Divertirmi sta diventando sempre più difficile. Non sono una musona né una depressa e tanto meno faccio la sostenuta, ma devo constatare che diminuisce ogni giorno il numero delle persone capaci di stimolarmi una risata.

Con questo spleen, di cui sono la prima a dolermi, ho affrontato Dolce da morire, opera prima a quattro mani di due penne allenatesi negli anni alla palestra di Milanonera, web magazine letterario dedicato per lo più a thriller, noir e gialli.

Non conoscevo Cristina e non avevo ancora letto altro di Ferdinando ma sapevo, ravanando online tra i bookblogger di cui sono famelica lettrice a caccia di nuovi talenti da invitare a Risolto Giallo e qui su Thriller Café (col placet del nostro boss), che il loro romanzo faceva divertire.

Se prendete la mia copia, come al solito piena di orecchie, sottolineature e glosse, in fondo a pagina 26 trovate un circoletto e una scritta fatta con l’evidenziatore arancione: “cedo!”. Ho resistito 21 pagine (il romanzo inizia a pag 5) poi, alla ordinazione di un caffè da parte di Olga Cazzaniga Peroni – la mattatrice di questa avventura giallorosa – che lo vuole lungo decaffeinato macchiato freddo in tazza calda, ho cominciato a ridere. Li per li, lo ammetto e gli autori non lo sanno ancora, mi è tornata in mente una scena di tantissimi anni fa. Siamo a Cortina, è agosto, e sono seduta al Caffè Lovat assieme a una decina di amici. E decidiamo di ordinare un caffè e un bicchier d’acqua ciascuno, ma devono essere tutti diversi uno dall’altro. Ci siamo riusciti.

Questa è la capacità di suscitare ilarità pura, vera, cristallina. Evocare una situazione reale o verosimile (anche Cristina ci ha raccontato di aver sentito personalmente qualcuno ordinare un caffè in quel modo) ed evidenziarne l’originalità, l’assurdità, il deragliamento dal consueto.

Non scomodiamo le regole della commedia greca e non arriviamo sino ai concetti di satira: una cosa è certa, far ridere in modo intelligente senza volgarità ne’ sfottò, senza allusioni piccantine o lasciando qualcuno acciaccato (come in quelle comicità – pur da maestro- alla Ridolini, Stallio e Ollio e Charlot) non è da tutti, anzi, ultimamente non te lo devi aspettare neppure dai professionisti.

Quest’inverno con Enrico siamo andati a vedere almeno un film e due spettacoli teatrali dove gli interpreti hanno la voce “comico” sulla carta di identità. E non abbiamo riso. Neppure sorriso, a dirla tutta.
Meno male che è arrivata Olga, zia zitella di Olivia, una nipote adorata in procinto di sposarsi (situazione speculare alla mia, mia nipote Lavinia si sposa a settembre), che però nicchia sulla spontaneità del nubendo (non è il mio caso, e del resto manco sono zitella). Supportata dalla sorella Ottavia, assolda un investigatore per vederci più chiaro poi di fatto le indagini se le svolge da sola, in una girandola caleidoscopica di sapori (Olivia fa la pasticcera … come il promesso sposo di mia nipote fa lo chef, e si chiama Ferdinando come l’autore … la vita è una collanina di anelli che si incastrano), di quartieri (Milano porta romana e la Brianza), di situazioni umoristiche e no.

Siate pretenziosi cari lettori di Thriller Café. Noi recensori ci teniamo.

Leggete magari meno, ma leggete bene.

E soprattutto quando cercate evasione, fatelo pretendendo comunque che ve la conceda gente intelligente, attenta e sensibile.

Come Aicardi e Pastori.

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Dolce da morire
  • Aicardi, Cristina (Autore)

Articolo protocollato da Alessia Sorgato

Alessia Sorgato, classe 1968, giornalista pubblicista e avvocato cassazionista. Si occupa di soggetti deboli, ossia di difesa di vittime, soprattutto di reati endo-famigliari e in tema ha scritto 12 libri tra cui Giù le mani dalle donne per Mondadori. Legge e recensisce gialli (e di alcuni effettua revisione giuridica così da risparmiarsi qualche licenza dello scrittore) perché almeno li, a volte, si fa giustizia.

Alessia Sorgato ha scritto 121 articoli: