Il dossier Wuhan - Qiu Xialong

Cari passeggeri della Thriller Café Airlines, mettetevi comodi, allacciate le cinture di sicurezza e preparatevi al decollo, oggi il vostro recensore al comando vi condurrà nell’Oriente più profondo, in quel territorio sconfinato che quasi mille anni fa Marco Polo battezzò Catai e che oggi è meglio noto come Cina.

Descrivere questo paese è un’impresa a dir poco ardua. La vastità territoriale, culturale, storica e sociale che lo contraddistingue è qualcosa che non lascia scampo. È praticamente impossibile parlare di un aspetto e tralasciarne l’opposto, si finirebbe per omettere elementi imprescindibili alla comprensione d’insieme.

Uno dei concetti basilari della filosofia cinese è lo yin e yang: gli estremi che si attraggono, il bene e il male che vanno a braccetto, il rovescio della medaglia. Probabilmente nessuna nazione al mondo incarna in modo così radicato ed evidente tale dualismo, una terra double face dalla meravigliosa e antichissima cultura, parte integrante ed essenziale della quotidianità civile; un popolo lanciato nel futuro e allo stesso tempo racchiuso in sé come pochi, aggrappato strenuamente a un passato tanto prodigioso quanto acquitrinoso e assai incline al dispotismo.      

Se c’è qualcuno che è in grado di raccontarci questo immenso paese caratterizzato da infinite contraddizioni, e farlo in maniera davvero rimarchevole, è senza dubbio Qiu Xialong, scrittore cinese settantenne accusato di ostilità dal proprio governo e che pertanto, come troppo frequentemente accade, da oltre trent’anni vive negli Stati Uniti.

Edito da Marsilio e tradotto da Fabio Zucchella, Il dossier Wuhan è il tredicesimo romanzo di Qiu che vede protagonista l’ispettore, oramai ex, Chen Cao, una sorta di alter ego dello stesso autore.

Già dal titolo è fin troppo facile intuire lo sfondo della storia. Fino a qualche anno fa, alle nostre latitudini, la città di Wuhan non era tra le più conosciute metropoli cinesi. Niente a che vedere con Pechino e Shangai. Teatro dello diffusione del nuovo ceppo di coronavirus reo di aver determinato l’origine della malattia denominata Covid-19, Wuhan è assurta, suo malgrado (e di tutti noi), a epicentro pandemico mondiale.

Relegato ai margini della vita civile per ordini dall’alto, a Chen Cao, appassionato di poesia e culinaria, verrà chiesto di coadiuvare l’inchiesta su tre atroci omicidi di altrettante personalità mediche legate al rinomato Ospedale Renji. Ambientato in una Shangai che sta iniziando a registrare i primi contagi, il romanzo è uno specchio della società cinese radicalmente basata sull’invasiva limitazione dei diritti umani, sull’insabbiamento dei problemi e su una asfissiante sorveglianza di orwelliana memoria. La pandemia assume i connotati di un vero e proprio alibi finalizzato al controllo delle persone, i cui effetti oppressivi vengono spacciati come mezzo per azzerare l’infezione e mantenere la stabilità sociale. Inutile dire che le indagini subiranno forti condizionamenti dalle implicazioni a cascata delle politiche di un regime sempre più autoritario.

La Cina cambia, la Cina non cambia. È questo il ritornello che assilla Chen Cao, e Qiu Xiaolong non usa mezzi termini per mostrarci le bassezze che è in grado di raggiungere il potere. Allo stesso tempo, però, in perfetta sintonia con lo spirito yin e yang, quasi a voler compensare le ciniche e inumane azioni repressive, ci dona scampoli di una civiltà atavica e di un’erudizione viscerale ai massi livelli, intensa, indelebile, lirica, in totale contatto con la natura e nel pieno rispetto dell’anima di una comunità ancestrale. La narrazione è costellata di pregevoli citazioni che fanno da contraltare alle gesta tiranniche e aggressive perpetrate dal governo.

Lo scrittore americano Dean Koontz ha scritto che il caos, spesso, è il disordine sotto al quale giace un ordine in attesa di essere portato alla luce.

La Cina è tutto ciò. Disordine e ordine. Yin e yang.

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Il dossier Wuhan
  • Qiu, Xiaolong (Autore)

Articolo protocollato da Damiano Del Dotto

Mi chiamo Damiano, abito a Pistoia, sono sposato con Barbara e sono più vicino ai 50 anni che ai 40. Poche cose colloco nella memoria come il momento temporale e il libro che in qualche modo mi ha cambiato la vita e mi ha infuso la gioia della lettura: avevo 11 anni, frequentavo la prima media e il romanzo è IT di Stephen King. Da allora non posso fare a meno di questa passione viscerale che mi accompagna quotidianamente. Si sente spesso dire che siamo la somma delle nostre esperienze. Allo stesso modo credo che l'amore che provo per la vita sia la somma dei libri che leggo.

Damiano Del Dotto ha scritto 51 articoli: