Il cerchio del lupo, romanzo di Micheal Connelly con protagonista Harry Bosch, era stato annunciato in uscita a luglio 2008, ma finora non se n’è avuta traccia. Attendendo che Piemme porti in Italia questo libro, dal titolo originale di Echo Park, vediamo cosa diceva Connelly a riguardo in un’intervista di Book Help Web…
[D]: Che cos’è che credi funzioni meglio o che ti piace di più in Echo Park?
[R]: Quello che mi piace di più è che si tratta di una specie di rovesciamento delle situazioni, ed è stato rinfrescante. Nella maggior parte dei libri Harry Bosch raccoglie prove e ciò lo porta da un luogo del delitto verso il male nascosto. Questa volta è il contrario. Il male compare subito nel libro. Un uomo chiamato Raynard Waits è in carcere e vuole confessare diversi omicidi. Bosch, in effetti, procede a ritroso da lì verso il luogo del delitto. Per me è stato divertente questo ribaltamento dopo tanti romanzi di una lunga serie.
[D]: In Echo Park, ricompare Rachel Walling, un ex profiler dell’FBI. Per chi è nuovo della serie, cosa lì separò?
[R]: Buona domanda, e dubito che potrebbero mai rispondere. Avevano indagato insieme su un caso un paio di anni fa (Il poeta è tornato) e penso che si siano fatti un’idea del carattere l’uno dell’altra dal modo in cui hanno lavorato al caso. Ci sono stati disaccordi e qualche diffidenza. Non necessariamente era finita male. Era solo finita. Ma il tempo sembra ammorbidire gli spigoli duri. Un pezzo di quel passato è stato dimenticato quando lui l’ha richiamata in Echo Park.
[D]: Uno dei casi aperti su cui indagano Bosch e Kizmin Rider deriva dai disordini di Los Angeles del 1992. Tu te ne occupasti come reporter per il Los Angeles Times. Come quell’evento continua a influire sulla tua scrittura e le scelte che hai fatto fare ai tuoi personaggi?
[R]: Continua a sottolineare come la vita sia più strana della finzione. Passai una notte sull’Hollywood Boulevard e vidi il saccheggio e il rogo della strada. Vidi un Frederick’s – un negozio di biancheria – svuotato dai saccheggiatori. Non aveva senso. Era surreale, per usare un termine abusato. Quindi penso che sia qualcosa a cui torno di volta in volta nelle mie storie perché mi ha fatto davvero impressione. Contribuisce inoltre a ricordarmi che scrivo di Los Angeles e che ho un sacco di libertà nella creazione di trame, perché il mondo reale è più strano, più triste…
[D]: Uno dei punti di forza di Echo Park è l’intreccio di riferimenti culturali provenienti dalla musica jazz, dal folklore, e dai ristoranti. Sono interessi che condividi con Bosch? Come ti hanno aiutato a rendere Bosch un personaggio più completo?
[R]: Se sono di interesse per Bosch lo sono anche per me. Ecco come entrano nel libro. Penso che tutte queste cose siano ottime per delineare personaggi, il che è il perno dell’intero esercizio. Per esempio, i musicisti che Harry ascolta sono scelti accuratamente. Hanno tutti lottato per produrre la loro musica ed è per questo che Harry li apprezza. Anche lui ha dovuto lottare per la propria.
[D]: Hai detto d’aver scelto il nome Hieronymus Bosch ispirandoti al pittore del 15esimo secolo che ha creato tele intrise di violenza, depravazione e degenerazione umana. Il tuo detective, nonostante la sconsideratezza con cui si impegna, appare più come uno che cerca di ripristinare la giustizia e un po’ d’ordine nel mondo. Qual è il tuo giudizio su Bosch – abbraccia il caos delle scene del delitto a Los Angeles e la propria capacità di gestirlo o gli resiste e vede la sua missione come una lotta contro di esso?
[R]: Penso che sicuramente resista. Che veda la sua missione come quella di ripristinare l’ordine dal caos. Un modo di farlo è quello di eliminare il male dall’equazione. Questa è la sua missione; cacciare i prevaricatori. I dipinti di Bosch raffigurano le cose che hai descritto, ma nel loro tempo erano visti come parabole e avvertimenti del prezzo del peccato.
[D]: Sul tuo sito Web dici che più scrivi su Bosch, più vicine diventano le vostre visioni del mondo. Puoi fare qualche esempio?
[R]: La speranza per Los Angeles: l’amiamo entrambi per quello che potrebbe essere. Siamo costantemente delusi dalla realtà, ma continuiamo a sperare. Credo, tuttavia, che la principale connessione che condivido con Bosch sia attraverso la paternità. Abbiamo due figlie circa della stessa età. Si tratta di un grande legame.
[D]: Harry Bosch fa le cose che vuoi fargli fare quando ti siedi a scrivere? Oppure è un ribelle sulle pagine, che ti sorprende con le direzioni che sceglie di prendere?
[R]: Non sono quel tipo di scrittore. Ho sentito storie sul subconscio e su personaggi che vivono di loro. L’ho mai provata come esperienza. Non la capisco neanche. Per me, la scrittura è un mestiere e io ci lavoro. Quando compongo le mie storie nessun personaggio – e tanto meno il protagonista – può fare cose che non mi aspetto. Fanno ciò che – attraverso la scrittura – gli dico di fare.
[D]: Hai sviluppato un tema generale per la serie di Harry Bosch? C’è un tema che è costantemente ricorrente a seconda se lo vuoi o meno?
[R]: Il tema intenzionale di tutta la serie è l’esplorazione della equazione delle tenebre. Con questo intendo l’idea che se ci assendra tra le tenebre a svolgere la nostra missione, un po’ di queste entrerà in noi. Quindi la domanda è: che cosa si fa? Come mantenersi al sicuro? Come ha detto il filosofo: “Quando si guarda nell’abisso, l’abisso guarda in te”. Ecco, in poche parole. Questi libri riguardano un uomo che guarda nell’abisso.
[D]: Che cosa ti tiene appassionato a Harry Bosch?
[R]: La risposta precedente. E’ divertente, interessante, e soddisfacente scrivere su un personaggio che si trova sul bordo del baratro.
[D]: Qual è stata la parte più gratificante dell’interazione con i tuoi fan durante il tour e gli eventi promozionali?
[R]: Tutto, ma due cose in particolare. È molto gratificante quando sento o incontro poliziotti che apprezzano quello che sto cercando di fare. E quando incontro qualsiasi lettore – poliziotto o meno – che si prende a cuore Harry Bosch e si preoccupa davvero per lui. Quando le persone realizzano questa connessione empatica, mi dice che forse starò qualcosa di giusto.
[D]: Quale tuo libro alla fine è risultato più diverso da quello pensavi sarebbe stato quando l’hai iniziato?
[R]: Debito di sangue. Ho scritto circa 300 pagine seguendo la mia idea iniziale e poi ho demolito il tutto e iniziato con un altro personaggio principale. Quando ho finito era molto diverso da quello che avevo inizialmente previsto.
L’intervista originale è sul sito di Book Help Web; sperando vi sia parsa interessante, non vi resta che procurarvi una copia de Il cerchio del lupo.
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