Da poco edito da Rizzoli, oggi recensiamo Il cinese, nuovo romanzo di Andrea Cotti.
Una rapina, sembra, che finisce molto male. Un imprenditore e la figlia di quattro anni rimangono sul selciato, morti. L’indagine della polizia che ne seguirà però non sarà difficile come previsto ma peggio: le vittime sono cinesi, il loro mondo difficile da conoscere e quasi impossibile da penetrare.
Per rompere il muro del silenzio dell’enorme e ricca comunità cinese in Italia serve un investigatore speciale: il vicequestore Luca Wu.
Voglio questa indagine perché sono stanco di essere usato – da Lanfranchi, prima, e da Caruso, ora. Devo dimostrare di non essere solo un pupazzetto cinese messo lì per fare bella impressione. E se devo stare dentro al circo, tra i leoni, voglio starci a modo mio.
Questo Il Cinese è un ottimo poliziesco all’americana con molte qualità. Un tempo delle indagini preciso, un realistico gergo da polizia, la rappresentazione solida di metodi d’indagine, personaggi secondari ben delineati e credibili, scene di lotta e di arti marziali di ottima fattura, uno studio attento delle procedure di polizia giudiziaria e delle dinamiche tra diversi reparti e magistratura. Tutto mantenendo un’alta leggibilità e senza cali di tensione nello svolgimento. Cosa che per un romanzo italiano di oltre 500 pagine è già un grandissimo merito.
Alla fine di ogni Beimo, mio padre mi riaccompagna a casa in macchina. Non commenta mai l’incontro, non mi dà consigli di nessun genere. Ha Ja dice che ho talento, e lui ha cieca fiducia in Ha Ja. Però, ogni volta, prima di mettersi al volante, mi posa una mano rassicurante sulla spalla, e mi concede un sorriso. Quel gesto è la sua vicinanza. Wong Shun Leung ha disputato e vinto più di mille Beimo. Io ne ho fatti più o meno quaranta. Ho indagato su diciassette casi di omicidio, e li ho risolti tutti. Ho combattuto in quaranta Beimo. E li ho vinti tutti.
A tutto questo si aggiunge un protagonista eccellente. Luca Wu è un uomo tra due mondi, occidente e oriente, italiano e cinese: in questa crepa da riempire il personaggio e il suo arco vibra e cresce con lo scorrere delle pagine. Wu spara, combatte, gestisce la sua squadra di colleghi, rimorchia e scopa, interroga i sospettati, gioca nel circo della politica di procure e questure.
È un personaggio vivo.
Wu e la sua squadra si troveranno ad affrontare l’omertà della comunità cinese di Roma e le insidie di una Triade. Questo basterebbe per rendere il romanzo interessante ma l’autore rilancia: l’omicidio dell’imprenditore e della sua bambina sono soltanto un tassello di un sistema ancora più spietato e crudele, tutto al servizio dei bisogni oscuri di un serial killer, le cui origini sono oscure e lontane, nel tempo e nello spazio.
Non c’è alcuno “spiegone”: arti marziali, flashback, le strade di Roma, storia cinese scorrono godibilissime.
L’indagine è puro intrattenimento di qualità del lettore.
L’identità combattuta del protagonista è gestita mirabilmente da Andrea Cotti.
Luca Wu è un supereroe: la fiction di genere italiana ha bisogno di questi personaggi.
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