Classico thriller poliziesco, Il convento sull’Isola di Marco Polillo si inserisce nel filone italiano della narrativa noir, soprattutto dell’ultimo periodo, di cui presenta le caratteristiche proprie: un’ambientazione forte, che è protagonista del libro insieme al crimine, un personaggio centrale che porta nelle pagine, in maniera più prepotente di quanto potrebbe fare un investigatore americano o un commissario francese, la vita personale, il racconto del quotidiano, degli affetti, dei propri pensieri.
Enea Zottia, vicecommissario milanese, è chiamato a Orta San Giulio per risolvere una serie di furti che avvengono sull’isola, nelle ville tenute chiuse durante l’inverno e nel monastero di clausura Mater Ecclesiae. E anche per fare luce su un quadro che, parrebbe spontaneamente, si sposta dalla collocazione in cui lo vorrebbero i proprietari, come avesse un’anima, una forza propria. Soltanto in seguito, a narrazione ormai avviata, quando i personaggi si sono fatti avanti e hanno iniziato a farsi scrivere e a lasciarsi connotare, solo allora, quasi in sordina, avvengono i due omicidi sui quali Zottia si trova a collaborare col maresciallo Danova, legittimo titolare delle indagini.
Parrebbe, all’inizio, un mistero prima che una trama poliziesca, leggero diversivo reso più facile, nella storia, dalla presenza incombente del convento che condiziona e guarda tutto: ma poi ogni cosa abbandona l’accennata aura soprannaturale e ritorna velocemente agli umani e più bassi meccanismi di ricettazione e giro di denaro facile dentro i quali, però, non prenderanno posto i delitti.
Collaboratori delle suore, uomini tuttofare e di fatica, famiglie ricche, spiantati, ragionieri con ambizioni da strapazzo, monache inquiete: è la vita di provincia che Polillo indaga, attraverso gli occhi del commissario di città che va e viene da Milano, e che quando arriva si confonde con le cadenze del borgo, dei vicoli, coi sussurri, e si mette dentro ai legami mai troppo celati, a vecchi rancori.
Una vita che non smette di affascinare, quella della classica provincia italiana, da tempo sfondo per le narrazioni di scrittori noir di casa nostra. Lo stesso Polillo – già direttore generale di Rizzoli e Mondadori, ora impegnato nella casa editrice cui dà il nome – torna ancora una volta a Orta San Giulio, dopo avervi ambientato un altro racconto, attratto dai battelli, dall’imbarcadero che guarda l’isola, dal lago, ora pigro ora cupo e terribile come mare, dal monastero. Un luogo che ha già interessato altri scrittori, non di gialli, e il mondo del cinema, e che si presta benissimo da scenografia a un thriller ben congegnato, senza effetti speciali, che scorre piano come il paesaggio, eppure non semplicistico nelle connessioni sempre plausibili.
Anche il ritmo del romanzo si accorda, con la sua scrittura piana, piacevole, non azzardata, a quello del paesaggio, e ne ricalca il suono: non serrata, senza plateali e urlati colpi di scena, la trama giunge a un epilogo non scontato, ma al quale il lettore è condotto assemblando non solo immagini, indizi e parole, ma soprattutto lo scandaglio degli animi cui mai lo scrittore, e il vicecommissario, suo tramite, si sottraggono.
Daniela Stallo
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- Polillo, Marco (Autore)