Il caso Morel - Rubem Fonseca

Tanto crudo e realistico quanto geniale e poliedrico, Il caso Morel, capolavoro dello scrittore brasiliano Rubem Fonseca (romanzo tradotto per la prima volta in Italiano da Fazi – Darkside), è uno dei noir più belli che abbia mai letto. Sarà un vero piacere parlarvene.

“Uccisa in spiaggia, la polizia indaga”.

Sono scoppiato a piangere. Dolore, dispiacere, per lei, per me.

Poverina, ha detto Carmem.

Ho lasciato che le lacrime mi scorressero giù per le guance senza la benché minima vergogna. Volevo piangere.

Carmem non faceva che chiedersi: “Come è potuto succedere, Dio mio?” commossa anche lei.

“Devo andare alla polizia, mi sa”, ho detto.

Paul Morais (nome d’arte Morel) è un pittore, dietro le sbarre perché accusato di aver ucciso una delle sue amanti con un pestaggio sanguinoso avvenuto di notte su una spiaggia di Rio de Janeiro.

Morel in carcere inizia a scrivere un romanzo-memoriale che attira l’attenzione della polizia. Il commissario Mores, incaricato del caso, decide di assecondare la richiesta di Morel di parlare con Vilela, un ex poliziotto divenuto romanziere.

“Ho letto la storia di Morais” riprende Matos, “quello ti imita, sembrava di leggere il tuo ultimo libro pari pari. Joana è Heloìsa. Pensi che anche le altre donne esistano davvero? Diversi elementi del libro sono reali, Morais ha veramente vinto un premio alla Biennale, è separato dalla prima moglie… durante l’interrogatorio in Questura, ha dichiarato di aver vissuto nella casa di Santa Teresa solo con Heloìsa. Mentiva? Chissà… Su questo dovrò indagare. La fregatura è che sono mostruosamente a corto di uomini, e ogni giorno c’è un nuovo omicidio. Quando si ammazza in questa città!”

Se Matos è preso da altri casi, Vilela invece si focalizza con curiosità e tenacia sul carteggio consegnatoli da Morel. Ecco dunque che comincia a scandagliare pagina dopo pagina, alla ricerca di riscontri investigativi che possano fargli discernere la finzione dalla realtà e magare trovare l’indizio decisivo che accerti la colpevolezza nel caso di Heloìsa Wiedecker.

“Perché usa il suo vero nome?”

“Che importanza ha?”

“Nessuna.”

“Lei mi delude. L’immaginazione non è forse l’unica realtà? Diciamo quella che è e non è la mia vita, e che vorrei un verdetto da scrittore.”

Già, ma qual è la realtà in questa narrazione?

Vilela comincia a scavare nella vita di Morel, una vita stravagante, fatta di eccessi, sesso promiscuo e frequentazioni al limite della legge.

Capitolo dopo capitolo, un briciolo di realtà oggettiva viene a galla.

L’uomo viveva con tre donne contemporaneamente, una sorta di pacifica comune tra un pittore, una pittrice, una ex prostituta e una donna molto ricca, la vittima, appunto.

Nel romanzo, Morel scrive che non esistevano tensioni tra tutti loro e la vita scorreva senza intoppi, anche dopo l’arrivo del figlio della prostituta, che lui stesso aveva espressamente chiesto si ricongiungesse alla madre.

Vivevamo in pace. Non andavo dietro a nessun’altra donna che non fosse Joana, Carmem o Ismênia. A volte dormivo con Carmem e Ismênia insieme. Carmem e Ismênia a volte dormivano insieme. Joana, quando non dormiva con me, dormiva sola. Cucinavamo tutti. Io sapevo fare solo bistecca e patate, ma cominciamo a imparare anche altre cose.

Joana, Carmem e Ismenia, ossia, come scoprirà presto Vilela, Aracy, Lilian e Heloìsa.

Ricostruire la vera storia della “famiglia” creata da Morel non era stato troppo difficile per l’ex poliziotto, ma neanche di troppa soddisfazione. Erano stravaganti, a limite della morale comune, ma d’altronde Morel era un artista, quindi un sospettato per definizione.

Qualcosa però quelle donne dovevano covare, perché Morel era stato arrestato per un fatto singolare:

Lo sa come è finito in mano mia? L’ha lasciato giù una donna, in una busta indirizzata a me. Dentro c’era un biglietto: L’ASSASSINO È PAUL MOREL. Così siamo arrivati a lei – per delazione. Non è merito nostro… comunque, l’importante è il risultato.

