Giorni di Battaglia - Paco Ignacio Taibo II

Finalmente un grande classico della letteratura latino-americana torna alla ribalta grazie alle edizioni La Nuova Frontiera! Sono certa che la prosa di Paco Ignacio Taibo II vi ammalierà, mentre narra le gesta dell’investigatore privato Héctor Belascoarán Shayne che, nella Città del Messico del 1976, ingaggia una battaglia solitaria con un inafferrabile strangolatore seriale di donne. Saranno “Giorni di Battaglia” per Héctor, contro sé stesso e contro un sistema tentacolare e corrotto.

Héctor Belascoarán Shayne è un ingegnere che vive in Messico, ma originario della Spagna dove il padre, un capitano di marina basco, aveva sposato una ballerina irlandese. La dittatura di Franco aveva sparigliato le carte e la famiglia si era riparata in Messico.

Hector è alla vigilia del suo trentunesimo anno ed è ancora in cerca del grande senso della propria esistenza. Per questo, abbandona il suo lavoro sicuro da ingegnere in fabbrica, perdendo per questo casa e moglie, e decide di prendersi la licenza di investigatore privato.

La targa gli provocava a volte una risata, a volte una lenta collera, e occasionalmente una vaga sensazione di orgoglio.

BELASCOARÁN SHAYNE: DETECTIVE

GÓMEZ LETRAS: IDRAULICO

Ne aveva ancora per tre mesi di cibo e affitto, dopo di che sarebbe dovuto tornare al vecchio lavoro o cercarne uno nuovo.

Ogni mattina compra i giornali e ne tappezza il pavimento del piccolo ufficio alla ricerca di un caso eclatante che favorisca l’inizio di questa vita nuova. Finché non appare un omicida di donne che si definisce “il Cervelo” e che lascia messaggi sui luoghi dei crimini. Héctor si butta a capofitto alla ricerca della soluzione dell’enigma, consumando le suole in un pattugliamento tanto solitario quanto disperato dell’intera città, perlustrando ogni scena del crimine, cercando una possibile connessione tra le ormai numerose donne uccise e scandagliando nella loro vita alla ricerca di una qualsiasi traccia che possa collegarle tra loro e, magari, all’omicida.

Senza sosta, il piccolo motore nascosto nella colonna vertebrale di Hector trasformava i passi in metri, i metri in chilometri; il soprabito bianco si riempiva di polvere.

Dopo undici giorni di disperazione per il gran lavoro svolto senza riscontri, Héctor rimane ferito in un attentato e capisce di essere entrato nel raggio d’azione dello strangolatore. Invece di nascondersi, decide di farsi esca in un modo talmente plateale che non possa passare inosservato all’assassino: si iscrive ad un quiz televisivo e si presenta con la materia “I grandi strangolatori della storia”.

All’entrata del metrò ebbe di nuovo la sensazione di essere sorvegliato e reagì girando la testa: una risposta vertebrale.

Infilò il biglietto nell’obliteratrice, comprò Extra, pensò che con i soldi che gli restavano poteva andare a Los Angeles, a Buenos Aires, a Belgrado, affanculo…

Affanculo. Vivere non era nient’altro che correre in cerca di un posto dove passare la propria esistenza o aspettare qualcuno che ti sparasse un colpo perché gli andava di farlo.

Héctor si sente di nuovo in pista, ferito alla gamba claudicante ma non nell’orgoglio. Sente di aver agganciato il rivale, che però non rinuncia a procedere con gli omicidi, nella più totale insipienza della Polizia.

Sarà davvero una battaglia di nervi e di proiettili, che si concluderà nel sangue, lasciando in Hector un senso di straniante solitudine.

Lo strangolare è un pretesto. Per recuperare i tanti anni persi in cui ti sei rincoglionito. Con una vita fatta di abitudini e inganni. Con la terra che ti viene a mancare sotto i piedi ma con i sogni pieni di frigoriferi e macchine nuove.

Il corollario della Rossa alla Legge di Murphy potrebbe essere più o meno questo: “Tanto più un libro piace, tante più sono le sottolineature, tanto più difficile è farne una recensione”.

Ed eccomi a fare il conto con una montagna di note sul mio Kindle da mettere in fila per parlarvi di questo bellissimo romanzo!

