Lasciate ogni speranza voi ch’entrate” è l’iscrizione sulla porta d’ingresso dell’Inferno dantesco, e può valere come monito ai lettori del nuovo appassionante thriller di Daniele SoffiatiIl giudice dei dannati”, Mondadori Editore.

Nel New Jersey a Trenton viene rinvenuto il cadavere di un noto psichiatra, morto in seguito allo shock anafilattico causato da punture di centinaia di vespe che si sono abbattute sul suo corpo cosparso di aceto e zucchero – mistura di cui sono ghiotte.

Ad occuparsi delle indagini vengono inviati due esperti dell’FBI: Francesca Martini, criminologa italiana, e l’agente speciale Nicolas Frost.

I due colleghi dell’FBI coinvolgono peraltro il Professore di Letteratura Italiana a Princeton Jonathan Corso (“uno dei più eminenti studiosi di Dante Alighieri in tutti gli Stati Uniti”), in quanto il killer lascia sulla scena del crimine indizi che conducono al canto dell’Inferno della Divina Commedia.

L’autore ci permette di compiere un buon ripasso degli studi danteschi, e ci accompagna nella lettura chiarendo di volta in volta chi sono i dannati e quale la pena conseguente – secondo la rigida legge del contrappasso: tutti i cadaveri che si susseguono nel thriller infatti ne rispettano il principio, secondo il quale esiste una correlazione tra peccatore e punizione comminata.

I dannati danteschi sono condannati per l’eternità a subire una pena che in certo modo bilanci il vizio di cui erano preda in vita, ristabilendo in tal modo un equilibrio tra il peccato commesso ed il supplizio a cui sono sottoposti.

Jonathan Corso spiega a Francesca e Nicolas (ed ai lettori) chi sono i dannati dell’Inferno e Daniele Soffiati correda le primissime pagine del thriller di uno schema sintetico dell’Inferno dantesco:  suicidi, bestemmiatori, consiglieri fraudolenti, seminatori di discordie, violenti contro il prossimo, contro se stessi, contro Dio e la natura, e parimenti sono elencati tutti i vizi condannati (ignavia, lussuria, gola, frode etc.).

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Il Prof. Corso, “sguardo curioso e sorriso ironico”, ha le competenze necessarie per aiutare a portare avanti l’indagine, benché gli indizi lasciati dal killer siano di difficile comprensione e la successione dei delitti sia così incalzante da non dare tregua agli esperti dell’FBI. Le sue materie di competenza (Letteratura, Storia, Filosofia, Etimologia Linguistica) garantiscono una lettura ricca di dati e citazioni dotte affascinanti, anche perché lo studio di Dante e della Commedia valica l’ambito delle materie letterarie per sconfinare nella Teologia, nella Storia dell’Arte, addirittura nella Geografia.

Concentriamoci ora sui due personaggi principali del romanzo, Francesca e Nicolas:

Quell’acciuga rossa di due metri e quel tracagnotto coi baffi erano davvero una coppia male assortita”.

Le loro capacità sono l’arma migliore contro il killer che soprannominano da subito Minosse, in riferimento all’essere rabbioso – metà uomo metà animale – cui i dannati riferiscono la propria pena all’ingresso dell’Inferno.

E’ Minosse il giudice che indica in quale cerchio infernale scenderà il dannato – ugualmente il serial killer sceglie la pena da comminare a coloro che ritiene debbano essere puniti per quanto hanno commesso in vita.

Francesca Martini, 45 anni, “capelli rossi naturali, corti a spazzola” e lentiggini, è specializzata in criminal profiling, soffre di “sindrome dell’impostore, il timore immotivato di non essere mai all’altezza delle situazioni” ma al contempo ha un “super-potere”, l’eidetismo – cioè “la capacità di formare immagini mentali con un vivo carattere di realtà” pur riconoscendole come immaginarie.

Questa sua dote innata, oltre agli studi di psicologia della memoria, di ipnosi e di cinesica, sarà nel corso delle indagini utile al reperimento di indizi per avvicinare il serial killer.

Il lettore può empatizzare con Francesca perché, sebbene dotata di una intelligenza superiore alla norma, appare fragile dal punto di vista emotivo (il marito l’ha da poco lasciata e la lontananza dal padre, che vive in Italia, è una ferita che in lei non rimargina): l’autore sa coinvolgere il lettore descrivendo la fine capacità di riflessione di Francesca, il suo perspicace spirito di osservazione e l’intuito fuori dall’ordinario che la contriddistinguono.

Il suo collega e più fidato collaboratore Nicolas Frost è un esperto informatico (hacker, a dirla tutta): il suo supporto professionale all’indagine è essenziale nel corso della vicenda.

Abbiamo a che fare con un serial killer che in meno di una settimana ha commesso due omicidi e ne ha tentato un terzo. Ogni crimine è stato preceduto da messaggi indirizzati alla polizia, enigmi legati alla Divina Commedia di Dante Alighieri, che ci hanno consentito di rintracciare le vittime”.

Se ogni traccia conduce alla vittima successiva, ben presto è chiaro che: “Minosse non ci sfida a sventare gli omicidi. Ci sfida ad essere riconosciuto”.

Molto interessante a questo riguardo la fine analisi che l’autore conduce sul mondo dei serial killer, spiegando al lettore quali siano le aspirazioni di questi assassini e chiarendone la psicologia: Daniele Soffiati parla di narcisismo del killer e di diversi modus operandi, distinguendo tra killer organizzati (coloro che scelgono le vittime e si muovono seguendo precisi piani di azione) e assassini disorganizzati (i killer che uccidono in modo “spontaneo”, senza premeditazione ed in base ad accessi improvvisi di violenza).
L’analisi che l’autore compie per bocca di Francesca e Nicolas è dettagliata e molto interessante, e permette al lettore di avvicinare la mente criminale che, quantunque spaventi, parimenti sa affascinare.

Il giudice dei dannati” è un page-turner thriller che sa mixare con maestria psicologia criminale, letteratura italiana e inchieste dell’FBI – e colpisce il lettore sia per la suspense e la gravità dei macabri omicidi che descrive, che per il piacevole ed approfondito spunto letterario e le frequenti citazioni tratte dalla Commedia.

L’associazione di letteratura classica e thriller attira sia gli amanti di questo genere che i cultori delle materie umanistiche, e della letteratura italiana in particolare – e non mancano riflessioni sulla vita, su vizi e fragilità umane, ma anche sulla forza d’animo e la speranza.
Inoltre la scrittura sicura e determinata di Soffiati, il ritmo spietato dei macabri ritrovamenti di cadaveri e la depravazione morale del mondo clericale coinvolto nella vicenda rendono la lettura piacevolmente soffocante ed intensa.

Le atmosfere cupe e la descrizione delle scene del crimine e dei risultati delle autopsie catturano l’attenzione del lettore: i piccoli dettagli seminati nelle pagine non gli permetteranno tuttavia di scoprire chi sia Minosse – uomo tormentato da un passato di sofferenze e sevizie e che ora si erge a giudice, là dove la giustizia terrena non arriva, ma anzi spesso chiude un occhio (o entrambi gli occhi) a favore di personali interessi economici e politici.

La riflessione su giustizia e redenzione è l’elemento chiave del romanzo ed i tanti interrogativi etici che Daniele Soffiati pone lasciano il lettore senza risposte: esiste un giudice in terra delle colpe commesse?
Perché chi è proposto a questo incarico si lascia traviare dal denaro?
Cosa è lecito fare per vendicare i torti di cui siamo stati vittima?
E’ ammessa la giustizia privata?

E colui che dovrebbe proteggere l’infanzia, in particolare gli orfani: perché non lo fa?

Daniele Soffiati (classe 1974) è nato a Mantova, dove ha ricoperto per molti anni l’incarico di Segretario Generale CGIL. E’ scrittore comico di libri umoristici e critico cinematografico. “Il giudice dei dannati” è il suo primo romanzo thriller.

Recensione di Federica Cervini.

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Il giudice dei dannati
  • Soffiati, Daniele(Autore)

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