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Un libro su un libro o meglio sulla genesi di un libro che svelò un tragico mistero. Per capire questa seducente combinazione orchestrata da Mattia Majerna bisogna partire da Sergio Saviane (1923-2001), che fu giornalista e scrittore di grande vis polemica e spirito caustico. Oggi è ricordato soprattutto per la rubrica di critica televisiva che tenne sulle colonne de “L’Espresso” per oltre un decennio, colpendo con feroce talento satirico quello che egli riteneva fosse il conformismo imperante nella TV pubblica, fu lui a creare l’irridente definizione di “Mezzobusto” per i suoi colleghi dei telegiornali.
Al successo letterario Saviane arrivò nel 1964 con il libro “I misteri di Alleghe“, un’opera a metà tra romanzo e inchiesta che suscitò grande clamore.
Alleghe è un piccolo centro montano e turistico delle Alpi Bellunesi, affacciato su di un profondo lago. Tuttavia, in questa amena località, tra il 1933 e il 1946 si verificò una misteriosa serie di morti violente: il 9 maggio 1933, in una camera dell’Albergo Centrale il corpo di Emma De Ventura, giovane cameriera, viene rinvenuto con la gola squarciata da un rasoio. Indagini molto sommarie rubricano il fatto come suicidio.
Nel successivo dicembre, dalle acque del lago riemerge il corpo ancora di una donna. Si tratta della giovane moglie di Aldo Da Tos, figlio del proprietario del Centrale. Particolare inquietante: solo il giorno prima la coppia era tornata ad Alleghe dal viaggio di nozze. Non si perde tempo per risalire ad un possibile movente, non si perlustrano i luoghi, ma si giunge ad una sicura conclusione: suicidio. Dunque la ragazza si sarebbe gettata nel lago per annegare. Per la verità nei suoi polmoni non c’è traccia di acqua, ma suicidio resta.
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Passano gli anni, passa la guerra, quelle morti sembrano perdute nel dimenticatoio, ma la notte del 18 novembre del 1946, qualcuno spara ad un giovane fornaio e sua moglie, Gigio e Gigia Del Monego, uccidendoli. Dalla borsetta di Gigia spariscono i soldi dell’incasso di quel giorno, quindi omicidio a scopo di rapina, ma l’autore del delitto non viene scoperto. Altra archiviazione. Nel paese però questi omicidi provocano grande sensazione, soprattutto Gigia Del Monego era un personaggio molto popolare (e discusso). Aveva come soprannome La Balena, perché era abbastanza in carne e poi era temuta per il suo vizio di parlare e sparlare di tutto e di tutti, dicendo però in genere la verità. E la verità, si sa, può essere pericolosa. A questo punto Sergio Saviane comincia a farsi delle domande, molte domande. Lui conosce bene Alleghe, è della vicina Castelfranco Veneto e da giovanissimo, insieme ad amici era solito passare diverse settimane in campeggio, proprio vicino al lago e i due giovani fornai erano suoi amici. Il giornalista torna dunque nel paesino dolomitico e avvia una propria indagine personale. Parla con la gente, interroga, discute. Avvertendo intorno a sé una crescente ostilità. Saviane smuove la spessa coltre di oblio che si voleva accumulare su quei crimini, si fa delle idee abbastanza precise su quegli eventi. C’è qualcuno che lo prende sul serio, il brigadiere dei Carabinieri Elio Cesca, da poco in servizio ad Alleghe e finalmente parte l’inchiesta che su quelle morti non era mai stata realmente condotta: nel 1958 l’esito darà ragione a Saviane, il giornalista aveva scoperto la verità.
Questa verità sarà appunto trasferita nel suo best-seller del ’64.
Mattia Majerna, con una prosa avvolgente e vivace, ricca di simpatici intermezzi dialettali, ricostruisce accuratamente la complessa genesi di quel famoso libro, partendo da lontano, cioè dalle liete vacanze del poco più che adolescente Saviane passava in campeggio sulle rive del lago di Alleghe, il corteggiamento delle ragazze del posto, gli scherzi goliardici che attirarono addirittura i rigori delle autorità locali. Fino a giungere poi alla decisione dello scrittore e giornalista ormai maturo di addentrarsi tra i meandri di quell’antico mistero, attirandosi diffidenze, rancori, minacce, pur di disotterrare la verità sepolta e dare pace a quei poveri morti.
Molto tempo fa, ben prima dei delitti, una frana travolse l’abitato di Alleghe. Una parte del paese finì sommersa nel lago, compresa la vecchia chiesa col suo campanile. Per decenni la gente diceva di udire, a volte, i rintocchi di quelle campane sprofondate nelle acque e diceva anche che quei rintocchi onorassero i morti che non avevano avuto giustizia. Dal 1964 quei rintocchi nessuno li ha più uditi.
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