Fino a qualche giorno fa ricollegavo Utrecht, la cittadina dell’Olanda, al suo mitico cigno: Marco van Basten, uno dei più grandi calciatori di tutti i tempi, ma da oggi, dopo aver letto Il bacio della bielorussa mi ricorderò anche del suo autore: Antonio Pagliaro. Infatti la storia del suo ultimo romanzo nasce appunto nei canali di questa città, dove vengono ripescati i cadaveri di due uomini assassinati e irriconoscibili. A indagare è l’ispettore della polizia locale van den Bovenkamp, un arguto, ma sfortunato spilungone con una separazione dalla moglie e dal figlio piuttosto traumatica. Ben presto l’indagine inizierà a complicarsi fino a spostarsi a Palermo e in Lussemburgo, con un intreccio imprevisto fra massoneria, politica corrotta e mafia. Qui, in Sicilia, entreranno in scena altri due personaggi: il commissario capo della polizia giudiziaria Alberto Chiaramonte e soprattutto Franz La Fata “il tedesco”, un picciotto di cosa nostra. Un killer “di quelli giusti” come si dice a Palermo. Ed proprio sul modo di esprimersi di Franz, che Antonio Pagliaro da il meglio di se in questo romanzo, infatti, Franz il killer oltre a pensare da malavitoso inserito nel complesso organico della mafia con il suo intreccio di regole di onore e ubbidienza, si esprime alla perfezione non solo nel classico dialetto palermitano, ma soprattutto con i modi di dire attinenti alla realtà criminale locale. Pagliaro è molto attento nella costruzione del personaggio di Franz e lo fa parlare con grande naturalezza. Usa sempre i modi di dire appropriati. Ad esempio dice con molta naturalezza frasi come “togliere i sentimenti”, “assutare” (spegnere), “morire con le scarpe” al posto di uccidere, così come i carabinieri li chiama “carrubbe” e il carcere “albergo”. E in questo lo scrittore è davvero bravo. Lasciatevelo dire da un palermitano come me. È chiaro che la costruzione credibile di questo personaggio fa girare attorno a se personaggi altrettanto definiti e credibili, dai picciotti di mafia ai politici corrotti che ricordano quelli di un recente passato siciliano. E poi c’è lei Ludmilla Zamiatenko. La bielorussa. Lei… bellissima.
Antonio Pagliaro in questo romanzo ci regala un noir di grande spessore, con una trama piuttosto fitta e ben congegnata, che regge ottimamente fino alla fine, nonostante l’intreccio internazionale e l’abbondanza di personaggi. Il romanzo è apprezzabile per la sua credibilità dove la fantasia è spesso coincidente con la realtà, fatta di indagini di polizia che hanno più volte messo in evidenza la commistione fra mafia, politica, servizi segreti deviati e massoneria.
Lo stile narrativo di Antonio Pagliaro è sempre scorrevole, mai accademico o pedante. I personaggi son tutti ben delineati e dal profilo psicologico completo, ma soprattutto ciò che merita attenzione: è la tecnica narrativa su piani sfalsati che si intrecciano ad un ritmo incalzante.
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