Recensiamo oggi su Thriller Café Gioco sporco, romanzo di Gianluca Ferraris edito da Baldini Castoldi Dalai.
Titolo: Gioco sporco
Autore: Gianluca Ferraris
Anno: 2011
Editore: Baldini Castoldi Dalai
Trama in sintesi:
Due clan, uno campano e uno calabrese, combattono la loro battaglia quotidiana, che è al tempo stesso lotta per il potere e per la sopravvivenza.
Sullo sfondo, un’Italia dove gioco d’azzardo, scommesse, ippica e slot machine sono diventati il crocevia di un business da miliardi di euro. Tra il lassismo di uno Stato biscazziere per convenienza e il sogno disperato di milioni di persone che non hanno altro in cui credere, si apre una zona grigia dove proliferano guadagni illeciti, consenso sociale e omertà, nel Sud come a Milano.
Gioco sporco è un romanzo verità che attinge ai casi di cronaca degli ultimi anni. Un viaggio brutale e incalzante nel mondo della criminalità organizzata. Un’analisi senza sconti su cui riflettere per comprendere un fenomeno tutto italiano.
Gioco Sporco si basa su una storia vera, realmente accaduta, e purtroppo è simile a tante altre di criminalità organizzata vecchia e nuova. Oltre ai nomi, i luoghi e qualche altra piccola cosa servente la narrazione, d’inventato, e ribadisco “purtroppo” c’è ben poco, perché ci troviamo dinanzi a un romanzo-verità, scritto da un giornalista che da anni si occupa di cronaca ed economia e che pertanto ha meglio potuto osservare e studiare l’evoluzione della criminalità organizzata.
Il romanzo, infatti, narra di due famiglie meridionali la Laurino di stampo camorristico e la Mazzaferro tipicamente ‘ndranghetista che stringono fra loro un’alleanza criminale per meglio investire e far fruttare i loro capitali sporchi.
Entrambi i clan sono in evoluzione continua, ma non mollano mai quelle che da sempre sono state le basi del loro proliferare delittuoso, e mi riferisco al pizzo, all’usura e all’estorsione. E di questo si muore nella realtà come nei romanzi: infatti Ferraris nel suo Gioco sporco, fa assassinare un povero cristo calabrese che non vuole cedere al ricatto della ‘ndrina e che soprattutto le ha mancato di rispetto. Il rispetto, quello che si riserva agli uomini d’onore e alle loro famiglie. Il rispetto, altro minimo comune denominatore della potenza malavitosa.
Ma oltre ai tradizionali canoni illeciti di ogni famiglia criminale, ai quali dobbiamo aggiungere il traffico di droga, dalla lettura del romanzo emerge l’esigenza di pulire il denaro sporco e soprattutto d’investirlo in nuove e lucrose attività. Queste esigenze hanno portato le criminalità organizzate ad esplorare nuovi mercati, a stringere nuove alleanze, ad investire i loro capitali in traffici assai redditizi e soprattutto, alla capacità d’infiltrazione nei territori del nord Italia con le relative capacità logistiche. L’ultima nuova frontiera, frutto di quel fiuto eccezionale per i nuovi affari illeciti che da sempre hanno avuto le mafie, è quella del gioco d’azzardo, da vedere come naturale evoluzione di quella già consolidata nelle scommesse ippiche e calcistiche della vecchia gestione.
Ferraris ci dipinge perfettamente i clan dei Laurino e Mazzaferro, facendo risaltare il sacro vincolo della famiglia e l’ancoraggio alle antiche tradizioni, soprattutto nella calabrese, nonché l’attaccamento ai vecchi e nuovi affari.
Inquietante è la parte del libro narrante la penetrazione criminale nei settori del gioco d’azzardo (scommesse ippiche, sale bingo, slot machine, videopoker, scommesse su internet, gratta e vinci tutti regolarmente truccati) e del racket del totonero con i suoi risultati combinati. Non scordiamoci che è di solo qualche mese fa la notizia del figlio di un boss della camorra fotografato a bordo campo dello stadio di Napoli e che da poco si è appena conclusa l’inchiesta della Federcalcio sugli illeciti calcistici che ha visto coinvolti calciatori del giro della nazionale e squadre di serie B e C.
In questo mondo moderno e globalizzato Ferraris ci fa assistere all’evoluzione delle nuove leve criminali oramai esperte d’internet ed economia, in grado di rischiare capitali in investimenti “sicuri” con l’aiuto d’altri clan criminali e la collaborazione di quelli altrettanto pericolosi dell’est europeo. Sinergie avide, senza scrupoli e quanto mai attuali. Sconvolgenti, brutali e tutte uguali fra loro, tese solo al profitto a qualunque costo e soprattutto a quello di non rimetterci.
Questi capitali, frutto delle nuove attività non ostacolate dal nostro “stato biscazziere”, una volta sommati a quelli tradizionali derivanti dall’estorsione, usura, droga, mettono in risalto un’economia totale e redditizia al massimo grado. Sapere poi che tutti questi denari provengono da gente comune oramai rassegnata al proprio destino e che la corruzione o l’indifferenza delle autorità (sindaci in particolare) consente alle mafie di infiltrarsi nei territori del nord con maggiore pressione, ecco, tutto questo porta allo scoraggiante convincimento che lasceremo un pessimo destino alle nostre future generazioni.
Da un punto di vista letterario il romanzo vive di un eccellente e marcato incipit, qualche episodio di buona letteratura e soprattutto di un’ottima caratterizzazione psicologica dei personaggi, ma rimane sempre ancorato ai canoni del romanzo-inchiesta, nel solco di quelli di Saviano, Nisini, Catozzella. Pertanto, anche se lo scrittore che di professione fa il giornalista, avvisa che non ci troviamo a leggere un saggio-inchiesta, ma un romanzo-verità, a mio avviso il taglio resta sempre di natura cronistica. Nel complesso si tratta di una lettura consigliabile, gradevole e decisamente attuale.
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