri 50.000 al termine dei sette giorni, se il romanzo fosse stato terminato; in più avrebbe avuto parte dei diritti derivanti dalla pubblicazione del romanzo. L’idea fu abbandonata perché molti giornali iniziarono a criticare aspramente l’operazione, definendola commerciale, mentre fioccavano i commenti ironici dei letterati francesi.

NdA: Tutte le citazioni di Un delitto in Olanda sono tratte dall’edizione degli “Adelphi – Le inchieste di Maigret”, 1996

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Un delitto in Olanda
  • Simenon, Georges (Autore)

Articolo protocollato da Alessandro Bullo

Alessandro Bullo è nato a Venezia. Si è laureato in lettere con indirizzo artistico, mantenendosi con mestieri occasionali; dopo la laurea ha lavorato per alcuni anni presso i Beni Culturali e poi per la Questura di Venezia. Successivamente ha vissuto per quasi dieci anni a Desenzano del Garda per necessità di lavoro. Attualmente vive a Venezia e lavora come responsabile informatico per un’importante ditta italiana. Sue passioni: Venezia, il cinema noir, leggere, scrivere. Autori preferiti: Dino Buzzati, Charles Bukovski, Henry Miller. Registi preferiti: Elia Kazan e Alfred Joseph Hitchcock. È arrivato per due volte in finale al premio Tedeschi e una al premio Urania. Nel 2012 con “La laguna degli specchi” (pubblicato sotto lo pseudonimo Drosan Lulob) è stato tra i vincitori del concorso “Io scrittore”.

Alessandro Bullo ha scritto 66 articoli: