Su Thriller Café torna dopo diverso tempo Andrea Camilleri: recensiamo oggi il suo nuovo romanzo con protagonista l’ispettore Montalbano, intitolato Il gioco degli specchi.
Titolo: Il gioco degli specchi
Autore: Andrea Camilleri
Editore: Sellerio
Anno: 2011
Pagine: 253
Ritorna il maestro Camilleri con il commissario più amato dai lettori italiani (e non solo), in questa nuova avventura intitolata Il gioco degli specchi.
Il titolo è come al solito evocativo dello spirito del romanzo: lo specchio è la visione mediata del reale, non è la realtà ma il suo riflesso, non il vero ma il verosimile.
L’intreccio tra sogno e reale è sempre più frequente nelle storie di Montalbano. Il commissario invecchia, e alla spavalderia dei primi libri subentra una fragilità mal digerita, mentre la realtà si nasconde dietro una lente appannata che ne distorce i contorni.
Montalbano sogna sogni che confonde con la veglia, e anche durante quest’indagine si perde ad osservare specchi messi lì apposta per distrarlo, mentre il suo acume si spunta e sempre più si affida alla sempre meno spalla ispettore Fazio, i cui consigli e le cui osservazioni diventano indispensabili.
Lo dice anche a se stesso, Montalbano, con una punta di amara rassegnazione, di aver perso un po’ di quello sprint che da giovane gli faceva balzare il cervello alla conclusione giusta, gli dava il dono dell’intuizione felice che gli serviva ad evitare le trappole e ad arrivare alla verità. Adesso la vecchiaia gli ha messo addosso un po’ di ruggine, e più di una volta Montalbano si scopre a domandarsi, atterrito, quando arriverà l’errore non più rimediabile.
Il commissario è inoltre un uomo sempre più esposto al fascino delle belle donne. Sono lontani gli episodi in cui l’eterna fidanzata Livia riempiva le pagine e pretendeva il suo bel posto nel romanzo; ora è solo una nota a margine, quasi un cameo inserito a malincuore tra un ingranaggio e l’altro del meccanismo di narrazione; ogni tanto l’autore ci ricorda che, in quel di Boccadasse, esiste ancora una sempre meno vivida Livia con cui Salvo si abbandona alle inevitabili “sciarratine”.
Già da diversi romanzi Montalbano seduce e si fa sedurre, anche se in verità il suo è più un ruolo da pupo che non da protagonista, quasi che i cattivi di Camilleri avessero ormai imparato che è il gusto per le donne la breccia attraverso cui scardinare le capacità investigative di Montalbano (e non ci riescono mai, ma ci arrivano sempre più vicino). Ma anche questi fuochi sono giochi di specchi, finzioni che hanno l’aspetto e la forma del reale ma non sono realtà, e rivelano la loro forza ingannatrice solo a spese di fredde riflessioni e sforzi di ragione.
Ne Il gioco degli specchi i fili della trama tardano assai a riannodarsi, e Camilleri si diverte a disorientare il lettore con una serie di piste che terminano in un vicolo cieco. Sullo sfondo, a fare da leit-motiv dell’intero romanzo, la strana liaison di Montalbano con Liliana, la donna archetipo dei romanzi del Maestro: giovane, bella, fascinosa e furba. Intorno a questo nucleo narrativo ruota l’indagine, e il pout-pourri di personaggi e situazioni che amiamo ritrovare in ogni romanzo di Camilleri e che ci danno quel rilassante senso di familiarità: il giornalista amico Zito, il burocrate questore, i pranzi da Enzo e le passiate post prandiali sino allo scoglio piatto; persino il granchio con cui Montalbano gioca nei momenti di riflessione, davanti al mare che non esiste ma che potrebbe esistere, in una città e in una Sicilia più verosimile che vera.
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