Vilela interroga Carmem-Lilian, la prostituta, grata che Paul avesse ospitato nella sua casa il figlio Marcelo, dando ad entrambi una speranza di costruire un rapporto familiare spezzato, mentre Joana-Aracy, la pittrice, afferma di conoscerlo addirittura da quando erano bambini e di esserne innamorata.

“Morel piaceva molto a tutte noi. Io ne ero innamorata.”

“Non vi infastidiva che andasse a letto con le altre?”

“All’inizio mi metteva un po’ a disagio, ma ne parlavamo sempre, insieme, e nei giochi teatrali rappresentavamo la nostra situazione. Alla fine ho capito che non c’era niente di speciale. Eravamo una famiglia.”

Ma il diario che aveva portato all’arresto di Morel di chi era? E cosa conteneva?

Diario.

Morel mi ha chiesto di unirmi alla famiglia e io ho accettato. Credevo ancora all’esistenza di legami familiari che non fossero filo spinato. Il matrimonio istituzionalizza l’ideologia borghese della sicurezza, corrompe la vita emotiva delle persone. Non conosco una coppia felice che sia una. Ho visto ipocriti, costruttori di facciate presentabili, infelici che la sera vanno a letto insieme come vecchi coinquilini di uno stesso ostello, ignari, o noncuranti, dei tormenti del compagno. Coppie con un unico obiettivo: comprare casa, essere rispettabili, efficienti, influenti, con ogni forma di corruzione nascosta o esibita. […] chi leggerà questo diario, lo so, penserà: quanto sciocchezze scrive questa ragazzina. E allora sappiate (tutti quanti) che avrò anche solo ventun anni ma le cose le so, e l’idea di una famiglia collettiva non ha senso.

Heloìsa Wiedecker annotava i fatti salienti della propria vita e della relazione con Morel, del quale amava soprattutto le perversioni sessuali, che istigava in continuazione, chiedendogli di picchiarla o umiliarla in modi sempre diversi ed eccitanti.

L’uomo era soggiogato dalla sua amante sfrenata e aveva dichiarato che tra le tre donne, fosse quella che veramente amava.

“Mi è tornato in mente ora. ‘Mi sento morta’”, ha detto, ‘ma se tu mi ammazzi sono viva. Forza, vieni, fammi a pezzi, mettimi il diavolo in corpo’”.

“Ha ucciso lei Joana?”

“No”.

L’incontro di Vilela col mondo di Morel, però, comincia a rivelarsi disastroso, in quanto Vilela si sente trascinato in un vortice di insensata violenza dal quale stenta a uscire, finendo quasi per immedesimarsi con il galeotto.

Si sente simile a Morel – stessa esistenza segnata dalla povertà, dalla solitudine, dal disgusto per la violenza. Il sadismo di Morel lo turba. Anche Vilela prova lo stesso fervido impulso verso la violenza, non la selvaggia manifestazione di un tratto primitivo, ma il desiderio lucido e matura che dava a Morel la coscienza della crudeltà.

Vilela ha finito di leggere il romanzo, al quale Morel deve dare un finale.

E la fine, è la soluzione del caso o solo la fine del romanzo di Morel?

“Non sapeva come cominciare il suo libro. Saprebbe finirlo, adesso?”

“Non era un libro. Solo una piccola biografia scritta male. A story told by a fool…”

Di romanzi buoni ne ho recensiti tanti, di ottimi già meno, ma quando se ne affronta uno eccezionale bisogna solo sottolineare i passi salienti e fare tesoro di ciò che si è letto.

Il mio incontro con Rubem Fonseca è stato una folgorazione!

Un romanzo su tre piani che si intersecano, un libro nel libro, a cui si aggiunge un diario, tre storie che si sovrappongono, due personaggi (Vilela e Morel) memorabili che, in qualche misura, si scambiano le professioni e si compensano.

C’è molto da imparare da Fonseca, dal punto di vista letterario e umano.

Una prosa tesa e uno sguardo tagliente sulle miserie della vita, ma soprattutto sulla percezione distorta che abbiamo di tale miserie. A volte li vestiamo da trionfi, altre li sminuiamo senza ragione. In entrambi i casi, mistifichiamo la realtà.

Riassumendo la trama di Il caso Morel, non ho fatto menzione dei temi sociali che attraversano tutta la narrazione, frutto del lavoro sul campo di Rubem Fonseca quando prestava servizio come poliziotto nelle favelas, prima di diventare un romanziere di successo. Proprio come Vilela, il suo investigatore-scrittore.

La povertà, innanzitutto, che trasuda dall’esperienza di vita dei personaggi in basso alla scala sociale, dediti in gran parte a furti e prostituzione, al quale però lo scrittore regala una forza catartica:

Siamo giunti alla conclusione che avere soldi porta appena vantaggi minimi. Chi ne ha non lo sa e non soffre nemmeno di questa piccola frustrazione. Più poveri si fossero, più felicità esisterebbe al mondo.

La realtà dell’alta società, invece, è quella di Heloìsa, ricca di privilegi e vuoti esistenziali, colmata da sostanze stupefacenti, alcool e sesso sfrenato.

Fonseca calca molto la mano sulla valenza sociale della sessualità e sull’uso strumentale che se ne fa in Brasile.

Leggete questo passo esemplificativo:

“La maggior parte degli uomini della nostra classe sociale” ho detto, “cominciano a scopare con le puttane o le camerierine, ragazzotte importate dalle zone povere del Nord del Brasile o pescate nelle favelas, in genere mulattine che il maschietto di casa si fa col massimo disprezzo. […]

Una mulatta è abbastanza nera per apparire inferiore rispetto alle donne di famiglia di un maschio bianco, così da permettergli di riprodurre le condizioni ideali della sua prima esperienza sessuale senza alcuna ansia. Niente di meglio di una mulatta per un po’ di sana libidine – frase tipica in tutto il paese”.

Vi lascio con qualche chicca, scovata qua e là che, per un verso o l’altro, ho apprezzato.

Vilela fuma i miei sigari havana preferiti (i Romeo Y Julieta), la citazione in inglese (A story told by a fool) è parafrasata dal Macbeth del grande Bardo (che si limita ad un idiot) e l’affermazione “La letteratura è un’idiozia. Raymond Chandler è meglio di Dostoevskij, ma nessuno ha il coraggio di dirlo” vale un applauso a scena aperta.

Vi lascio con la citazione delle citazioni, che ricorre per tutto il romanzo, un aforisma lapidario e potente, che ogni scrittore dovrebbe tenere come screensaver sul suo computer:

Di niente dobbiamo avere paura.

Se non delle parole.

Who is who?

José Rubem Fonseca (11 maggio 1925 – 15 aprile 2020) è stato uno scrittore e sceneggiatore brasiliano, vincitore del Premio Camões nel 2003, sesto scrittore brasiliano di tutti i tempi ad aggiudicarsi l’ambito riconoscimento.

Dopo essere stato uno dei più brillanti allievi dell’accademia di polizia, nel 1952 divenne commissario del sedicesimo distretto. Fu esonerato il 6 febbraio 1958. Gli anni nelle favelas permisero a Fonseca di essere lo scrittore brasiliano che di più ha avuto contatti con quel mondo, che ha profondamente influenzato tutta la sua opera e il suo pensiero.

Tra il 1953 e il 1954 era stato più volte presso l’Università di New York, dove si appassionò alla letteratura, attività alla quale si dedicò completamente dopo aver lasciato la polizia.

In quegli anni conobbe il connazionale scrittore Dalton Trevisan del quale divenne amico. Si appassionò inoltre al cinema, diventando successivamente sceneggiatore. Lavorò per l’emittente televisiva statunitense Home Box Office, ottenendo visibilità anche per i suoi romanzi.

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Il caso Morel
  • Fonseca, Rubem (Autore)

Articolo protocollato da Monica Bartolini

Monica Bartolini (Roma 1964) si afferma nel mondo della scrittura gialla con i romanzi della serie del Maresciallo Nunzio Piscopo (Interno 8 e Le geometrie dell'animo omicida, quest'ultimo finalista al Premio Tedeschi nel 2011). Nel 2010 vince il Gran Giallo Città di Cattolica per il miglior racconto italiano in ambito mystery con il racconto Cumino assassino, compreso nell'antologia 10 Piccole indagini (Delos Digital, 2020). Autrice eclettica, per I Buoni Cugini Editori pubblica nel 2016 Persistenti tracce di antichi dolori, una raffinata raccolta di racconti gialli storici che ha per filo conduttore le vicende legate al ritrovamento di alcuni reperti storici, che ancora oggi fanno bella mostra di sé nelle teche dei musei di tutto il mondo, e nel 2019 la terza investigazione del suo Maresciallo dal titolo Per interposta persona. Collabora con i siti www.thrillercafe.it e www.wlibri.com per le recensioni ed è membro dell'Associazione Piccoli Maestri - Una scuola di lettura per ragazzi e ragazze che si occupa di leggere i classici nelle scuole italiane. Bibliografia completa in www.monicabartolini.it Contatti: [email protected]

Monica Bartolini ha scritto 99 articoli: