“E’ la storia, non chi la racconta”, recita uno dei brocardi più cari al mondo della scrittura creativa.
Ma leggendo “Il cuoco di Burns Night” verrebbe da pensare che “è la storia, ma soprattutto come la racconti”.
Ma andiamo con ordine.
La prima cosa che colpisce di questo piccolo romanzo è la copertina. Un profilo nero dal fascino retrò, ti viene alla mente il primo Conan Doyle, o magari uno di quei vecchi gialli che tua nonna leggeva la sera prima di andare a dormire e ora marciscono in soffitta tra la polvere.
Ma l’autore ha un nome italiano (cosa che negli ultimi anni sembra essere diventata quasi una colpa, agli occhi degli editori…), dei lineamenti che ricordano vagamente il master Neil Gaiman, ed un bel po’ di coraggio.
Già, perché l’opera prima di Roberto Agostini è tutto tranne che un romanzo scontato.
A partire dal titolo, incomprensibile ai più (poi apri la quarta di copertina, scopri che Burns Night è “l’antica festa dedicata a Robert Burns, sommo poeta scozzese”, sorridi di fronte all’immensità dello scibile umano), passando per l’incalzante incedere dei capitoli, fino ad arrivare alla trama.
La storia della “fuga dalla mediocrità” di Alessandro, insegnante cuoco, scontento della sua vita, che un giorno decide di lasciarsi alle spalle la sua esistenza per mettersi alla ricerca del desaparecido Pappy, leggendario masterchef messicano nonché padre della “Zuppa Rossa”.
Un Noir atipico che è anche un romanzo di formazione che in 150 pagine scarse riesce a raccontare il viaggio (reale e metaforico) di Alessandro tra Italia, Sudamerica e Scozia.
Un Thriller che in fondo proprio Thriller non è, ma che affascina se non altro per la stranezza della tecnica narrativa di Agostini, che riesce ad unire il ritmo sincopato di chi con il cinema/teatro/TV ci sa fare assai (leggere la biografia per credere) all’ipnosi narrativa, imprescindibile maestra di chi vuole misurarsi con il mondo mistico magico del cibo e dell’esoterismo.
Tralasciando qualche irregolarità stilistica, perdonabile per chi è alla sua “prima volta”, ci troviamo di fronte ad un romanzo che ha tutto per essere preso in considerazione, quando per questo tutto intendiamo avere “qualcosa di nuovo da dire, qualcosa di nuovo da mostrare”.
Una lettura interessante, specialmente per chi ha voglia di regalarsi un viaggio in macchina con un conducente un po’ svitato, che ora rallenta, ora accelera, poi nel finale si crede un guidatore di rally e schiaccia tutto sulla tavoletta.
Una bella storia, insomma, raccontata ancora meglio.
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