maigretMaigret è il XIX titolo della saga Maigret. Fu scritto, nel gennaio del 1934, presso la villa Les Roberts, sull’isola di Porquerolles, nell’arcipelago di Hyères. Apparve per la prima volta come feuilleton, in ventiquattro puntate, tra il febbraio e il marzo del 1934, sul giornale “Le Jour”; fu poi pubblicato nel marzo dello stesso anno da Fayard. Con questo romanzo si concluse il contratto tra Simenon e l’editore Fayard. In Italia fu pubblicato da Mondadori, per la prima volta nel 1934, con il titolo Maigret e il nipote ingenuo, nella collana “I gialli economici”.

TRAMA


Maigret, dopo essere andato in pensione, si è ritirato con la moglie nella sua nuova casa di Meung-sur-Loire. Una mattina viene svegliato dal nipote, Philippe Lauer, figlio della sorella della signora Maigret.  Philippe fa parte della polizia parigina ma è un ragazzo di provincia, inesperto e poco portato per la dura vita del poliziotto. Confida allo zio di trovarsi in una brutta situazione: mentre stava sorvegliando di notte Pepito Palestrino, titolare del locale Floria in rue Fontaine, è finito in mezzo ad una sparatoria in cui Pepito è stato ucciso; preso dal panico ha commesso una serie di madornali errori per cui potrebbe essere accusato del delitto.
Purtroppo Maigret è già in pensione da qualche anno e vive lontano da Parigi, per cui quando vi ritorna, per aiutare il nipote, si rende ben presto conto di non fare più parte di quel mondo. Per prima cosa, va al Floria in rue Fontaine, e incontra una sua vecchia conoscenza, Germain Cageot, soprannominato il Notaio, capo di una banda di trafficanti di droga, che domina tutta la zona di Montmatre. Maigret scopre, inoltre, che la morte di Pepito è collegata a quella di un certo Barnabè, ucciso un paio di settimane prima “da un’auto in corsa con a bordo tre o quattro uomini”. Sia Pepito che Barnabè facevano parte della banda di Cageot.
A complicare l’indagine di Maigret è lo stesso commissario Amadieu, che lo ha sostituito come capo della Brigata speciale, e che sembra più propenso a credere colpevole Philippe Lauer che il Notaio.
Ostacolato dalla polizia e aiutato da Fernande, una giovane e dolce prostituta, Maigret si ostina, anche contro i consigli dei suoi amici, a frequentare i loschi ambienti della malavita locale e a seguire alcuni collaboratori di Cageot: il marsigliese di nome Eugene Bernard, Louis il padrone del Tabac-Fontaine, Joseph Audiard e Colin, che gestisce una casa di tolleranza. Maigret sfugge così per miracolo ad un tentativo di omicidio.
Alla fine, Maigret riuscirà solo con uno stratagemma a far confessare il colpevole di tutti gli omicidi…

Perché leggere “Maigret”?

Maigret è il diciannovesimo romanzo della saga Maigret e nelle intenzioni di Simenon doveva essere l’ultimo. Era, infatti, ormai deciso a scrivere solo romanzi impegnati, e considerava i Maigret solo come una fase intermedia tra i suoi primi romanzi popolari e i romans durs.

Questa prima serie di diciannove romanzi culminò con Maigret, con il quale Simenon intendeva dire addio al suo personaggio e nel quale mise in pensione il commissario. Scrisse Maigret nel giugno del 1933, solo due anni dopo il lancio della serie; quattro mesi più tardi firmò un contratto con Gallimard, la più prestigiosa tra le case editrici francesi, dopo aver terminato la stesura di quattor­dici romanzi che definì romans littéraires o romans durs.

(Patrick Marnham, L’uomo che non era Maigret. Ritratto di Georges Simenon, Milano, La Nuova Italia, 2002, pag. 161)

Maigret è un’opera minore, e pare quasi che Simenon l’abbia scritta svogliatamente, mentre stava già pensando ai romans littérairese al nuovo rapporto di collaborazione con l’editore Gallimard. Ad una prima parte piuttosto noiosa, complice anche la rivelazione, fin dalle prime pagine, del nome del colpevole, si contrappone un finale più intenso, che però non riesce a salvare il romanzo. Dopo i due bei romanzi, Maigret al Liberty bar e La chiusa n. 1, che stilisticamente anticipano i polizieschi pubblicati dopo il 1942, Simenon, con Maigret, sembra quasi tornare sui suoi passi. In effetti, i primi 19 romanzi di Maigret sono sia qualitativamente che stilisticamente molto altalenanti, ed è già stato notato più volte come Simenon sfrutti “ecletticamente, un po’ tutte le correnti del poliziesco e del romanzo popolare in genere…” (Ulrich Schulz-Buschhaus, Georges Simenon motivi di un successo letterario, in Il giallo degli anni trenta, Edizioni Lint Trieste, 1988, p. 51).
I primi Maigret rappresentano il tentativo di Simenon di trovare un proprio stile, cercando di allontanarsi dal poliziesco francese d’inizio novecento, che doveva ancora molto a quello inglese. Nel 1907, in Francia, erano apparse le avventure del ladro gentiluomo Arsène Lupin e del giornalista detective Joseph Rouletabille che, pur con le evidenti differenze, erano ancora legate al giallo ad enigma. Il mistero della camera gialla, con protagonista Rouletabille, ad esempio, è un classico del delitto commesso in una stanza chiusa dall’interno.

Questo stallo francese del genere è particolarmente vistoso alla fine degli anni Venti, in coincidenza con i successi in Inghilterra di una nuova generazione di autori … Quando nel 1927 Albert Pigasse intende lanciare il poliziesco in Francia, inaugurando presso la Librairie des Champs Elysées (dopo il rifiuto di Grasset) una collana, “Le Masque”, che diverrà celebre, è costretto a ricorrere a romanzi di autori d’oltre Manica, a cominciare da The Murder of Roger Ackroyd che inaugura la collana.

(Francesco Fiorentino, Le stagioni del poliziesco, in Splendori e misteri del romanzo poliziesco, a cura di Alberto Castoldi, Francesco Fiorentino, Giovanni Saverio Santangelo, Mondadori 2010, p. 11)

È in questo clima, fervente di nuove idee e aspirazioni, che Simenon indicò quella che sarebbe stata la nuova strada del poliziesco francese, inventando la figura del commissario Maigret. Prima di scrivere Pietr il Lettone, Simenon fece esordire Maigret in altri romanzi, di cui i tre scritti nel 1929 (Train de nuit, La femme rousse e La maison de l’inquiètude) dimostrano appunto questo continuo evolversi dell’autore dal feuilleton a un nuovo genere: in Maigret, infatti, era già in nuce un tipo di poliziotto completamente diverso dal dandy anglosassone. I seguenti diciannove Maigret provano l’estrema versatilità dello scrittore belga e del suo commissario, così come gli evidenti debiti nei confronti del giallo ad enigma e del feuilleton francese, ma anche l’indubbia novità per cui il giallo, grazie soprattutto alla figura del commissario Maigret, diventa romanzo poliziesco. E come ha notato Ulrich Schulz-Buschhaus, è proprio questa l’intuizione geniale di Simenon e il motivo del suo successo:

Ciò che importa è evidentemente il tentativo di riunire e di riconciliare, nell’area della letteratura di massa, due correnti e due richieste diverse: quella di un romanzo d’avventura e quell’altra di un romanzo realista … L’intuizione – se vogliamo – geniale di Simenon consiste dunque nel fatto di aver trasformato il suo detective, da artista e virtuoso dell’acume, in un eroe del lavoro professionale che risulta allo stesso tempo avventura …

(Ulrich Schulz-Buschhaus, Georges Simenon motivi di un successo letterario, in Il giallo degli anni trenta, Edizioni Lint Trieste, 1988, pp. 57-58).

In tutta la prima parte di Maigret, come era già accaduto nei precedenti Pietr il Lettone e Il Crocevia delle Tre Vedove, Simenon sembra fare il verso ai polizieschi d’oltreoceano: appostamenti, pedinamenti, violenza (Maigret sfugge per miracolo ad un auto che cerca di investirlo) e interrogatori si alternano come in un hard boiled. Tutto questo sicuramente rende il romanzo molto più credibile e realistico, dal punto di vista dell’indagine poliziesca, ma Simenon non sembra del tutto a sua agio con questa materia, ed è per questo che il racconto risulta un po’ goffo. Simenon stesso, in ogni modo, era consapevole della differenza di questo romanzo rispetto agli altri della serie e lo dichiara esplicitamente, durante una conversazione tra Maigret e il commissario Amadieu:

«Deve ammettere» si azzardò a dire Amadieu, tormentandosi i baffi «che è impossibile applicare il suo metodo a un caso come questo. Ne discutevamo poco fa con il capo».
Dunque il direttore si stava interessando parecchio alla faccenda!
«E quale sarebbe il mio metodo?».
«Lo sa meglio di me. Di solito lei lavora calandosi nella vita della gente, tenendo conto della mentalità delle persone, finanche di quello che gli è successo vent’anni prima, più che degli indizi. Ma in questo caso ci troviamo di fronte a individui di cui sappiamo pressoché tutto. Che non cercano nemmeno di fingere. Secondo me, preso a quattr’occhi, Cageot non farebbe nessuno sforzo per negare di aver ucciso».

Nella seconda parte, invece, soprattutto durante il lungo colloquio tra Maigret e il sospettato Cageot, ritroviamo l’atmosfera e la caratterizzazione dei personaggi, tipica della saga.

… adesso Cageot non era più per Maigret un avversario qualsiasi, ma era diventato un uomo. Un uomo che lui conosceva sempre di più, minuto dopo minuto, che sentiva vivere, respirare, pensare, temere e sperare, mentre udiva il rumore fastidioso della pralina contro i suoi denti.
Anche la stanza prendeva vita, la scrivania, i mobili, i quadri, da cui emanava un odore dolciastro, come di marmellata.

Madame Maigret, la casalinga, e Fernande, la prostituta …

La situazione coniugale di Maigret è nota a tutti i suoi lettori: madame Maigret è una brava donna di casa, che ha come impegno principale quello di accudire il suo sposo. A causa di questa completa dedizione al marito da parte di Louise e dell’atteggiamento di Maigret, è stato spesso sostenuto che il commissario sia un maschilista, e addirittura il più antifemminista di tutti i detective:

… M.me Maigret è celebre quasi quanto lui. Celebre anche il loro matrimonio così privo di soprassalti, così tremendamente borghese, così paludosamente tranquillo … E, anche se molta parte della colpa ce l’ha proprio la signora Maigret, il commissario è il più antifemminista di tutti … E, troppo spesso ahimè, la donna stessa è complice consenziente, anche se non sempre soddisfatta, di una situazione del genere …

(Renèe Reggiani, Poliziesco al microscopio, Torino 1981, pp. 188-189)

In realtà,Maigret non è un maschilista, soprattutto se pensiamo che il suo personaggio viene creato all’inizio degli anni trenta; prova ne sia che è “pieno di premure, di gentilezze, di comprensioni, di sguardi affettuosi; egli tiene molto al suo affetto … Talvolta è lui che cerca di alleviarle le fatiche domestiche, come quando le propone di assumere definitivamente una bonne…” (Graziano Benelli, Maigret, la casalinga e la prostituta, in Il giallo degli anni trenta, Edizioni Lint Trieste, 1988, p. 77). Capita anche a volte, come in Il pazzo di Bergerac, che Louise aiuti il marito nelle indagini, quasi come fosse un suo collaboratore.
Per quanto riguarda il matrimonio dei coniugi Maigret, potremmo parlare di una specie di situazione idilliaca, in cui sia Maigret che la moglie sono felici e soddisfatti del loro rapporto. Si tratta, però, di un’eccezione! Molte delle casalinghe protagoniste dei romanzi della saga sono delle assassine efferate e prive di scrupoli. Al contrario, le prostitute di Simenon non uccidono mai, alcune volte sono coinvolte nel delitto, ma mai esecutrici (Cfr. Graziano Benelli, Maigret, la casalinga e la prostituta, in Il giallo degli anni trenta, Edizioni Lint Trieste, 1988, p. 82).
Se spaziamo nella vasta produzione letteraria simenoniana, si nota una palese maggior simpatia per i personaggi delle spogliarelliste, delle ballerine e delle prostitute rispetto alla figura della casalinga.Abbiamo già visto, ad esempio, come in La chiusa n. 1, il protagonista Ducrau scacci di casa Rose, la sua amante ex-ballerina, perché anche lei, come la moglie, aveva iniziato a comportarsi come una “stupida” donna di casa, ingrassando e pensando solo a fare il bucato e a cucinare. Sempre nello stesso articolo, abbiamo fatto notare come Simenon sia stato influenzato da Balzac e dal suo La fisiologia del matrimonio (La physiologie du mariage, 1830), in cui egli sosteneva che il matrimonio era un’istituzione «contro natura».
La simpatia di Simenon per le prostitute è legata sicuramente alla assidua frequentazione del loro ambiente di lavoro, ma anche alla sua curiosità e bisogno di capire e raccontare la donna in tutte le sue sfumature, negative o positive, senza essere guidato da alcun pregiudizio.

