Pubblicato il 2 luglio da Mondadori, Il destino dell’orso è un giallo che racchiude in sé un perfetto equilibrio tra leggerezza e mistero, complice il contrasto tra l’ambiente mondano della Milano bene d’istanza in Svizzera e i paesaggi bellissimi, ma tranquilli e solitari dell’Engadina. Dopo Nostalgia del sangue, Dario Correnti ci regala un nuovo giallo che parte con leggerezza, ma si rivela ricco di suspense e risvolti psicologici inaspettati.
Un giorno di luglio un uomo viene ritrovato morto, sbranato da un orso in una valle dell’Engadina. E’ Achille D’ambrosio, personaggio tanto ricco quanto torbido, appartenente alla Milano che conta. L’ambiente è sobriamente sconvolto, tra una cena e una foto, una lacrima e una manifestazione di cordoglio, anche la morte sembra diventare un’occasione mondana per spettegolare. Solo una donna appare sinceramente addolorata e, stranamente indignata per le sorti dell’orso: Marta Guerra sostiene che lui non c’entri nulla e che il morto sia stato “avvelenato… come gli altri!”. Nessuno le dà credito, si sa che Marta è un po’ pazza, se non fosse che il giorno dopo aver riferito le sue convinzioni alla giovane giornalista Ilaria Piatti, la donna viene uccisa in un tentativo di rapina nel centro di Milano. Ad Ilaria Piatti detta Piattola, sempre precaria, fragile e sola, il furto appare subito molto sospetto, così contatta Marco Besana, il collega ed amico molto più esperto e disilluso di lei, che si sta occupando del caso dell’orso. I due, nonostante la riluttanza di Besana e i tagli alle spese del giornale, cominciano ad indagare insieme. Una volta in Svizzera, invischiati in quell’ambiente snob e frivolo a cui non appartengono, i due giornalisti scoprono che ad essere sospetto non è solo il furto ai danni di Marta Guerra, ma anzi le morti accidentali messe a tacere sono tante e, secondo Ilaria, tutte collegate ed aventi a che fare col veleno. C’è qualcuno che conosce bene e sa usare i veleni, sceglie con cura le sostanze da usare, e sembra seguire le orme di una vecchia avvelenatrice siciliana del Settecento, Giovanna Bonanno, la Vecchia dell’aceto. Ma la mente ideatrice è sottile, la polizia è impenetrabile, per capire ci vuole la determinazione di un segugio. E Ilaria lo è: lei non è una che calcola, lei non sgomita, lei sente… e non si fermerà finché non avrà compreso cosa c’è dietro queste morti, alcune delle quali non recenti, ma sospette. Lo conosce bene, Besana, l’entusiasmo di Ilaria! Così, se da principio era scettico e troppo preso a crogiolarsi nella disillusione, tra vicende sentimentali passate e presenti, alla fine ne viene contagiato. Sarà la cooperazione tra le loro due intelligenze a condurli – e condurci – a un finale sorprendente ed inaspettato che rivelerà uno scenario molto diverso da quello prospettato all’inizio.
Il destino dell’orso è un giallo intelligente, ben scritto, con personaggi memorabili perché umani e fragili, ma anche determinati ed appassionati. La trama si snoda sinuosa come una via che dalla valle conduce su in montagna, in un crescendo di tensione narrativa. I due protagonisti, Marco e Ilaria, sono la vera forza di questo romanzo: lui cronista di nera in pensione, ma che continua a collaborare con il giornale, relegato a scrivere pezzi su notizie che non interessano a nessuno; un divorzio alle spalle, un figlio in odore di maturità, una evidente passione per la birra che l’ha portato a chiamare il suo cane Beck’s. Lei, Ilaria, ventisettenne chiusa e riservata, con dubbio gusto nel vestire, incapace di legare con la redazione perché troppo lontana dalle dinamiche competitive di chi deve sgomitare per forza; un animo buono, un passato segnato e un intuito eccezionale per le cose che non quadrano. Sono una bella coppia assortita.
Quanto all’autore, Dario Correnti, si tratta di un nom de plume che cela due autori la cui identità è sconosciuta. Ma in fondo, se scrivono gialli così appassionanti, poco importa chi sono: l’importante è che continuino a scrivere, no?
Recensione di Rossella Lazzari.
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