La recensione di oggi qui al Thriller Café è dedicata a Depilando Pilar, l’ultimo libro di Andrea G. Pinketts edito Mondadori, con protagonista Lazzaro Santandrea, “ex modello, ex pugile, ex maestro di kendo, ex giornalista d’assalto, ex cacciatore di dote e di taglie, ex ricco ereditiero, ex ragazzo prodigio, ex miracolato[…], ex play boy[…], ex raddrizzatore di torti, ex tortuoso torturatore di diritti” che si ritrova suo malgrado invischiato in una paradossale storiaccia ambientato nella sua amatissima Milano, quella da bere tutta d’un fiato, come un whisky allo Smooth di via Buonarroti o un pastis al Le Trottoir à la Darsena, in Piazza XXIV Maggio.
Lazzaro, alle prese con un fastidioso condiloma, che lo ha fatto diventare un assiduo frequentatore del Policlinico di Milano, si ritrova catapultato in una storia intricata di cui verrà a capo grazie alla collaborazione dei suoi amici inseparabili, da Pogo il Dritto a De Sade, riuscendo a capire cosa unisce l’apparente casuale furia omicida che ha travolto degli innocui tassisti milanesi e il contemporaneo arrivo di un presunto figliol prodigo, per il quale lui, papà Santandrea, non vuole proprio prodigarsi, dal momento che gli è quasi coetaneo. Lazzaro si troverà a fronteggiare efferati sicari in doppio petto, i 7 truci nani Squartalo, Spezzalo, Rompilo, Matalo, Legalo, Mordilo e Decollalo, donne bellissime dalle insospettabili sorprese e l’assassino col super potere che il nostro eroe sfiderà con un’ingegnosa trovata, degna del migliore Ulisse.
E Pilar, in tutto questo dov’é? Prima o poi arriva, ci vuole un po’… ma poi arriva.
Questo romanzo segna il ritorno di un Pinketts in ottima forma, che sembrava aver perso un po’ di smalto nei suoi romanzi precedenti. Ora lo ha sicuramente ritrovato e anche di un bel rosso acceso. L’indiscusso re del noir italiano, come ama modestamente definirsi, ha dato vita con il suo alter ego Lazzaro Santandrea a un originale modo di affrontare il genere noir, grazie all’uso di un linguaggio ricco di invenzioni e di funambolici giochi di parole che rappresentano la poetica pinkettsiana del “senso della frase”, qualcosa che “se lo possiedi, permette a una tua bugia di essere, se non creduta, almeno apprezzata” (da Il senso della frase, Feltrinelli).
Lazzaro è un cow boy metropolitano che si aggira in un Far West d’asfalto: se Jacovitti l’avvesse conosciuto ne avrebbe fatto un compagno di avventure di Cocco Bill. Entrambi gli artisti descrivono una realtà colorata e paradossale fatta di salami con i piedi e di lombrichi coi baffi per Jacovitti e di tassisti architetti e di barbute proctologhe per Pinketts (giusto per fare un esempio). Soprattutto ciò che li accomuna è l’uso giocoso del linguaggio che viene manipolato per creare nonsense e acrobazie di parole con cui ironizzare e mettere a nudo le contraddizioni della realtà.
In questo romanzo le parole, infatti, sono la rete in cui si impiglia la visione di una società violenta, in cui il male si nasconde dietro il volto della filantropica beneficenza o quello innocente di un bambino. Lazzaro agisce in una Milano dalle politiche edilizie poco condivisibili, rovinata dalla corruzione, ma è sempre la sua Milano, la donna maledetta e amata alla follia, croce e delizia di un uomo dall’aspetto da duro, ma col cuore di meringa (Fernanda Pivano dixit).
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Articolo protocollato da Chiarastella Grande
Libri della serie "Lazzaro Santandrea"
Lazzaro vieni fuori – Andrea G. Pinketts
Oggi al Thriller Café siamo in vena di brindare, perché torna disponibile in libreria una pietra miliare del thriller italiano. Stiamo parlando di “Lazzaro vieni fuori” di Andrea G. Pinketts, edito, anzi ri-edito, da HarperCollins. […]
Depilando Pilar – Andrea G. Pinketts
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