… il suo desiderio di comprendere più che di giudicare, sono quanto mai visibili nell’atteggiamento verso le prostitute, con le quali egli viene in contatto sempre per esigenze di lavoro … Nel complesso, le prostitute appartengono a una classe di emarginati, di oppressi, ingiustamente sfruttate da una società, essa sì corrotta e dunque condannabile. La figura della meretrice assume così un ruolo particolarmente interessante – anche se non è mai quello del protagonista – sia per la trama del racconto, sia per la particolare implicazione ideologica …”

(Graziano Benelli, Maigret, la casalinga e la prostituta, in Il giallo degli anni trenta, Edizioni Lint Trieste, 1988, pp. 81-82)

Nelle sue Memorie intime (Adelphi 2010), inoltre, Simenon dichiara chiaramente di odiare termini come «prostituta» o «puttana».
Ora, appare evidente che, all’interno del rapporto matrimoniale dei coniugi Maigret, la dimensione sessuale e sensuale è quasi del tutto assente. In tutta la saga Maigret, Simenon allude solo due volte e in modo molto discreto ad un rapporto intimo tra i due coniugi:

  • in Maigret si diverte (1957), dove vi è un breve cenno alla prima volta in cui essi fecero all’amore;
  • in Gli scrupoli di Maigret (1958): “Si infilò tra le lenzuola calde, spense la luce e nel buio trovò a colpo sicuro le labbra di sua moglie” (edizione Adelphi – Traduzione di Margherita Belardetti).

Allo stesso tempo, capita spesso che Maigret, durante le sue indagini, conosca prostitute, spogliarelliste, donne fatali; e anche se non tradisce la moglie, spesso se ne sente attratto e fatica a resistere alle loro provocazioni sessuali. In alcuni casi, come con la dolce Nina ne L’ombra cinese, il commissario, pur attratto dalla bellezza della ragazza, trasfigura il sentimento in quello del padre che protegge la figlia; altre volte, come in Il Crocevia delle Tre Vedove, la prorompente sensualità della donna risveglia il maschio represso dentro di lui (per notizie sul rapporto tra la sessualità e gli investigatori, consiglio il saggio di Francesco Fiorentino, La sessualità dell’investigatore, in Splendori e misteri del romanzo poliziesco, a cura di Alberto Castoldi, Francesco Fiorentino, Giovanni Saverio Santangelo, Mondadori 2010, pp. 297-301).
In Maigret e il nipote ingenuo, il commissario incontra la prostituta Fernande che lo conduce a casa sua e pare invaghirsi di lei. Maigret, infatti, si mostra seccato quando viene a sapere che Fernande ha dormito a casa di Eugène, il marsigliese.

Maigret ebbe un moto di disappunto, benché non fosse certo innamorato di Fernande. Due giorni prima c’era lui in quell’appartamentino inondato dal sole, mentre la ragazza beveva il suo caffellatte con addosso solo una vestaglia, e fra loro due si era instaurata una fiduciosa intimità.
Non era geloso, ma gli piacevano poco gli uomini come Eugène, che adesso, probabilmente, era ancora mezzo addormentato, mentre Fernande si dava da fare per preparargli il caffè e portarglielo a letto. Chissà con che aria condiscendente le sorrideva!

Abbiamo già ripetuto più volte, nei precedenti articoli, come Simenon avesse una personalità complessa, e ne è una controprova quanto detto sinora: non risulta, infatti, facile comprendere lo scrittore e il suo commissario Maigret che sembrano contraddirsi continuamente. Ho trovato un passo, però, nella sua biografia Un uomo come un altro, che forse riesce a farci meglio capire questo suo bisogno di esser sposato e allo stesso tempo di andare con le prostitute:

Personalmente, questo senso di angoscia non mi ha mai abbandonato, nonostante l’ottimismo e la mia capacità di godere anche delle piccole cose. Credo che questo tipo di pessimismo sia parte del destino di ogni essere umano.
Proprio da quest’angoscia, forse, dipende il desiderio che provavo a diciassette anni di sposarmi, di diventare anch’io una di quelle ombre dietro la tenda di una finestra illuminata, in una strada buia.
Vivere in due. Non sentirsi più soli. I rapporti affettivi con mia madre non sono stati particolarmente intensi: passavo poco tempo a casa e vedevo raramente anche mio padre, che adoravo e che era già condannato a una morte imminente.

