Varsavia, in via Kondratowicz, civico 41: Robert e Agnieszka si trasferiscono nel condominio per iniziare la loro vita di giovani sposi, sotto i migliori auspici e pieni di speranze per il futuro. Quello che non si aspettano è un corpo decapitato ritrovato nell’ascensore del palazzo: è solo l’ultimo di una serie di inquietanti incidenti avvenuti nell’edificio, dove gli abitanti sono tormentati da incubi e allucinazioni. Dopo altre morti misteriose, una sostanza viscida e nera si impadronisce del condominio, impedendo a chiunque di uscire o di comunicare col mondo esterno. Agnieszka con i nuovi vicini Wiktor e Kamil si ritrovano a indagare sui fatti sempre più inquietanti, lottando contro il sonno e le paure che vi si annidano e, mentre tentano di scoprire cosa li minaccia e li imprigiona, finiscono per svelare la storia del palazzo.

Allucinazione collettiva o storia soprannaturale?

Thriller dalle sfumature soprannaturali o horror? Entrambe le cose e molto altro in questo appassionante romanzo del polacco Miloszewski Zygmunt, che fin dalle prime righe instilla nel lettore un senso di minaccia incombente annidata dietro una facciata anonima e grigia di un palazzo dell’Est Europa che non potrà che crescere durante tutto il romanzo, seppure con una differenza di ritmo tra la parte iniziale piuttosto lenta – e non con accezione negativa – e il finale decisamente più dinamico.

L’ambientazione in un edificio dal quale non si può uscire è un grande classico del cinema e della letteratura horror, e nel romanzo le atmosfere disturbanti riportano alla memoria del lettore grandi classici: da Roman Polanski (Rosemary’s baby, L’inquilino del terzo piano), a Shining al bellissimo Il condominio di J. G. Ballard, che per alcune sfumature di critica sociale si può avvicinare a Il citofono. Il condominio è uno spazio chiuso e claustrofobico, un microcosmo sociale con dinamiche talvolta esplosive nascoste dietro la facciata regolare dell’edificio, metafora della società che raccontano.

Miloszewski Zygmunt riesce però a sfruttare questo topos narrativo senza cadere nella banalità, trasmettendo anzi una percezione precisa – e critica – della società e dell’architettura post bellica polacca che però ha anche sfumature di modernità: nelle linee squadrate e monotone si intravede un grigiore che sembra prendere il sopravvento sugli esseri umani, inghiottiti da condomini che paiono trappole. C’è un forte senso di decadenza che pervade il romanzo: non una decadenza nobile ed elegante, questa è una decadenza rabbiosa e cinica dettata dall’imbruttimento, che giova molto all’inquietudine che un buon thriller dalla sfumature horror deve poter creare.

I personaggi sono ben tratteggiati, e l’autore sa costruire per ognuno storie interessanti fatte di drammi personali e scheletri nell’armadio: i tre protagonisti sono antieroi in cerca di redenzione, ma è nel momento in cui nessuno potrà più uscire dall’edificio che i confini tra bene e male, incubi e realtà, vittime e carnefici si faranno sempre più labili sino a scomparire

Si è inevitabilmente catturati dall’analisi dei protagonisti, dalle loro storie e dai loro segreti, ma a questa sottigliezza psicologica fanno da controcanto scricchiolii, intonaci che si staccano, cantine e ascensori che da soli popolano i sogni inquieti del lettore: eppure da questo amalgama apparentemente inconciliabile ne esce un romanzo ben riuscito, disturbante e cinico, che è un po’ thriller e un po’ horror ma che è soprattutto una storia che vale la pena leggere.

Miloszewski Zygmunt, nato a Varsavia nel 1976, è giornalista e autore: specializzato in rapporti giudiziari e criminali, per diversi anni ha anche avuto una colonna in «Metropol», e dal 2003 ha lavorato per l’edizione polacca di «Newsweek». Ha pubblicato diversi romanzi di successo, e con Il caso costellazione, pubblicato in Italia da Rizzoli nel 2017, ha raggiunto una solida popolarità internazionale

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Il citofono
  • Editore: Voland
  • Autore: Zygmunt Miloszewski , Raffaella Belletti

Articolo protocollato da Marina Belli

Lettrice accanita, appassionata di rugby e musica, preferisco – salvo rare eccezioni – la compagnia degli animali a quella degli umani. Consumatrice di serie TV crime e Sci Fy, scrittrice fallita di romanzi rosa per eccesso di cinismo e omicidi. Cittadina per necessità, aspiro a una vita semplice in montagna o nelle Highland scozzesi (a condizione che ci sia una buona connessione).

Marina Belli ha scritto 146 articoli: