Non è insolito che molti Autori, oggi considerati di culto, non abbiano avuto la meritata fama da vivi. Tra questi è sicuramente James Myers Thompson, in arte Jim Thompson (nato il 27 Settembre del 1906 ad Anadarko in Oklahoma e deceduto il 7 Aprile 1977 a Los Angeles).
Dopo la laurea presso l’Università del Nebraska, intraprende un certo numero di lavori precari e, nel 1930, diventa membro del Federal Writers’ Project. Collabora come giornalista con il New York Daily News e con il Los Angeles Times. A causa però delle sue simpatie di sinistra, viene messo in lista nera, durante il periodo del maccartismo, ovvero della caccia alle streghe, agli inizi degli anni ’50 negli USA.
La precarietà sembra essere una costante della sua vita ed è la sua ispirazione letteraria.
La sua carriera di scrittore inizia nel 1946 con il romanzo Heed the thunder, ma è nel periodo fra l’inizio degli anni ’50 fino al 1970 quello più prolifico, con oltre 30 romanzi all’attivo. Jim Thompson è anche un valido sceneggiatore cinematografico. Stanley Kubrick, impressionato dalla potenza dei dialoghi dei suoi romanzi, lo vuole come co-sceneggiatore dei i suoi primi film Rapina a mano armata (The Killing, 1956) e Orizzonti di gloria (Paths of glory, 1957).
La sua fonte di ispirazione è la scuola hard boiled di Hammet e Chandler, ma ne sovverte completamente lo scenario. Non ci sono più investigatori, a volte privi di scrupoli, alla ricerca di verità spesso scomode ma con una loro integrità morale. I personaggi di Thompson sono per lo più psicopatici o squilibrati mentali. Il cosiddetto buono di turno, che arriva per mondare la situazione, non c’è mai anzi, tutto sembra sprofondare nel nulla più assoluto.
“Rischiose abitudini” o “I truffatori”, pubblicato nel 1963 (in originale “The grifters”), e in uscita recente da HarperCollins, è forse l’unico romanzo dove i personaggi non hanno tare mentali di vario genere. Sono personalità che vivono oltre i confini della legalità. In questo racconto, il noir lascia spazio ad una narrazione triste di persone quasi normali, accomunate dall’interesse di far soldi facilmente.
Roy Dillon è un truffatore di piccolo cabotaggio, spregiudicato e senza scrupoli, che vive di piccoli colpi. Per essere un buon truffatore, spiega il romanzo, c’è un particolare di grande importanza: devi mantenere il più altro grado di anonimato quando sei in circolazione. Devi evitare qualsiasi espressione, tono o gesto che possa essere ricordato. Roy sembra dimenticarsi di questo principio e viene smascherato da un negoziante, vittima di una tentata truffa, il quale gli assesta un tremendo colpo allo stomaco con una mazza da baseball.
Roy deve fuggire, fiaccato dall’emorragia interna provocatagli dalla mazzata, e si rifugia in un albergo nelle vicinanze di Los Angeles. Qui, poco dopo, viene a trovarlo la madre Lily che non vede da almeno otto anni. Lily è una donna ancora giovane e piacente, che lavora nel giro delle scommesse per conto di Bobo Justus, un potente allibratore. Nel suo lavoro non manca di arrotondare sempre qualcosa, all’insaputa del suo boss, riuscendo ad accumulare un discreto gruzzolo.
Durante l’incontro con il figlio, Lily si rende conto che le condizioni di Roy sono gravi a causa del colpo subito e si prodiga perché venga subito trasferito in un ospedale per le necessarie cure.
All’ospedale Lily fa conoscenza con Moira Langtry, la compagna di Roy, e tra le due sono subito scintille. Lily detesta Moira e, quando Roy esce dall’ospedale e si trasferisce nella casa della madre, assume un’infermiera di nome Carol perché si prenda cura del figlio e anche con la speranza che tra i due possa nascere un’attrazione.
Tra i due può esserci qualcosa, ma quando Roy scopre che Carol è stata vittima di esperimenti sessuali nel campo di concentramento di Dachau e, soprattutto, perché non vuole accompagnarsi con una persona pagata dalla madre, decide di rompere ogni rapporto con Carol.
Nel frattempo, Lily subisce una dura punizione da parte del suo capo Bobo, per essersi lasciata sfuggire un’importante scommessa, a causa del fatto che si è dovuta prendere cura del figlio.
Roy decide di portare Moira a La Jolla per il week end. Durante il viaggio, Moira scopre l’abilità di Roy per le truffe e decide così di svelargli di essere anche lei dedita agli imbrogli, per altro alla ricerca di un partner per una truffa particolarmente elaborata. Roy rifiuta la proposta di Moira, perché non si fida fino in fondo e decide di andarsene e lasciare Moira.
Quest’ultima pensa che dietro alla rinuncia ci sia la madre di Roy e vuole vendicarsi, raccontando a Bobo che Lily nasconde una grande somma di denaro, frutto di continue sottrazioni.
Roy, che nel frattempo ha deciso di accettare un lavoro pulito, riceve una visita da parte della polizia che lo informa del suicidio della madre. Recatosi sul posto e visto il cadavere con il volto completamente devastato, capisce tuttavia da un particolare che non si tratta della madre ma di Moira.
Tornato a casa, trova infatti Lily che sta cercando di portarsi via tutto il suo denaro accumulato in anni di lavoro. Confessa al figlio di aver sparato a Moira, mentre questa aveva tentato di ucciderla e di aver dissimulato la scena affinché il corpo sembrasse il suo. Tra i due nasce una discussione, Roy vuole convincerla a cambiare vita come sta facendo lui, ma lei non ne vuole sapere. Ad un certo punto sembra anche proporgli un rapporto incestuoso pur di convincerlo a lasciarla andare con il denaro. La scena prosegue verso un finale tragico e spietato, un vero e proprio “calcio in faccia” come dice Joe R. Lansdale quando parla delle opere di Jim Thompson.
Da questo romanzo è stato tratto nel 1990 un bel film, Rischiose abitudini di Stephen Frears, con un cast di eccezione: John Cusak nella parte di Roy, Anjelica Houston in quelli di Lily e un’intrigante quanto affascinante Annette Bening nei panni di Moira. Uno di quei rari casi in cui da un gran romanzo è stato tratto un grande film. Anche perché alla sceneggiatura ha messo mano un serissimo professionista come Donald E. Westlake, altro giallista di classe.
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