La stessa angoscia, forse, mi portava irresistibilmente a battere le viuzze, trascurando Tigy, alla ricerca di una prostituta.

(Georges Simenon, Un uomo come un altro, Mondadori, 1981, p. 28)

Si potrebbe concludere, affermando che M.me Maigret rappresenta la tranquillità e la sicurezza dell’esistenza piccolo borghese. Ella offre al marito quella stabilità che gli consente di rimanere equilibrato e di non perdere se stesso, mentre si immerge nelle atmosfere dei delitti o si immedesima nelle vittime o negli assassini. Si tratta, però, di un equilibrio precario e se ne rende ben conto la sorella della signora Maigret, arrivata a Parigi, dopo aver saputo che il figlio è stato arrestato.
Esiste, infatti, un sentimento di attrazione di Maigret, respinto e non accettato almeno consciamente, verso la giovane prostituta Fernande. La prima ad accorgersene è appunto la mamma di Philippe Lauer quando, al Floria in rue Fontaine, ha l’occasione di conoscere Fernande.

«Chi è quella donna che continua a guardarti?».
«È Fernande, una mia amica».
«Se fossi mia sorella, non starei davvero tranquilla. Ha l’aria di essere innamorata di te».
C’era del vero in quell’affermazione, ma anche del falso. In effetti, a tratti Fernande guardava Maigret in modo strano, come se rimpiangesse la loro intimità bruscamente interrotta, ma subito dopo si aggrappava al braccio di Eugène e lo stuzzicava con un’ostentazione esagerata.

A me pare che qui stia il nocciolo della questione: M.me Maigret è il punto di riferimento o ancora meglio il faro, che permette al marito poliziotto di non perdersi nel mare “buio” del male e di non naufragarvi. Vi è un aneddoto, raccontato da Camilleri a proposito della scelta di fare interpretare la signora Maigret da Andreina Pagnani, che può farci comprendere meglio non solo il personaggio del commissario ma anche Simenon.

“… io sono stato il delegato della RAI per tutta la serie del commissario Maigret, quindi andammo a trovare Simenon … e gli sottoponemmo gli attori che avevamo scelto. Su Gino Cervi, lui non ebbe il minimo dubbio … e invece ebbe dei dubbi fortissimi su Andreina Pagnani. Troppo bella! disse … Lei pensa, disse, che uno come Maigret avrebbe sposato una giovane così bella? Se ne sarebbe guardato bene dal correre questo rischio. Questo è proprio per dire, come anche privatamente, … Simenon considerava il suo personaggio borghese …”

(Tratto da Andrea Camilleri racconta Georges Simenon e la potenza creatrice, Il caffè letterario. Il racconto dei grandi della letteratura – DVD n° 21 – 4 marzo 2011 – Gruppo Editoriale L’Espresso)

Come dire che una donna bella è un rischio, mentre una brutta, non essendo desiderabile, difficilmente tradirà il marito; in poche parole una donna fidata, anzi la parola giusta è affidabile. Il commissario Maigret, infatti, dopo una snervante giornata di lavoro, ha una certezza: sa che, quando tornerà a casa, ad aspettarlo ci sarà sua moglie, un pasto caldo, una comoda poltrona e una pipa con del buon tabacco. A questo concetto è legato un altro motivo, quello dell’insicurezza di Maigret/Simenon, ossia la sua paura di non riuscire a resistere alle tentazioni, al fascino del male (tema che abbiamo già affrontato nell’articolo Liberty Bar, parlando del “doppio” nel romanzo Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde di Stevenson), e il vedere il matrimonio come una specie di roccaforte che salva “dalla catastrofe”:

Avevo molte amiche, frequentavo regolarmente le prostitute. Ricordo che, per una splendida donna di colore, ho venduto l’orologio che mio padre aveva vinto a una gara di tiro a segno, sua unica passione.Perché dunque sognare il matrimonio a diciassette anni? Quasi sicuramente per difendermi da me stesso: mi sentivo infatti votato a ogni eccesso, irresistibilmente attratto da tutto ciò che è torbido. L’unica via per salvarmi dalla catastrofe era rifugiarmi nel matrimonio

(Georges Simenon, Un uomo come un altro, Mondadori, 1981, p. 25)

Ciò che differenzia Simenon dal suo Maigret è che lo scrittore belga non riusciva ad essere fedele; voleva entrambe le cose: la sicurezza del matrimonio e la vertigine del tradimento. Simenon trovò, quindi, un suo delicato quanto precario equilibrio (divorzio due volte!) all’interno del contratto coniugale.

