Dopo questo esilio - Jane Harper

Pratici di una letteratura di prevalente provenienza euro-americana, con la recensione di oggi il mio intento è quello di farvi intraprendere un viaggio transoceanico e darvi un assaggio delle atmosfere tipiche dell’Australia. La speranza è invogliare a immergervi in questo sbalorditivo stato-continente agli antipodi delle nostre latitudini e che, grazie alla scrittrice Jane Harper, britannica di origine ma australiana di adozione, vi appaia, come recita una famosa canzone, così lontano così vicino.  

Sto parlando de Dopo questo esilio, pubblicato da Bompiani e tradotto da Massimo Varvello, terza e ultima avventura dell’agente federale Aaron Falk.

Durante un festival annuale di gastronomia e vino, Kim Gillespie svanisce senza lasciare la benché minima traccia, eccetto per una singola scarpa bianca che di lì a poco si scopre fluttuare in un vicino torrente. La donna abbandona il marito e una figlia di poche settimane incustodita nel passeggino. Aaron Falk, in compagnia di amici a pochi passi dall’accaduto, viene ascoltato in qualità di testimone oculare. Esattamente a distanza di un anno, l’agente federale torna nei luoghi del misfatto per far visita agli stessi conoscenti e, in occasione della medesima rassegna, per partecipare all’appello della famiglia della donna nel primo anniversario della sparizione. Gli interrogativi che non ha mai abbandonato inizieranno a sollevare incongruenze e, forte della propria esperienza, si ritroverà coinvolto nell’inchiesta sulla scomparsa di Kim. Ciò che non dà pace sono le piccole cose che avremmo potuto compiere in modo differente e che avrebbero dato un corso diverso agli eventi. Parafrasandolo, è un po’ questo il pensiero-mantra che assilla Frank durante l’indagine. E l’impresa si rivelerà alquanto ambigua e insidiosa perché avrà la costante sensazione che le domande, che via via affiorano, nascondano risposte spesso sfuggenti ed equivoche, come se a fare più pressioni per ottenerle queste ultime assumano contorni più fumosi e indefiniti. E l’epilogo risolutivo si manifesterà non in un vibrante colpo di scena finale, bensì in punta di piedi, quasi come un sussurro liberatorio. 

Jane Harper ha ottenuto diversi prestigiosi riconoscimenti sia in Gran Bretagna che in Australia, tra cui il Gold Dagger (miglior giallo dell’anno), il British Book Awards Crime e l’Australian Book Industry Awards Book. Il primo episodio della trilogia di Aaron Falk, Chi è senza peccato, è stato, tra l’altro, adattato per il cinema nel 2020 e interpretato dall’attore Eric Bana, anch’egli australiano.

Gli addetti ai lavori sono convinti che la scrittrice quarantatreenne abbia dato l’avvio a una sorta di sottogenere, l’outback noir, ovvero un poliziesco di stampo prettamente australiano. Infatti, con il vocabolo outback si indica l’immenso entroterra del paese, che ne è un tratto distintivo e di conseguenza un termine rappresentativo. Come ha dichiarato lei stessa in una recente intervista, l’Australia offre un’enorme varietà di location che permette di diversificare la narrazione e le ambientazioni della trama: dalla selvaggia isola della Tasmania al vasto Queensland con i suoi deserti e i suoi vasti vigneti, fino alla parte meridionale dove si trovano le metropoli più note.

La Harper è bravissima, e a mio modesto avviso forse è questa la vera chiave dell’ottima riuscita di questo romanzo, a tenere il lettore costantemente con il fiato sospeso nel delineare con mano nuova un contesto di partenza piuttosto convenzionale e non inconsueto alla base di molti canovacci narrativi: in primis la scomparsa di un individuo, che da sempre è viatico di innumerevoli sbocchi misteriosi. In parallelo, la paradossale e sospetta vita delle piccole città, dei piccoli agglomerati dove la routine dei residenti è cosa nota a tutti, mentre i profondi conflitti interni di ciascuno sono oscuri segreti a tenuta stagna. 

Tutto il mondo è paese, ragione in più per considerarci “così lontani così vicini”.

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Dopo questo esilio
  • Harper, Jane (Autore)

Articolo protocollato da Damiano Del Dotto

Mi chiamo Damiano, abito a Pistoia, sono sposato con Barbara e sono più vicino ai 50 anni che ai 40. Poche cose colloco nella memoria come il momento temporale e il libro che in qualche modo mi ha cambiato la vita e mi ha infuso la gioia della lettura: avevo 11 anni, frequentavo la prima media e il romanzo è IT di Stephen King. Da allora non posso fare a meno di questa passione viscerale che mi accompagna quotidianamente. Si sente spesso dire che siamo la somma delle nostre esperienze. Allo stesso modo credo che l'amore che provo per la vita sia la somma dei libri che leggo.

Damiano Del Dotto ha scritto 51 articoli:

Libri della serie "Le indagini di Aaron Falk"

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