Devo fare appello alla mia (poca) capacità di sintesi, analizzando prima il personaggio, poi i tanti temi trattati e infine lo stile dell’Autore. Forza e coraggio…

Figlio di madre irlandese e padre basco, nella sua famiglia non si erano mai create le radici reali o fittizie di una patria, di una terra sulla quale posare i piedi. Il suo unico paese era un terribile coacervo di rimpianti per terre mai conosciute, di libri letti con la voglia che si materializzassero.

Il personaggio di Héctor ricalca quasi perfettamente la storia dello scrittore che nato nelle Asturie a Gijon nel 1949 da bambino lasciò la Spagna con la famiglia, schierata contro la dittatura di Francisco Franco. La ricerca di un posto dove radicarsi e riconoscersi, la sensazione di estraneità alla cultura messicana deve essere stato davvero forte in Pablo Ignacio, tanto che metterà nella testa di Héctor questo concetto molto forte:

Ma, in definitiva, che cosa sapeva Héctor dei messicani?

Erano i “messicani”, gente che ammucchiava la famiglia in una stanza di tre metri per sei, che assisteva pazientemente allo spettacolo del padre che copulava con la madre e finiva per scoparsi la sorella data la prossimità dei letti, che frequentava la scuola dell’obbligo e non la terminava per ottenere un lavoro da meccanico che garantiva una certa libertà, una posizione in famiglia, il diritto di scolarsi sei birre il sabato mattina e di pensare al matrimonio per ricominciare il ciclo daccapo. Erano questi i messicani passionali di cui parlava il suo coinquilino, l’idraulico?

Ma, d’altro canto, prende le distanze anche dai tanti immigrati spagnoli, riconoscendo un legame con loro solamente nel momento in cui si trovano a brindare per la morte di Franco (20 novembre 1975). Si alzeranno i calici al grido di “Perché è morto!” ma la conoscenza resterà superficiale, nonostante il vicino volesse ingaggiarlo per un compito non da poco: rintracciare il comandante della Guardia civil che lo aveva torturato, durante la detenzione a seguito dei moti delle Asturie.

Hector non accetterà l’incarico, preso com’è dallo Strangolatore, ma è palese quanto all’Autore prema con questo dettaglio inquadrare bene il periodo politico e tutte le implicazioni a cascata che ne sono derivate.

Diede un’occhiata alle notizie principali e scelse per chi tifare: nel conflitto tra Honduras e El Salvador, neutrale; nella guerra in Medio Oriente, dalla parte dei palestinesi; negli scontri tra neri e poliziotti di New York, con i neri. Non male, pensò un po’ come se avesse azzeccato tre risposte su tre.

Paco Ignacio Taibo II (primo è stato il padre, giornalista e attivista) ci rimanda con forza le contraddizioni di un periodo storico lontano ma, ahi noi, tanto simile all’attuale da far venire i brividi. Leggete che considerazione aveva Héctor dell’ispettore incaricato del caso dello Strangolatore, e ditemi se a distanza di quasi cinquant’anni questa descrizione non possa ancora calzare a pennello:

Era vero, niente combaciava. Ma come spiegarlo a quest’uomo formatosi all’ombra dei latifondisti, pistolero di paese, poliziotto estorsore della grande città, guardia del corpo di funzionari, ufficiale addestrato all’Accademia statunitense dei corpi speciali, rapinatore di ubriachi, complice della tratta delle bianche, trafficante di eroina, capo di un gruppo di poliziotti incaricato di catturare lo strangolatore. Come spiegargli tutto?

Ad alleggerire questi poderosi temi, interviene l’ironia che Taibo II versa a piene mani: dal suo improbabile coinquilino di studio (l’idraulico play boy e ficcanaso) fino all’esilarante ammissione dello Strangolare di come i cognomi baschi gli risultassero difficili da memorizzare (e quindi sbagliava sistematicamente quello del suo rivale!); dal suo rispondere “Grazie mamma!” all’offerta della pistola del padre che la madre gli porge dicendo che si tratta “di una pistola degna di ammazzare uno strangolatore in Messico”, all’aver superato la “selezione naturale darwiniana”, essendo scampato alla morte in “quell’anno del Signore” in Città del Messico.

Taibo II sa essere leggero e fluido proprio quando tratta gli argomenti più scottanti e questa particolarità della sua scrittura ne aumenta il valore, rendendolo tanto particolare, a tratti unico, nel panorama del poliziesco.

Sicuramente caratteristico è il modo in cui tratta lo scorre del tempo dell’azione che, molte volte, mi è risultato fuorviante. Molto spesso, infatti, non c’è soluzione di continuità tra il flusso dei dialoghi che però si riferiscono a due scene attigue.

Vi faccio un esempio pratico, altrimenti capisco che non sia facile intendersi:

Uscirono in strada insieme. Le code davanti al cinema Orfeón ostacolavano il passaggio.

“Dove andiamo? E a quale diario ti stai riferendo?” domandò Marina.

“Andiamo a casa di un mio vicino per brindare alla morte di Franco” rispose Héctor. “Lungo la strada ti spiegherò dei diario”.

“Perché è morto!” disse Merlin Gutiérrez.

“Perché è morto!” ripeterono in coro gli invitati e levarono i calici di spumante.

Chiedo scusa a Taibo II ma, senza un minimo di stacco, non è automatico capire che la scena è cambiata e che ormai i due sono arrivati alla festa.

L’amore, questa pietra da mola che si consuma per affilare di nuovo la spada che infligge la ferita dell’amore.

Il tema del femminile è trasversale a tutto il romanzo, riguardando sia la mancata tutela della società nei confronti delle donne, divenute vittime dello Strangolatore in maniera tanto massiccia quanto facile, sia la sfera affettiva di Héctor, a partire dalla moglie che ha perso per la decisione di lasciare il proprio lavoro, fino alla “ragazza con la coda”, un personaggio emblematico, stereotipo della ragazza di “buona famiglia” che si dà alla lotta universitaria lasciandosi trascinare dal flusso delle cose.  

Omicidi, azione, sarcasmo, delusioni, politica e amore sono così vividi e appassionanti da lasciarvi addosso il desiderio, a fine lettura, di strattonare per un braccio il protagonista e scuoterlo dalla solitudine profonda in cui versa.

Forza Héctor, che abbiamo voglia di seguirti in tante altre investigazioni!

Paco Ignacio Taibo II

Paco Ignacio Taibo II, nato a Gijon in Spagna nel 1949, fin da bambino si è trasferito con la famiglia, di solide tradizioni antifranchiste, a Città del Messico, dove vive tuttora. Docente universitario e giornalista, è considerato uno dei più importanti scrittori messicani. La sua fama, in patria e fuori, è dovuta sia al suo lavoro di storico, sia alla sua opera di narratore prolifico e versatile, per la quale ha ottenuto numerosi riconoscimenti internazionali, tra cui due premi Hammett e un premio Planeta. Ha pubblicato 56 libri, tradotti in oltre venti paesi.

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Articolo protocollato da Monica Bartolini

Monica Bartolini (Roma 1964) si afferma nel mondo della scrittura gialla con i romanzi della serie del Maresciallo Nunzio Piscopo (Interno 8 e Le geometrie dell'animo omicida, quest'ultimo finalista al Premio Tedeschi nel 2011). Nel 2010 vince il Gran Giallo Città di Cattolica per il miglior racconto italiano in ambito mystery con il racconto Cumino assassino, compreso nell'antologia 10 Piccole indagini (Delos Digital, 2020). Autrice eclettica, per I Buoni Cugini Editori pubblica nel 2016 Persistenti tracce di antichi dolori, una raffinata raccolta di racconti gialli storici che ha per filo conduttore le vicende legate al ritrovamento di alcuni reperti storici, che ancora oggi fanno bella mostra di sé nelle teche dei musei di tutto il mondo, e nel 2019 la terza investigazione del suo Maresciallo dal titolo Per interposta persona. Collabora con i siti www.thrillercafe.it e www.wlibri.com per le recensioni ed è membro dell'Associazione Piccoli Maestri - Una scuola di lettura per ragazzi e ragazze che si occupa di leggere i classici nelle scuole italiane. Bibliografia completa in www.monicabartolini.it Contatti: [email protected]

Monica Bartolini ha scritto 96 articoli: