Il commissario Pepe, di Ugo Facco De Lagarda, è stato uno dei romanzi cult del giallo all’italiana, anticipatore del poliziotto distaccato e un po’ filosofo, dell’ambientazione di provincia, e del falso perbenismo dietro cui si nascondono i vizi più torbidi. Il libro, da cui nel 1969 Ettore Scola trasse l’omonimo film con Ugo Tognazzi,viene ora riedito da Giano. La trama è la seguente:
È il 20 aprile del 1964: sul tavolo del commissario Gennaro Pepe viene depositata la bomba: due enormi fascicoli con sopra scritto «Villa Norma» e «Piazza Cavour 113». In questura, attendono la sua controfirma sette mandati di cattura, undici di perquisizione, trentadue ordini di comparizione. Un terremoto che potrebbe mettere a grave repentaglio il già sospettabile nome di almeno cinquanta famiglie.
Si parla di festini con giovanotti vestiti da donna, case d’appuntamento in cui sono coinvolte delle minorenni, industriali avveduti e pederasti, contesse trasformatesi in tenutarie…
Gennaro Pepe chiuderebbe volentieri l’inchiesta etichettando come fantasie le presunte rivelazioni che vi sono contenute, ma echi della bomba si fanno già sentire in città e lo costringono suo malgrado, a indagare, per scoprire infine che la sua religiosissima città è tutt’altro che perbene e che il velo di ipocrisia copre a malapena le sue perversioni.
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