“Avevo quindici anni quando affrontai il mostro armato solo di uno specchio e di una magia.” Questo è il folgorante incipit del recente romanzo breve di Sandrone Dazieri, “Il figlio del mago”. Siamo all’interno della nuova collana “Novelle nere” di Rizzoli, che chiama i migliori scrittori italiani di noir a fornire i loro contributi su cold case celebri. E il mostro di cui si parla, cari amici di Thriller Cafè, è in realtà il mostro con la emme maiuscola, ovvero il mostro di Firenze.
Dazieri decide quindi di confrontarsi con una delle vicende che più ha segnato l’immaginario criminologico del nostro Paese. Lo fa a partire dallo sguardo di un adolescente, Antonio, figlio di un giostraio, che fa il mago nei tendoni circensi, il mago Marcelo e di una madre che non riuscendo a sostenere quella vita è costretta a separarsi quando Antonio ha sei anni, prendendo il figlio con sé per permettergli di andare a scuola. Il padre lo visita soltanto quando il tendone del circo capita dalle sue parti ed è proprio in una di queste visite, nell’estate del 1993, che il mago Marcelo muore misteriosamente nell’incendio del suo camper. Antonio non è convinto che si tratti di una casualità, ma teme che sia stato assassinato. Comincia così un’indagine personale, accompagnata sullo sfondo dal susseguirsi delle cosiddette “morti collaterali” agli omicidi del Mostro di Firenze, che nella vita reale, proprio in quell’anno accadono numerose.
La costruzione della “novella” è magistrale nel suo alternarsi tra elementi reali e dati di fantasia e proprio la capacità nell’integrare benissimo questi due mondi fa di questo breve romanzo un piccolo gioiellino che vi troverete a divorare alla velocità della luce. Del resto, che Sandrone Dazieri sia un grande scrittore non lo scopriamo certo ora, ma l’abilità nel mescolare la straordinariamente evocativa pista esoterica per i delitti del Mostro di Firenze con elementi del proprio vissuto nel mondo dei giostrai è un’idea geniale e la sua resa è veramente perfetta. Consiglio a questo proposito l’attenta lettura della Nota dell’Autore e dei suoi riferimenti bibliografici, un minimo di approfondimento della biografia dell’autore e le puntate di una vecchia trasmissione radiofonica, “Mangiafuoco”, nella quale Dazieri ci parla, tra l’altro, proprio del Mostro di Firenze. Probabilmente, è proprio da questa esperienza di lavoro che lo scrittore ha maturato l’idea di scrivere qualcosa che avesse a che fare con il Mostro di Firenze.
Si capisce infatti fin dal principio che chi ha scritto questo breve romanzo conosce benissimo la vicenda reale che l’ha ispirato e le tessere del mosaico si incastrano alla perfezione con gli avvenimenti investigativi e giudiziari. Cosa non facile da fare in un numero di pagine ridotto, perché i nostri avventori più affezionati sanno benissimo che il Mostro di Firenze non è solo un caso, ma è ormai diventata una vera e propria disciplina, studiata in convegni dedicati e coltivata dai cosiddetti “mostrologi”. Una disciplina che parte dallo studio di otto tragici ed efferati delitti, ma collega tra sé mondi interi: quello delle messe esoteriche (che diventa centrale nel racconto di Dazieri), quello del voyeurismo, quello della malavita sarda, quello delle faide toscane di paese, quello della massoneria, fino addirittura a quello delle istituzioni e della politica.
Gran parte del lavoro, a Sandrone Dazieri, glielo fa dunque la cronaca degli avvenimenti reali, delle morti che circondano i veri e propri delitti del Mostro (e per questo sono chiamati “collaterali”). Allo scrittore il merito di aver inventato uno sguardo particolare sulla cronaca, quello del figlio di giostrai che pesca nel vissuto personale di Dazieri, di aver incastrato perfettamente un puzzle difficile da comporre e di aver toccato i tasti giusti del nostro già ben predisposto immaginario, tornando ad appassionarci (se così si può dire) con un caso celeberrimo, che, se vogliamo, è anche uno spaccato eccezionale della vita sociale dell’Italia di quegli anni, proprio come deve succedere con i migliori romanzi noir.
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