Si sa, cari avventori del Thriller Cafè, che, come dice il celebre adagio, la realtà supera la fantasia. Tuttavia, se aveste ancora qualche dubbio in proposito, vi invito senza indugio a leggere il romanzo di Fausto Gimondi: “Fortuna criminale”, uscito di recente da Longanesi. Opera prima che si basa su una vicenda realmente accaduta: la colossale truffa al Lotto orchestrata sul finire degli anni Novanta da una gang improvvisata di Cinisello Balsamo, comune alle porte di Milano.

In breve, un impiegato delle Finanze di Cinisello, con la complicità di un ex-calciatore, alcuni piccoli imprenditori locali e una rete di ricevitorie compiacenti inventano un sistema per truccare le estrazioni sulla ruota di Milano. Sono persone comuni, non delinquenti di professione, né geni del crimine, ma ragazzi e signori che si incontrano al bar e sognano tra un bicchiere e l’altro di riscattare una vita di miserie.

Vi confesso che non ricordavo di aver mai letto nulla dei fatti che questo romanzo racconta e lì per lì la storia mi sembrava talmente improbabile che sono andato a cercarmi i riferimenti di cronaca a quanto viene narrato da Gimondi. Scoprendo ovviamente che è tutto vero, ma allo stesso tempo riconoscendo all’autore una capacità notevole nell’ aver “sceneggiato” le sequenze più importanti. Il tutto si basa su un rapporto di amicizia che Fausto Gimondi ha creato con uno dei protagonisti della vicenda, che nel libro viene chiamato Mario Santini (nelle note finali l’autore ci svelerà che tutti i nomi sono stati cambiati per concedere loro “l’oblio che meritano”). L’intreccio è costruito alternando la narrazione di Mario, che all’epoca era molto giovane ed era diventato multi-miliardario a trent’anni, e quella dell’autore, con un ritmo incalzante, che come già detto sceglie molto bene le sequenze e le descrive con un realismo coinvolgente.

Gimondi ci porta con mestiere (pur essendo alla sua opera prima!) nella periferia milanese degli anni Novanta, quella che aveva già dimenticato, e talvolta contribuito ad abbattere, la Milano da bere. Quella che non è ovviamente più quella del bar del Giambellino di “gaberiana” memoria, ma che ne conserva un po’ lo spirito. Qui il bar di riferimento è il bar del Turco, nel rione Crocetta di Cinisello, dove il proprietario fa la cassa di risonanza delle piccole storie del quartiere, ovviamente spesso in dialetto tarantino, perché ai “palazzi” di Cinisello è tutto un incrocio tra pugliese, calabrese e siciliano, con l’innesto di qualche lombardo di periferia che ha preferito la vita di strada. Se avete presente, qualcosa che assomiglia pur in un contesto completamente diverso, la descrizione della provincia veneta begli ultimi romanzi di Carlotto. Perché in fondo Cinisello è quasi più Brianza che Milano e questa storia sa anche un po’ di provincia.

Alla fine di questa storia che si legge tutta di un fiato mi rimangono impresse tre cose. La prima, Gimondi la mette in bocca al magistrato, il sostituto procuratore di Monza Walter Mapelli che poi svelerà tutto. A un certo punto Walter Ferrari (come lo chiama Gimondi nel romanzo) dice che la vicenda “dimostra come l’intelligenza di strada possa fare le scarpe all’intelligenza, come potrei dire, accademica”. Anche se chi frequenta il Thriller Café questa cosa la sa bene.

La seconda è che nei racconti di Mario coloro che non fanno parte del giro non si avvicinano mai alla banda chiedendole di bloccare i loro propositi criminali, ma sempre per cercare di entrarci, nel giro. La terza, e ultima, è che tutta questa storia non si sarebbe conclusa così se non ci fosse stato l’ispettore Monzo (anche qui il nome è di fantasia) del Commissariato di Cinisello. Giovane ispettore originario del Cilento, ha convinto superiori svogliati a seguire le proprie intuizioni e dopo lunghissime indagini, ha smascherato la truffa. A chi gli chiedeva cosa volesse come ricompensa ha semplicemente detto: “Dovere. Ho fatto soltanto il mio dovere”. Buona lettura a tutti.

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Fortuna criminale
  • Gimondi, Fausto (Autore)

Articolo protocollato da Giuliano Muzio

Sono un fisico nato nel 1968 che lavora in un centro di ricerca. Fin da piccolo lettore compulsivo di tante cose, con una passione particolare per il giallo, il noir e il poliziesco, che vedo anche al cinema e in tv in serie e film. Quando non lavoro e non leggo mi piace giocare a scacchi e fare attività sportiva. Quando l'età me lo permetteva giocavo a pallanuoto, ora nuoto e cammino in montagna. Vizio più difficile da estirpare: la buona cucina e il buon vino. Sogno nel cassetto un po' egoista: trasmettere ai figli le mie passioni.

Giuliano Muzio ha scritto 145 articoli: