Uscito da poco per Marsilio Editori, recensiamo oggi al Thriller Café “Il confine” di Giorgio Glaviano.
Nell’arco di sette mesi il capitano dell’Arma Fabio Meda ha perso tutto: moglie, onore e rispetto dei colleghi. È stato degradato a carabiniere semplice e trasferito da Milano a Velianova, piccolo paese della maremma toscana. Le sue giornate scorrono tra turni monotoni in caserma, serate davanti alla televisione e prostitute. Quando vengono rapiti tre ragazzi che partecipavano ad un rave in zona, la località si trasforma nel centro di comando delle operazioni tese a catturare il rapitore, o “l’Orco” come lo hanno ribattezzato i giornalisti. Un intervento su larga scala, considerata la vastità dell’area boschiva, diretto dal capitano Rio, uno dei migliori elementi dell’Arma.
Meda assisterà alle indagini da umile spettatore, ma un vecchio debito contratto con uno strozzino, uno strano lavoro propostogli da un enigmatico Carmine Treanni e il ricatto di una donna misteriosa, Nevena, lo obbligheranno a occuparsi del caso in via del tutto personale e non autorizzata.
Queste sono le premesse alla base di una trama complessa e ben orchestrata sotto ogni aspetto, che appassiona già dalle prime righe. Un romanzo ricco di storie pubbliche e private, presenti e passate, al centro delle quali spicca la figura di Fabio Meda e il suo vissuto. Il protagonista è descritto con grande accuratezza: i suoi pensieri, i dialoghi nella sua mente, i ricordi e le scelte sbagliate o subite, portano il lettore a conoscerlo e capirlo sempre meglio con il fluire delle pagine. Scopriremo cosa ha fatto per finire in quel paesino colmo di alberi e silenzio e comprenderemo cosa sia veramente quel confine che dà il titolo al thriller e che gli condiziona la vita. Parallelamente alle indagini infatti, Meda intraprende una ricerca interiore, per certi aspetti dolorosa, che lo porterà a inseguire e svelare la verità sul crimine e anche su se stesso.
Il male più perverso e il bene più puro si alternano tra i capitoli de “Il confine” e tra i boschi che appaiono come animati, che respirano e che incutono paura: “Perché lì, tra milioni di alberi, lui era nudo. Era un uomo, piccolo, inutile e incapace. Il bosco lo fissava e gli vedeva dentro.” Ecco che l’ambientazione è molto più di uno sfondo nel quale incastonare l’intreccio narrativo, è comprimaria: nasconde e rivela vita e morte, segreti e indizi. Il bosco osserva, custodisce e alfine si manifesta.
Attraverso la prosa moderna e diretta, i dialoghi curati, i numerosi personaggi delineati con attenzione e un ritmo rapido e convincente, l’autore ci accompagna, infine, verso un epilogo insospettabile, una risoluzione del caso che mai avrei potuto immaginare: un finale in cui è necessario, per il protagonista, “lasciar andare” per poter ricominciare.
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