Dopo lo sfolgorante esordio “Le sette morti di Evelyn Hardcastle”, nel 2019, Stuart Turton vuole tornare ad appassionare e a sorprendere con il suo “Il diavolo e l’acqua scura”, da poco uscito in Italia, ancora una volta per Neri Pozza.
Come ribadisce, con un certo orgoglio, l’autore stesso nella sua postfazione “Scuse nei confronti della storia. E delle barche”, anche questo suo secondo romanzo è difficilmente inquadrabile in un genere. O meglio, è difficilmente inquadrabile in un genere soltanto.
A voler azzardare un paragone, torna in mente l’ultima fatica di un altro grande narratore, anch’egli molto eclettico: si tratta de “L’isola dei pirati” di Micheal Crichton, pubblicato postumo nel 2009. Tanto per “Il diavolo e l’acqua scura” quanto per “L’isola dei pirati” infatti, è difficile non parlarne come di un romanzo di avventura, ma è altrettanto difficile limitarsi a questo.
In entrambi i casi, ci imbarchiamo, in compagnia di marinai e guerrieri, uomini e valenti e traditori, per un lungo viaggio per mare, carico di speranze e di paure. Turton ci conduce da Batavia a Amsterdam: siamo a metà del 1600 e i Paesi Bassi vivono il loro secolo d’oro, proprio grazie al loro dominio commerciale sui mari. Grosso modo nello stesso periodo, Crichton ambienta il proprio racconto dall’altra parte dell’oceano, in una Giamaica che è avamposto inglese nei domini spagnoli d’oltreoceano.
Accanto alle analogie però, si evidenziano naturalmente anche delle differenze: in particolare, mentre Crichton allarga il suo sguardo dalla vicenda specifica alle interazioni tra personaggi, tra caratteri, tra modi di stare al mondo, Turton sembra focalizzarsi col difficile e talvolta apparentemente inestricabile rapporto che ciascuno dei personaggi ha con se stesso.
E così facciamo la conoscenza di Arent, granitico combattente, preda dei dubbi che originano dal suo passato mai chiarito, e dal complesso rapporto con Jan Haan, che continua a chiamarlo “nipote”, ma è così diverso dall’uomo gentile che aveva conosciuto in gioventù: ora è diventato un freddo calcolatore, alla ricerca di ricchezza e potere.
Lo affianca Sammy Pipps, detto “il cardellino”, per la sua figura esile e apparentemente fragile. Pipps è però dotato di un intuito e di un’intelligenza non comuni, grazie ai quali, apprendiamo, è stato in grado di risolvere casi molto intricati.
Questa volta però, Arent dovrà cavarsela quasi completamente da solo. Un’oscura minaccia, capace di compromettere l’intero viaggio, mostra il suo volto proprio mentre la nave Saardam leva l’ancora per cominciare il suo viaggio, annunciandosi con una prima morte violenta. Il governatore Haan però, rifiutandosi di dare spiegazioni, ha fatto mettere Pipps agli arresti e conferma la sua decisione.
Così Arent dovrà affrontare i dubbi sulle proprie capacità logiche, ricevendo un insperato aiuto da Sara, moglie del governatore, mentre Pipps, che tanto ama la libertà, sarà costretto a passare il suo tempo in una cella.
Anche nel suo romanzo d’esordio Turton, laureato in filosofia all’Università di Liverpool, si era soffermato, in modo accattivante e profondo, su un tema complesso che attiene alla sfera individuale: la colpa, e il perdono.
Con “Il diavolo e l’acqua scura”, anche questo viaggio continua, in equilibrio stavolta tra tentazione e morale. Si potrebbe dire infatti che quasi ogni personaggio avrà la possibilità di ottenere ciò che cercava, cedendo in cambio però parte di sé. Questa scelta, queste scelte, determineranno l’affascinante e imprevedibile evolversi della vicenda, fino alla soluzione del mistero.
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