Alzi la mano chi ha odiato il periodo del liceo! Eccomi qui, in prima linea! Per questo motivo oggi al Thriller Café il primo drink me lo bevo io. Gli altri che stanno sventolando la manina in su si facciano avanti: stasera la bevuta è offerta. Mentre qui al bancone ricordiamo – o dimentichiamo – tutti insieme i tempi passati, vi condivido un pensiero di lettura sul nuovo libro di Alessandro Berselli, Il liceo, pubblicato da Elliot nella collana Scatti.
Il liceo è un romanzo giallo che intreccia varie atmosfere e situazioni: c’è un omicidio, c’è una cotta d’amore, c’è una parte drammatica e un filone leggero. C’è un protagonista che scava a fondo in un contesto omertoso dove tutto viene nascosto sotto una copertina patinata. C’è un trionfo di deliziosi pettegolezzi, tra professori impiccioni e tra studenti pieni di segretucci. Il libro è uno spasso tra dialoghi filosofici e frecciatine a effetto che ci permettono, pagina dopo pagina, di conoscere meglio la vita e le aspirazioni dei personaggi.
All’inizio della storia incontriamo il giovane professor Padovani proprio durante il colloquio tramite il quale viene assunto in un prestigioso liceo milanese. A frequentare gli studi, gli spiega il Preside, sono figli di ministri, figli di gente “che conta” e che paga per ricevere il meglio per i propri pupilli. È un liceo di eccellenza e il corpo docenti è tenuto a rispettare regole rigidissime per assicurare risultati straordinari per gli allievi. Il nuovo prof, nemmeno trentenne, è entusiasta dell’incarico, ma ben presto verrà a contatto con un contesto dove, ovunque si guardi, c’è del marcio. Il sani valori del prof vengono messi a dura prova, ma di fronte alla morte, apparentemente suicida, di una sua studentessa, Padovani inizia a indagare. A essergli complice nella ricerca della verità è un’altra nuova collega. E, tra la ricerca di una prova e l’altra tra i due nascerà un’intesa… beh, avete capito!
Alessandro Berselli ne Il liceo ci racconta gli equilibri, le tensioni e le ambizioni di un contesto scolastico che, se lo guardiamo a fondo, non è così distante da tante realtà socio-culturali che ci circondano. Non è ovviamente la didattica a essere al centro della storia o la giustezza o meno di determinati sistemi d’elite.
Quello che ho trovato di particolarmente bello nel libro è che si parla di una nuova generazione di professionisti che cercano di portare nel mondo del lavoro e nelle relazioni interpersonali una freschezza e una genuinità che si va a contrapporre alla rigidità e agli intrighi della generazione precedente. Sia chiaro, ci sono punti di forza, deboli e di fragilità in ogni età, ma la mia percezione è che finalmente si ammicchi anche ai più giovani.
Anche se in questa storia siamo lontani dal parlare di quella Yolo Economy (Yolo sta per: You only live once) che Cristina Maccarrone racconta su Forbes intervistando tre donne che hanno deciso di abbandonare i posti fissi per avviare – con non pochi rischi – nuovi attività freelance, è interessante scavare nei pensieri del protagonista Padovani. È ambizioso, ma è mosso da una forte passione e di fatto è pronto a rischiare il suo posto di lavoro tanto sognato in virtù dei suoi valori.
Per me, questo tipo di attitudine, è ciò ci rende persone e professionisti migliori. Umili nell’imparare, ma capaci di non farsi mettere i piedi in testa di fronte alle ingiustizie.
Sono felice di aver simpatizzato con il professore e di aver tifato per lui fin dalla primo capitolo. E voi? Sareste disposti a rischiare allo stesso modo?
Buona lettura 😉
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