Thriller molto atteso, recensiamo oggi Il giorno del sacrificio, dell’inglese Mark Roberts, edito da Nor in Italia in anteprima mondiale.
Titolo: Il giorno del sacrificio
Autore: Mark Roberts
Editore: Nord
Traduttore: P. Scopacasa
Anno: 2012
Il protagonista il detective Davide Rosen è alle prese con un assassino serial che dovo aver rapito la propria vittima la tiene prigioniera per alcuni giorni, per poi ucciderla e lasciare il cadavere in pieno centro, a Londra. Sulle scene del crimine finora non sono state trovate né impronte digitali né tracce di DNA. Nulla. E sono già quattro le volte in cui Rosen e la sua squadra sono stati costretti ad ammettere la propria impotenza.
Ma Rosen non è il solo a confrontarsi con il killer: prima ancora di ascoltare la notizia del quinto delitto alla radio, padre Sebastian Flint sapeva già che l’assassino avrebbe colpito di nuovo. Perché i suoi delitti seguono lo stesso schema di quelli compiuti da Alessio Capaneo, un eretico vissuto a Firenze alla fine del XIII secolo. E Capaneo uccideva per celebrare un macabro rituale, un rituale che prevedeva il sacrificio di sei donne. Per padre Flint, è giunto il momento di avvertire la polizia: David Rosen è un detective intelligente e meticoloso, capirà subito che quella è la pista giusta. Seguirà le sue indicazioni alla lettera, farà alcune indagini e scoprirà la verità. E allora il gioco potrà proseguire con nuove regole…
Dal punto di vista del mio gradimento, questo romanzo si divide nettamente in due parti.
Nella prima il dettaglio che colpisce fin dalle prime battute è l’affollamento di personaggi: l’ispettore capo Rosen – il protagonista – due sergenti, tre poliziotti e due agenti: tutti chiamati per nome e cognome e poi, nelle pagine seguenti, anche solo per cognome, quindi i nomi da ricordare duplicano, senza contare le rispettive cariche e mansioni. L’ho trovato difficoltoso e poco incisivo come incipit, tanto che più volte ho dovuto rileggere dei passaggi per capire chi facesse cosa e, soprattutto, chi fosse.
Iniziare in questo modo, oltre che irritare il lettore, non permette di conoscere gradualmente i personaggi, lanciati sul tavolo come dadi.
La seconda impressione, dopo una cinquantina di pagine, è che Roberts sia un principiante e questo lo dico senza intenti offensivi ma come un dato di fatto.
Pur avendo ottime immagini a disposizione, non ha saputo suscitare emozioni profonde, creare sensazioni palpabili e catturare l’attenzione. Il tratteggio dei personaggi è approssimativo, a volte sfiora l’ingenuità quando i dialoghi si fanno poco sciolti, piatti, poco verosimili.
Manca l’approfondimento, la dedizione profonda al testo che permette all’autore di scavare solchi profondi nel terreno immaginifico del lettore. L’entrata in scena di Erode, il serial killer, è insipida, non all’altezza del personaggio che si vorrebbe proporre.
E dire che l’autore ha scelto una via facile – quella del narrare efferatezze compiute su donne incinte e neonati – che colpirebbe l’emotività del pubblico anche senza necessità di dispiegare mezzi particolari (quali un’ottima capacità descrittiva e uno stile originale). Il suo fallimento, da parte mia, è quindi ancora più grave.
La scrittura di Roberts, da buon insegnante, è corretta e scorrevole, ma al tempo stesso piatta e meccanica, nel senso di poco personale e non empatica. Lo stile non è degno di nota, mancando di picchi di originalità e intensità.
Tutto scorre, ma non lascia il segno.
Nulla di grave per un romanzo d’esordio, se non fosse che da un grande editore ci si aspetta sempre quel qualcosa in più a livello di proposte e scelte editoriali e si rimane delusi quando il prodotto è nella media.
Il primo punto a favore di Roberts si trova a un terzo del libro – forse un po’ tardivo come ‘aggancio’ – e riguarda il modus operandi di Erode: la deprivazione sensoriale, una sorta di ‘morte vivente’, che per certi versi richiama conoscenze mediche, e poi il colpo mortale, che non anticipo, nuovo nel panorama dei serial killer cartacei, con forte attinenza a fatti accaduti in Africa e macabro quanto basta per ottenere l’attenzione del lettore.
Quando però poco dopo si scopre che la moglie di Rosen è incinta, si cade di nuovo in un deja-vù e si sa già come evolveranno i fatti, visto che il serial killer rapisce donne gravide, o no? Poco originale, da questo punto di vista: siamo a pagina cento e sappiamo già che dovremo sorbirci uno scontro fra i due per liberare la vittima eccellente.
L’intreccio fino a questo punto è disseminato di passaggi poco curati, che danno un senso di superficialità difficile da ignorare.
L’autore rimarca poi più volte che il compito di rappresentante degli insegnanti è ingrato e impegnativo: è un messaggio che arriva direttamente dalla sua vera vita?
Dalla seconda metà in poi del romanzo il registro di Roberts cambia, forse perché la forza degli eventi prevale sulla scrittura mediocre e risolleva le sorti della storia. Il ritmo si fa più serrato, gli indizi più interessanti e il meccanismo che fino a poco prima stentava a girare ora sembra oliato e funziona, tanto che ci si riesce persino a scrollare di dosso le sensazioni negative di poco prima.
La storia si conclude come ci si aspettava, da questo punto di vista non ci sono grosse sorprese, ma almeno lo fa nel modo giusto: con un po’ di azione condita da uno stile più efficace.
L’originalità non è il punto di forza di questo romanzo, nonostante parta da elementi abbastanza peculiari e ben pensati che avrebbero potuto elevarlo di non poco se fossero stati utilizzati con più attenzione. Mancano le atmosfere, gli odori, le sensazioni, gli sguardi, i silenzi pesanti, le inquietudini che fanno di una storia su carta una storia viva, che il lettore ‘sente’ e divora.
Un compito svolto correttamente ma non degno di nota.
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