Stile, aplomb, compostezza e serietà. Direi che queste sono le caratteristiche più evidenti dell’uomo Marco Speciale, rilevabili anche solo in mezzoretta di chiacchierata, come è capitato a noi a Risolto Giallo.
Discorso più articolato merita invece lo scrittore Marco Speciale, la cui produzione – tra romanzi e racconti gialli – vanta già numerosi premi e segnalazioni in finale (la più recente al Premio Città di Salsomaggiore, proclamazione il 2 settembre).
Marco scrive sin dalla gioventù, quando collaborava per giornali e riviste, poi una lunga pausa dall’andar di penna sino ad una grave malattia che lo costringe ad un temporaneo mutacismo. E Marco lì capisce – ci ha raccontato- di aver bisogno e desiderio di tornare a esprimersi con la parola nera su fondo bianco.
Io non conosco la trama dei suoi primi romanzi, ma per incontrarlo ho letto Terra Sporca, dove il vice questore Matteo Caserta indaga in un affaire di traffico di rifiuti pericolosi, e poi ho divorato I conti che non tornano, edito nel 2023, ove il suo protagonista è alle prese con la scomparsa dell’amministratore delegato di una banca.
Due romanzi autonomi tra loro, accomunati non solo dall’identità della squadra inquirente – ove spicca un investigatore un po’ fuori clichè, molto umano, nervosissimo perché a dieta, i cui eloqui divaganti e apparentemente soliloqui hanno la capacità di sviare l’interlocutore senza che Caserta perda mai il filo di quel che sta dicendo. Il secondo potente fil rouge concerne l’humus in cui Speciale pianta i semi delle sue trame: malcostumi, scandali celati, illeciti in danno della comunità, questioni dal respiro ampio, quasi pubbliche in cui – ben inteso- si sviluppa una vicenda peculiare (l’uccisione dell’imprenditore, il rapimento del banchiere) ma in primo piano si stagliano acidi e impietosi il danno e la beffa alla collettività.
Non è frequente, tra i gialli (rectius, a questo punto, i noir) che si editano in questi tempi riscontrare in maniera così netta la denuncia sociale: siamo molto più avvezzi a leggere, a volte anche in serie, le vicende di un gruppo di investigatori alle prese con un delitto incistato in una vicenda, magari di ampio respiro, ma circoscritta a determinati personaggi. Qui no.
La scrittura di Marco mi ha ricordato la storia di Erin Brockovich o certi Grisham molto amati, come I segreti di Grey Mountain, ove alla detection classica ed al più tradizionale dei delitti, l’omicidio, si intrecciano altre fattispecie di reato magari all’apparenza meno cruente ma molto più gravi.
La spiegazione di questa sua scelta narrativa ci è arrivata inattesa ma così condivisibile da meritare di essere citata: al tramonto del grande giornalismo d’inchiesta di Augias, Biagi ed alcuni altri, si deve la perdita di attenzione dell’opinione pubblica per questi temi (o forse è vero l’inverso, è il disinteresse a condannare la stampa investigativa), e per tenerne desto almeno un barlume il compito è passato al noir, alla scrittura di evasione ma impegnata socialmente. Come quella di Marco Speciale.
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