Il cerchio muto, il libro recensito oggi, è il titolo del romanzo più recente di Gianfranco Nerozzi, intervistato per ThrillerCafe.it qualche settimana fa da Silvia Torrealta.
Titolo: Il cerchio muto
Autore: Gianfranco Nerozzi
Editore: Nord
Anno di pubblicazione: 2009
Pagine: 584
Trama in sintesi:
Clorinda, nel suo diciottesimo compleanno, è finalmente pronta a volare via da un padre troppo presente e ossessionato dal ricordo della madre. Franco sta scappando invece dopo una gara automobilistica clandestina, con la testa piena di rabbia e di dolore perché non riesce a diventare un poliziotto come suo padre. I loro destini si scontrano davanti a una discoteca. Lo schianto, e poi il silenzio. A spingere le cose in questa direzione, Chiara Monti, vice questore all’inseguimento di Franco. Quest’ultimo, una volta rimessosi dai postumi dell’incidente, per non morire consumato dall’angoscia comincia a raccogliere informazioni sulle “stragi del sabato sera”. E si rende conto che incidenti apparentemente casuali sono uniti l’uno all’altro da un terribile filo conduttore.
Benché non si tratti di un romanzo thriller vero e proprio, questo di Nerozzi è un libro che sa come tenere alta la suspense. Passaggi adrenalinici, azione, tensione. Sistema respiratorio più volte in fase di stallo che chiede: “ehi, riprendo a funzionare o no?”.
Sono tanti, devo dire, gli elementi pregevoli de Il cerchio muto, a partire dai personaggi vivi e pulsanti emozioni, tutti con un realistico grumo scuro annidato nell’animo. Anche nei protagonisti positivi, sinceramente umani, senza aureole di santità posticce e con tanti pesi sulla coscienza. Francesco e Chiara su tutti, il primo a scalare un sentiero di riscatto dall’illegalità, la seconda che non riesce a lavar via da sé le ceneri di un amore morto e cremato in nome del quale copre il ragazzo, prima di perdersi proprio con quest’ultimo in una passione traslata dal padre sul figlio.
Ma sono pure gli antagonisti a trafiggere il lettore, inattesi, sconvolgenti. Saverio Mastri, un genitore ossessionato al punto di plasmare Clorinda sull’effige della madre, e Vasco Terrano, boss traviato e schizofrenico, alle prese con mostri ingabbiati in ricordi dissestati di abominii vissuti da ragazzino.
Un cast, che guidato da una penna a tratti struggente e martellante, è portavoce di un messaggio inscindibile dalla trama e che grida Disagio a ogni pagina. Perché il vero protagonista della storia è a mio avviso il malessere di giovani che hanno tanto nelle tasche e poco che li scaldi dentro. Sui rottami e i cadaveri delle stragi del sabato sera che si replicano identici (narrativamente e metaforicamente) nel libro, aleggia il miasma inconfondibile del vuoto esistenziale, mancanza interiore, o forse pugno invisibile che pressa da dentro alla ricerca di stimoli, del Sentire. Del Vivere.
Giudizio definitivo: Il cerchio muto, muto non è. Dice tanto, consiglio di ascoltarlo.
Recensione di Silvia Torrealta.
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