È in uscita oggi 5 settembre 2019 l’ultimo romanzo del francese Franck Thilliez, tradotto da Federica Angelini per Fazi Editore (collana Darkside), intitolato Il manoscritto. L’autore è un quarantacinquenne ingegnere informatico, appassionato di thriller e di tecnologie telematiche. Il suo primo libro (Train d’enfer pour Ange rouge) vede la luce nel 2004, ma la fama arriva nell’anno successivo, grazie a La chambre des morts, che vince il Prix des lecteurs Quai du polar del 2006 e il Prix SNCF du polar français 2007. Viene anche adattato in versione cinematografica e tradotto in varie lingue, compreso l’italiano (Casa Editrice Nord), col titolo La stanza dei morti. Da allora Thilliez ha pubblicato altri tredici romanzi, soltanto alcuni dei quali tradotti in italiano. Tra questi c’è Il manoscritto: un romanzo nel romanzo, che ci cattura fin dal magnetico prologo, nel quale scopriamo che il figlio del famoso scrittore suicida Caleb Traskman trova un manu scriptus inedito del suo defunto padre. Si tratta di uno dei migliori romanzi di Caleb: contorto, labirintico, angosciante, nero. Il testo presenta – qua e là – alcune parole sottolineate, ed è monco del finale. Perché? Il protagonista (J.L. Traskman, figlio di Caleb) decide – d’accordo con l’editore – di completarlo, quindi di inserire un prologo per spiegare la situazione ai lettori, e un finale che chiuda il libro del padre.
Già qui inizia un intricato gioco di specchi, perché l’autore (attraverso il protagonista) è consapevole che molti lettori penseranno che l’intero romanzo Il manoscritto sia in realtà interamente opera di Caleb, compresi il prologo e il finale (come lo è Il manoscritto di Thilliez).
Del resto: “un romanzo è un gioco di illusioni, tutto è vero quanto è falso, e la storia inizia a esistere sono nel momento in cui voi la leggete”.
A proposito: la storia che il lettore leggerà, viaggia su due binari paralleli.
Nel primo abbiamo Léane Morgan, un’insegnante che vive una vita ritirata nella sua villa nel Nord della Francia, ai margini delle dune della Costa d’Opale. Léanne è diventata una famosa scrittrice di romanzi thriller sotto lo pseudonimo di Enaël Miraure, e vive ogni giorno l’incolmabile vuoto successivo al rapimento di sua figlia Sarah. La polizia ha archiviato il caso come omicidio a opera di un serial killer, ma il corpo di Sarah non è mai stato ritrovato. Quando suo marito Julien Morgan (padre di Sarah) viene aggredito, Léanne si convince che sia a causa di una sua recente scoperta su loro figlia, Sarah. Purtroppo Julien, a seguito dell’aggressione, perde la memoria. Cosa poteva aver scoperto?
L’altro binario corre lungo Grenoble, dove una Ford grigia è inseguita dalla dogana. Alla guida c’è Quentin Rose, un ragazzo di appena diciotto anni, che ha appena rubato l’auto ad una stazione di servizio. La macchina termina la sua folle corsa in fondo a un burrone e il giovane muore nell’impatto. La cosa incredibile è che il veicolo contiene nel bagagliaio il cadavere di una donna, senza volto.
«E gli occhi? Il viso? Dove sono?».
«Non lo sappiamo. Non nell’auto, in ogni caso».
Vic sollevò il sacchetto e lo mise davanti alle lampade. Le mani, con i palmi l’uno contro l’altro, avevano le dita di un colore cereo. Il radio e l’ulna sembravano essere stati tranciati di netto. Morel tirò fuori una gomma da masticare da una scatolina e se la infilò in bocca.
«Sembra che il cranio sia sfondato nella parte posteriore. Forse le ha strappato il viso con lo scalpello e le ha tolto gli occhi con un cucchiaino, come nei film. Sai, tipo Hannibal Lecter?».
A chi ha rubato l’auto Quentin Rose? Qual è il legame col primo binario (quello della Morgan)?
Grazie alle intuizioni del poliziotto Vic Altran, dotato fin da piccolo di una memoria prodigiosa, il lettore potrà azzardare delle interessanti ipotesi, che appariranno però come dei riflessi in un mare di elementi scintillanti, in cui la verità rimane sempre relativa e frammentaria.
L’autore, da buon giallista consumato, dissemina indizi e sospetti con sapienza, lasciando che sia il lettore a gestirli. Poi infiltra nuovi piccoli misteri (o dubbi) all’interno di ogni svelamento. Incuriosisce (giallo nel giallo) anche il bizzarro enigma della presenza di alcune parole sottolineate all’interno del manoscritto.
Solitamente Thilliez scrive noir e thriller morbosi, macabri, con forti venature horror, plumbei, oscuri, con tratti raccapriccianti e claustrofobici. Ne Il manoscritto – che non si può dire faccia eccezione – questo avviene per il tramite di una scrittura agile ed efficace, che valorizza la struttura laboriosa di una trama complessa e molto ben congegnata.
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