“… caratteri dell’autore e caratteri del suo personaggio si mescolano e si sovrappongono in un groviglio giustamente inestricabile di identità e opposizioni. Pipa e soprabito: un gioco d’immagine a cui Simenon si è prestato spesso e volentieri … Ma nulla è più lontano dal carisma da star e dalla romanzesca vita amorosa e sessuale di Simenon, della calma, antieroica e ripetitiva vita matrimoniale “all’antica” che rende unico nel suo genere il commissario Maigret”

(Cfr. Luana Salvarani, Duemila parole, prefazione al libro di Francis Lacassin, La vera nascita di Maigret, Edizioni Medusa 2013, p. 6)

Curiosità – Litigio con Fayard

È rimasta famosa la battuta del giornale satirico Le Canard Enchainé sui romanzi con protagonista Maigret:

«Simenon si guadagna da vivere uccidendo una persona ogni mese per poi scoprire l’assassino». Fu anche questo uno dei motivi che spinse Simenon alla decisione didedicarsi solo ai romanzi seri. E quando lo scrittore comunicò questa sua decisione a Fayard, quest’ultimo osteggiò lo scrittore,obbligandolo a mantenere fede al contratto che prevedeva altri sette romanzi popolari e due Maigret. Simenon scrisse i romanzi previsti dal contratto, ma non perdonò il suo editore e, dato che il contratto con Fayard non prevedeva alcuna opzione sui romansdurs, lo scrittore belga si rivolse ad un altro editore, Gaston Gallimard, titolare della casa editrice più prestigiosa di tutta la Francia.
Sin dall’inizio, Gallimard considerò draconiani i termini contrattuali di Simenon e si batté su ogni singola clausola per principio. Anche se poi, pur di avere Simenon con lui, acconsentì presto a qualche sacrificio. Le condizioni di Simenon? Sei libri all’anno, il 10% di royalties fino a 10.000 copie vendute e il 12% in caso le copie vendute avessero superato tale soglia, un anticipo garantito su 50.000 copie…Cose mai viste. Un autore avido quanto un editore!

(Cfr. Pierre Assouline, Georges Simenon. Una biografia, Edizioni Odoya 2014, pp. 179-180)

È interessante notare che, qualche anno prima, Simenon aveva inviato diversi suoi dattiloscritti alla redazione di Gallimard, che furono però cortesemente rifiutati:

Dès la fin de l’année 1928, il tente d’approcher Gallimard: il propose successivement deux romans d’aventures (Tonnerre de Brest et L’Homme à la cigarette) à Georges Sadoul, qui dirigeait la collection «Chefs d’oeuvre duroman d’aventures»: il essuiera un refus, sans néanmoinsque la porte ne soit définitivement fermée. (Prima della fine del 1928, tentò di avvicinarsi a Gallimard: propose successivamente due romanzi d’avventura (Tonnerre de Brest e L’Homme à la cigarette) a Georges Sadoul, che dirigeva la collana “Capolavori del romanzo d’avventura”, il quale li rifiutò ma senza chiudergli definitivamente la porta).

(Echangesépistolaires franco-belges, di André Guyaux, SORBONNE PUPS 2007, p. 253)

Tutti i brani di Maigret sono tratti dall’edizione Adelphi, collana gli “Adelphi – Le inchieste di Maigret” – traduzione di Elena Callegari.

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Maigret
  • Simenon, Georges (Autore)

Articolo protocollato da Alessandro Bullo

Alessandro Bullo è nato a Venezia. Si è laureato in lettere con indirizzo artistico, mantenendosi con mestieri occasionali; dopo la laurea ha lavorato per alcuni anni presso i Beni Culturali e poi per la Questura di Venezia. Successivamente ha vissuto per quasi dieci anni a Desenzano del Garda per necessità di lavoro. Attualmente vive a Venezia e lavora come responsabile informatico per un’importante ditta italiana. Sue passioni: Venezia, il cinema noir, leggere, scrivere. Autori preferiti: Dino Buzzati, Charles Bukovski, Henry Miller. Registi preferiti: Elia Kazan e Alfred Joseph Hitchcock. È arrivato per due volte in finale al premio Tedeschi e una al premio Urania. Nel 2012 con “La laguna degli specchi” (pubblicato sotto lo pseudonimo Drosan Lulob) è stato tra i vincitori del concorso “Io scrittore”.

Alessandro Bullo ha scritto 66 articoli: